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Bird Box: non vedere per vederci meglio – la recensione dell’horror (?) di Natale di Netflix

Titolo: Bird Box

Genere: horror, post apocalittico

Anno: 2018

Durata: 2h 04m

Regia: Susanne Bier

Sceneggiatura: Eric Heisserer

Cast principale: Sandra Bullock, Trevante Rhodes, John Malkovich, Vivienne Lyra Blair, Julian Edwards

Piccole scene di cronaca familiare: “Ci vediamo Bird Box?” “Dove lo hai salvato?” “Vai nella cartella horror” …. “Ma non doveva essere horror?” “Boh, così diceva la pubblicità su Netflix … però era bello, dai.” Fine dell’estratto in differita da casa del recensore di turno inserito per dire che in generale fidarsi di Netflix è sempre bene, ma non fidarsi dei suoi claim di lancio alle volte è meglio.

Bird Box - la recensione del film Netflix

Da Shyamalan e Krasinski a Saramago

Tratto dal romanzo omonimo di Josh Malerman e diretto dalla Susanne Bier regista della pluripremiata miniserie The Night Manager, Bird Box si annuncia come quello che in realtà non è. Presentato come l’horror di Natale di Netflix, il film impiega poco a rivelare la sua vera natura complice una scena iniziale che chiarisce fin da subito il destino finale di molti dei protagonisti. Una scelta rischiosa che finisce per depauperare gran parte della tensione che di un horror dovrebbe essere l’ingrediente primario. Per questo stesso motivo, l’alternanza temporale tra presente e passato diventa solo un modo piuttosto didascalico di presentare un crollo della civiltà più suggerito che mostrato.

E tuttavia queste critiche non vanno lette come una condanna della sceneggiatura (capace comunque di creare qualche efficace momento di tensione), ma piuttosto come un avvertimento per chi dovesse approcciarsi a Bird Box  nel modo sbagliato. Perché il film della Bier si muove più nel terreno del survival movie dove i protagonisti devono sopravvivere ad un evento apocalittico che ha cancellato ogni sicurezza. Un territorio esplorato prendendo a prestito modi e idee dallo Shyamalan dell’altrimenti dimenticabile E venne il giorno. Ma è soprattutto il più recente e lodevole A quiet place di John Krasinski il riferimento più immediato con la vista che sostituisce la parola come rinuncia a cui i sopravvissuti devono affidarsi per difendersi dall’indefinito pericolo.

Perdita le cui conseguenze più intimiste portano il film inaspettatamente dalle parti del romanzo Cecità di José Saramago. Perché è tra quelle pagine che lo scrittore portoghese ammoniva che probabilmente solo in un mondo di ciechi le cose saranno ciò che veramente sono. Ed è in questo mondo di cecità imposta che Malorie riesce a diventare ciò che veramente è.

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Bird Box - la recensione del film Netflix

Il coraggio di lottare come forma di speranza

Per quanto improbabile possa apparire, si potrebbe quasi dire che, in Bird Box, il percorso della Malorie interpretata da Sandra Bullock si iscrive tra due frasi tratte dal romanzo di Saramago. Lottare è sempre stata, più o meno, una forma di cecità, scriveva il maestro portoghese. Perché lottare significa spesso andare contro il proprio avversario restando ciechi di fronte a ogni paura, ogni timore, ogni ragionamento su cosa sia possibile e cosa no. Combattere per il bene primario che ci si è imposti di difendere. Diventando anche ciechi rispetto a tutto il resto. Smettendo di vedere se questa lotta perenne non stia mietendo tra le sue vittime i sentimenti più intimi di chi ti sta accanto o la tua stessa natura.

È questa la Malorie che inizialmente si affida alla battaglia come istinto primario di conservazione allargandolo poi ai due bambini di cui diventa responsabile. Sacrificando a questo compito ogni calore umano, ogni afflato di empatia, ogni atteggiamento materno. I due bambini diventano una missione da portare a termine piuttosto che due esseri umani da amare spersonalizzati. Significativo, infatti, che non abbiano neanche un nome proprio. Incolpevoli di essere nati in un mondo crollato, ma anche immeritevoli di un futuro che non sia il mero essere vivi un giorno ancora.

Sarà il pericoloso viaggio su un fiume prima nebbioso, poi agitato, infine limpido a farsi metafora di un percorso di consapevolezza che porterà Malorie a capire che (citando ancora Saramago) cecità è vivere in un mondo dove non vi sia più speranza. Che le bende davanti agli occhi che fino a quel momento li hanno salvati non possono e non devono precludere la vista dei sogni. Perché significherebbe aver lottato per vincere oggi, ma perdere domani. Sopravvivere e non vivere. Non accorgersi che i bambini hanno bisogno non solo di un guerriero valoroso che li protegga dai mostri, ma anche e soprattutto di una madre che sappia amare prima ancora che difendere.

Una lezione semplice ed elementare come lo può essere il canto degli uccelli nella scatola (la Bird Box del titolo) che, in fondo, stavano annunciando il pericolo imminente che non era solo quello delle creature mortali, ma quello della morte dell’animo materno.

 

Bird Box - la recensione del film Netflix

Un cast inutilmente stellare

Se si chiedesse di dire a bruciapelo un difetto imperdonabile di questo Bird Box sarebbe abbastanza facile rispondere. E dire che proprio quello che doveva essere il suo maggior pregio diventa la sua peggior colpa. Il film vanta, infatti, un cast dove abbondano nomi di prima fascia che però fungono solo da specchietto per le allodole. Fa sicuramente eccezione una ottima Sandra Bullock che regge con sicurezza il peso di una storia che la vede unica e sola protagonista.

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Il focus sulla sola Malorie impedisce però al film di avvalersi del contributo potenziale del resto del cast. Troppi sono infatti i ruoli di contorno scarsamente delineati o i personaggi da pochi minuti e via. Capita questo a Sarah Paulson e BD Wong che durano meno del tempo necessario ad accorgersi che ci sono anche loro. Maggiore spazio si guadagna John Malkovich, ma comunque troppo poco per andare oltre una caricatura del burbero buono. Va meno peggio al Trevante Rhodes di Moonlight che però si limita al compitino non avendo molto materiale su cui poter lavorare. Il rapper Machine Gun Kelly e la Rosa Salazar di Maze Runner (che vedremo presto in Alita – Battle Angel) sembrano quasi messi là solo per attirare il pubblico young adult.

Bird Box non merita complessivamente le critiche astiose che ha ricevuto da molti utenti più simili ad haters a priori che a spettatori imparziali. Ma probabilmente neanche è il film migliore per cui spendersi in una proditoria difesa come ha fatto Stephen King sui social. Un film onesto che avrebbe potuto vederci  e farci vedere meglio se si fosse tolto più spesso la benda dagli occhi.

Winny Enodrac

Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !

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