
Polar: quanto è difficile andare in pensione – la recensione del film Netflix con Mads Mikkelsen
Titolo: Polar
Genere: azione
Anno: 2019
Durata: 1h 59m
Regia: Jonas Akerlund
Sceneggiatura: Jayson Rothwell
Cast principale: Mads Mikkelsen, Vanessa Hudgens, Katheryn Winnick, Matt Lucas
Ogni orfano di Hannibal (la sempre rimpianta serie di Bryan Fuller) è anche orfano di Mads Mikkelsen. E l’attore danese si è fatto desiderare molto comparendo troppo poco sul piccolo o grande schermo dopo aver smesso i modi raffinati del dottor Lecter. Ogni occasione è, quindi, ghiotta per rivederlo in azione sperando che la sua bravura non anneghi in un prodotto non all’altezza. Soddisfare questo desiderio è un motivo sufficiente per vedere Polar su Netflix?
Altro che quota 100!
Tratto dalla graphic novel omonima dello spagnolo Victor Cardoso, Polar si concentra sul leggendario killer Duncan Vizla, detto Black Kaiser, che non desidera altro che godersi la ricca pensione che gli spetta dopo anni di onorato servizio. Di avviso contrario è il suo capo Mr. Blut che ha deciso di sfruttare a pieno la clausola rescissoria che prevede che il tfr resti all’azienda se il dipendente muore prima della data del ritiro. Sempre che la sua variopinta squadra di liquidatori sui generis riesca a terminare il rapporto di lavoro con Duncan prima del suo compleanno.
Il tono scherzoso con cui andrebbero lette le parole di questa introduzione chiarisce già uno degli ingredienti contrastanti di questo Polar. Un film che non intende e non può prendersi troppo sul serio perché gioca con la normalità quotidiana di cose come il lavoro, la pensione, la visita dal dottore, l’appuntamento dal commercialista per distorcerle in modo grottesco bagnandole nell’anormalità criminale. Un intento dissacratorio che è ulteriormente evidenziato dalla scelta di colori pastello, abiti eccentrici, effetti fluo, musica pop e latino – americana che caratterizzano i killer di Blut. La stessa squadra è composta da figure tipiche del genere crime (l’asiatica letale, il gigante sciocco, il russo cattivo, la bella stupida, l’ispanico caliente) rese però in maniera volutamente eccessiva. Il tutto esaltato dalla caratterizzazione marcatamente caricaturale proprio dell’antagonista principale che diventa un mash up tra un boss spietato e infido e un egocentrico vanesio e sciocco.
Dipingere in modo tanto ironico i propri villain potrebbe persino far pensare che Polar sia una black comedy a modo suo. Definizione che non sarebbe neanche tanto errata se non fosse che in Polar coesistono due nature quasi opposte.
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La redenzione del peccatore
Perché Polar è anche la storia travagliata di chi ha svolto con asettica dedizione e imparziale efficacia il proprio lavoro senza preoccuparsi di cosa significasse. Per scoprire, infine, che il passato è più presente di quello che potesse pensare e che può diventare un futuro inatteso. Duncan è stato il migliore in quel che faceva, ma anche i migliori possono commettere errori. Sbagli che restano marchiati a fuoco nella memoria e che determinano scelte che ci si porta appresso per tutta la vita. E che diventano alla fine occasione per redimere sé stessi uccidendo stavolta non per eseguire un ordine, ma per salvare un innocente. E così anche pagare una penitenza.
Polar vive della delicatezza impensabile di Duncan e del suo rapporto quasi simbiotico con la vicina Camille. Una ragazza spaventata da ogni minimo rumore improvviso, ammutolita dalle proprie paure, timorosa di ogni contatto umano. Eppure, proprio la missione di proteggere l’innocenza pura e la fragilità cristallina di Camille è la medicina salvifica di cui il Black Kaiser aveva bisogno. Una terapia inattesa che lo rende capace di affrontare ogni sfida e tortura perché troppo importante è preservare quell’unico giglio immacolato in una serra vuota.
È il legame Duncan – Camille la legna da ardere per generare il fuoco che accende Polar. Un’anima più intimista sottolineata dai colori più scuri e dagli ambienti più sobri che sottolineano efficacemente il contrasto con la sua componente più leggera. Eppure proprio questo spirito pacifico diventa il motore inarrestabile di una furia razionale che trasporta Polar nel regno dell’action in salsa pulp. Una mattanza continua che non sta ad interrogarsi su quanto possa essere realistica. Perché troppo alto è il ritmo in quei momenti che seguono la calma per avere il tempo di pensare a cosa sia credibile e cosa meno.
Una tempesta dopo la quiete che si ferma solo quanto basta a far asciugare il sangue per versarne subito altro con cui inondare lo schermo.
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Da Italia 1 a Netflix
Pur non essendo gravato da imperdonabili difetti, Polar non è comunque un film che resta impresso. Né sembra volerci provare ad essere più di quel che è. E questo nonostante un Mads Mikkelsen che fornisce una prova che coniuga bene i tormenti interiori di Duncan con la fisicità scattante del Black Kaiser. Sorprendente è, invece, la buona chimica che si viene a instaurare con Vanessa Hudgens. L’ex stellina Disney interagisce bene con il veterano danese riuscendo a rendere credibile l’immediata empatia che si instaura tra i due personaggi.
Eppure, Polar sembra accontentarsi della sufficienza senza chiedersi se potrebbe avere un voto più alto. La regia di Jonas Akerlund non fa errori, ma neanche regala sussulti o scene da ricordare. Allo steso modo, la sceneggiatura è tanto linear e semplice che gli sviluppi della storia arrivano telefonati ed anche il cliffhanger finale si intuisce pienamente già a metà del film. Fatta eccezione per Mikkelsen e Hudgens, il resto del cast si limita a svolgere il compitino assegnato senza infamia, ma anche senza lodi. Particolarmente sprecata appare Katheryn Winnick che smette i panni vichinghi di Lagertha per ridursi a fare la bella statuina decorativa in Polar.
C’erano una volta i film per la TV che si guardava su Italia 1 al pomeriggio del sabato prima di uscire con gli amici. Prodotti che avevano il solo scopo di alleggerire l’attesa senza pretendere di essere ricordati dopo aver spento la TV. Netflix ha preso il posto di Italia 1 e Polar appartiene a quel genere di film. Perché non sempre si può chiedere a Netflix il Roma di Cuaron. Alle volte bisogna accontentarsi di rivedere in azione Mads Mikkelsen.