
Once Upon a Time: Recensione dell’episodio 5.04 – The broken kingdom
Croce e delizia di ogni studente di latino, la consecutio temporum è quel sistema logico – sintattico che nella lingua dei Cesari regolava l’uso dei tempi nella frase subordinata e nella sua reggente. Più prosaica ma non per questo meno difficile da rispettare è la sua versione fumettistica nota come continuity che altro non è se non quell’insieme non scritto di regole che prova a garantire una coerenza temporale nelle storie di supereroi di lunga data. Certo, a differenza di un liceale alle prese con una versione di Cicerone, un autore di fumetti può sempre ricorrere al trucco dei viaggi nel tempo e dei mondi paralleli con risultati persino brillanti. A metà del guado si devono sentire, invece, gli sceneggiatori di serie tv quando queste riescono a guadagnarsi rinnovi su rinnovi arrivando a durare più stagioni. La gratificante sensazione del successo rende leggero il peso di rispettare la giusta sequenza degli eventi senza cadere in contraddizioni che un appassionato anche distratto noterebbe con poco sforzo. A volte anche troppo leggero, quasi impalpabile al punto che gli autori sembrano dimenticare completamente questo obbligo morale e si lasciano andare ad inspiegabili contorsioni.
The broken kingdom è un buon esempio di una cattiva gestione della continuità temporale. Kitsis e Horowitz provano a lasciare lo schema usuale di Once upon a time rinunciando alla doppia ambientazione (presente di Storybrooke, passato in un mondo fiabesco a caso) che è sempre stata la cifra caratteristica di questa serie azzardando una sola location (la Camelot figlia di effetti speciali che di speciale hanno solo il modo in cui usurpano il nome di CGI), ma due diverse linee temporali. E certo non aiuta la didascalia “five years later” usata per entrambe le situazioni che, se da un lato vorrebbe indicare due diversi periodi separati appunto da cinque anni (la Camelot di Artù ragazzino precede quella di Artù novello re che a sua volta è cinque anni indietro rispetto all’arrivo dei nostri con la casa volante della nonna), ha inizialmente lo straniante effetto di confondere inutilmente le già non limpide acque.
Si procede, quindi, per flashback altalenanti con l’intento evidente di far capire quanto il supposto primus inter pares della tavola rotonda sia, in realtà, un ex buono traviato da circostanze superiori alla sua debole volontà. Perché l’Artù bambino è diventato re come promesso a Ginevra solo per scoprire di aver sempre frainteso la profezia di Merlino perché la spada nella roccia è spezzata come il regno che avrebbe voluto sanare. Quante volte però abbiamo visto in Once upon a time cattivi nati buoni e diventati infidi ingannatori? Storia già scritta con Regina e Rumple e continuata come leit motiv di ogni stagione. Solo che stavolta il ruolo del villain è affidato ad un personaggio che manifestatamente non è in grado di reggere questo importante peso. Perché Artù non ha la cinica astuzia di Zelena o la glaciale freddezza della Regina delle Nevi e nemmeno riesce ad essere un infido ingannatore perché la sua finta gentilezza è tanto marcata da rendere evidente la sua natura fasulla.
E in tutto questo ancora non si capisce come mai Merlino sia chiuso in un albero da ben prima che Camelot nascesse. Come non si capisce assolutamente come funzioni questa sabbia di Avalon dal momento che non aggiusta le cose, ma le fa sembrare non guaste. Quindi, Ginevra è solo convinta di essere innamorata di Artù e non di Lancillotto? Quindi, il castello reale e l’intera città di Camelot è solo una illusione che nasconde un misero villaggio ? Ma, se la polvere è stata gettata sulle persone per stregarle, come mai anche i nostri vedono la finta Camelot ? E come possono spade finte (per dirne una) essere utili in duello ?
Intanto, Merida ricompare nelle segrete di Artù senza che si capisca perché sia sua nemica. E ricompare anche a Storybrooke per essere assunta nella nuovissima professione di hero coach che dovrebbe trasformare il pavido Mr Gold in un eroe dal cuore puro per estrarre la rediviva spada nella roccia. Perché mai Dark Swan decida di creare un eroe ex novo con tutti i possibili candidati a disposizione è un mistero irrisolvibile.
In questa sarabanda di nonsense e soluzioni rabberciate, The broken kingdom commette anche il peccato mortale di lasciare inoperosa quella Regina che è l’unico personaggio ancora degno di nota e di mandare Emma e Hook a passeggiare nei prati come fidanzatini della pubblicità con lei prima depressa cronica e poi tutta cuoricini negli occhi guardando i fiori che lui le indica. E intanto prepotente tornava alla mente per contrappasso il “look at the flowers” della Carol di The Walking Dead. Altro che Dark One rosa pastello !
In attesa del prossimo episodio e delle prossime recensioni ricordatevi di mettere like alla nostra pagina Facebook per tutte le novità su tv e cinema
Visitor Rating: 2 Stars
Visitor Rating: 3 Stars