Damnation: quando la lotta di classe è una lotta in famiglia – Recensione della Prima Stagione
Winny Enodrac26 Gennaio 2018Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio 2018
Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto, infatti, a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
A riportare queste incendiarie parole non è l’opuscolo di una qualche battagliera organizzazione sovversiva. Al contrario, è il Vangelo secondo Matteo. Perché a dirle non è un leader guerriero, ma il pacifico per eccellenza ossia Gesù Cristo. Rimandando agli esegeti biblici la spiegazione corretta (ovviamente non violenta) di questo discorso, quello che qui interessa notare è che a condividerle pienamente sarebbe proprio Seth, il finto prete protagonista di Damnation.
Un western anomalo durante gli anni della Grande Depressione
Holden (Iowa) e gli anni 30 sono il dove e il quando si svolge Damnation. Un giovane prete di nome Seth Davenport nella tipica parrocchia dalle pareti bianche e il campanile a punta che spicca nella prateria pronuncia il suo sermone solito, ma non sono pace e preghiera quelle che raccomanda ai suoi fedeli. Perché ad ascoltarlo non ci sono famiglie del Mulino Bianco, ma agricoltori e allevatori che sono ridotti allo stremo dalle condizioni economiche imposte loro da banchieri e commercianti che in questo modo vogliono scaricare sull’ultimo gradino della scala sociale il peso della Grande Depressione seguita al crollo della borsa nel 1929.
Ad aiutarlo in questa campagna la moglie Amelia che scrive sotto falso nome opuscoli di propaganda con l’aiuto del giornalista locale DL Sullivan, chiaramente più sensibile alla bellezza appassionata di lei che alle sue idee rivoluzionarie, ma non per questo meno convinto della giustezza della causa. Contro Seth è, invece, Creeley Turner pagato segretamente da industriali distanti per fermare lo sciopero dei contadini con ogni mezzo lecito, ma anche e soprattutto illecito. Tanto lo sceriffo locale Don Berryman ha una interpretazione piuttosto elastica del suo dovere vedendo la carica come il modo migliore di tutelare i propri interessi loschi invece che come obbligo di far rispettare quella legge che lui stesso viola.
L’America di Damnation è una America dove ancora a parlare sono le pistole prima che le parole, dove era ancora normale risolvere le questioni con scontri a fuoco senza che nessuno si preoccupi di parole come omicidio e carcere, dove il razzismo è ancora il quotidiano con cui deve avere a che fare la gente di colore (insomma, l’America di oggi ma con i vestiti e le auto di ottanta anni fa). In una società del genere diventa quasi ovvio che anche Seth sia un provetto pistolero e che un pastore predichi la rivolta violenta come unico modo efficace di ottenere giustizia quando porgere l’altra guancia un’altra volta è una debolezza deleteria. E quindi la lotta di classe assume le tinte inusuali di un western con tutti gli stilemi del genere (fatta eccezione per i cavalli) dove anche le donne sono combattive e non ornamentali e una vedova può trasformarsi in un letale sicario adottando un’orfana solo come convincente copertura.
Fratelli contro
Damnation non si limita, tuttavia, alla sola tematica dello scontro di classe, ma va a intrecciarla con il passato tormentato dei suoi protagonisti. Perché Seth e Creeley sono fratelli e, se anche non si trovassero su fronti opposti del campo di battaglia, non andrebbero comunque a bere una birra insieme per ricordare i bei tempi dell’infanzia. Anzi. Proverebbero a fare esattamente quello che sono costretti a fare: combattere l’uno contro l’altro. Come lentamente la serie ci rivela in un crescendo che accumula indizi prima vaghi e poi sempre più evidenti, né Seth né Creeley sono quello che sembrano superficialmente.
Pur essendo un falso prete, Seth usa i suoi metodi diretti per fare comunque il bene degli ultimi, mentre Creeley appare da subito come un insensibile violento disposto a tutto pur di raggiungere l’obiettivo per il quale è stato pagato senza preoccuparsi se sia giusto o sbagliato. Ma, mai come in questo caso, l’abito non fa il monaco. Perché Seth è diventato ciò che è ora perché un evento drammatico ha ribaltato la sua vita di un tempo non troppo lontano. E Creeley è quel che è perché quello stesso evento ha cancellato la persona che era. Seth sarebbe potuto diventare ciò che Creeley è oggi e Creeley sarebbe potuto essere il Seth di oggi se non glielo avessero impedito le stesse persone che avrebbero dovuto lasciarlo libero di scegliere. I due fratelli dovranno prima fare i conti con sé stessi e tra di loro perché entrambi hanno colpe incancellabili ed entrambi possono accusare l’altro di aver fatto nascere quell’odio che ora li mette l’un contro l’altro armati.
Damnation è, quindi, anche una storia sui delitti che si compiono senza averlo voluto e su quelli che si è costretti a compiere per poter essere giusti. Un racconto di castighi che ci si trova a dover scontare per colpe non proprie e di redenzione che ci si deve guadagnare per perdonare prima di tutto sé stessi. Una efficace epopea intima dove due fratelli devono trovare il modo di fare pace.
Questa attenzione alla dimensione personale e a come questa finisca per essere dimenticata dietro grandi ideali astratti caratterizza tutta Damnation. Così la lotta di classe tra gente semplice attaccata alla sua terra e industriali dalle idee tanto magniloquenti quanto crudeli, tra i contadini che non fanno distinzioni di razza e colore e i razzisti della Black Legion che appoggiano un finto progresso è fatta anche di praticità immediate e affetti quotidiani.
Come a ricordare che dietro ogni grande battaglia di ideali ci sono comunque persone in carne e ossa, in Damnation lo scontro interclassista vive del dolore di Martha per la morte del marito Sam e della sua preoccupazione per il figlio Sam Jr. La determinazione di Amelia nasce dalle incomprensioni familiari. Amici e compagni di lotta possono essere divisi dalla necessità irrinunciabile di dar da mangiare ai propri figli. Appoggiare una causa fino a morire per essa può essere il modo coraggioso di dichiarare un amore impossibile. E la redenzione può arrivare perché una prostituta dal cuore buono e l’intelligenza viva sa vedere oltre le apparenze e commuovere anche un padre che si era imposto di essere distante e sprezzante. Un modo delicato di parlare della forza e dell’importanza dei sentimenti senza scadere in melodrammi melensi o zuccherose sdolcinatezze.
Coprodotta da Universal (che l’ha mandata in onda su USA Network) e Netflix (che l’ha diffusa in streaming fuori dagli USA), Damnation ha ottenuto purtroppo ratings troppo bassi per guadagnarsi un sicuro rinnovo. Le rassicuranti parole del suo creatore lasciano aperta la porta ad una seconda stagione che non è stata tuttavia ancora annunciata. Ma sicuramente è stata già meritata.
Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !
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