
L’amore bugiardo – Gone Girl: la recensione
Le apparenze ingannano, soprattutto se dietro la cinepresa troviamo il talentuoso David Fincher, il magistrale regista di Fight Club, che questa volta traduce in pellicola cinematografica il romanzo Gone Girl di Gillian Flynn. Il risultato è un thriller, un giallo dalle tinte drammatiche e tese che coinvolge una “deliziosa” coppia americana interpretata da Ben Affleck e Rosamund Pike.
Siamo al quinto anniversario di matrimonio e, come da tradizione, Amy (R. Pike) dovrebbe aver organizzato per il suo adorato maritino un’intrigante caccia al tesoro, fatta di indizi sibillini e maliziosi collegati fra loro, ma questa volta inizia con qualcosa di insolito. Nick (B. Affleck) torna a casa dopo essere passato a salutare la sorella e trova il salotto sottosopra, nessuna traccia di Amy. Avverte subito la polizia. Trovano tracce di sangue in cucina e i sospetti cominciano a ricadere sempre più su di lui, per via della sua apparente apatia, per via del suo apparente distacco o per la sua non manifesta preoccupazione. In poco tempo, con il cospicuo contributo di genitori onnipresenti e oltremodo apprensivi, da fatto di cronaca di provincia americana, la notizia della scomparsa della donna si estende a tutto il paese.
Nessun personaggio viene inquadrato fin da subito in modo univoco: Fincher si addentra gradualmente nei segreti e nei lati oscuri di una promettente coppia di giovani americani. Dal loro primo incontro, dalle loro maliziose avances il loro rapporto scorre nel migliore dei modi nella città che non dorme mai, la grande mela. Una storia da sogno con il compare dei propri sogni, o almeno così è fino alla crisi finanziaria, fino alla perdita del lavoro, fino all’aggravarsi della salute e la conseguente morte della madre di Nick. Dalla metropoli tentacolare e stimolante ad uno spocchioso per quanto lussuoso Missouri, con prospettive di vita completamente deviate e infrante, il rapporto comincia ad incrinarsi e a scivolare nella crisi più profonda, nel risentimento, nella paranoia, nella vendetta. Come fa Nick a essere così poco preoccupato per la scomparsa della moglie? Anche il migliore dei matrimoni cela scheletri nell’armadio, così come ciascuno dei coniugi, ma dietro a chi si nasconde il mostro più pericoloso? Fino a che punto siamo sicuri di conoscere chi ci sta di fianco? Ahimè, come spesso accade, le persone più vicine e amate sono anche in grado di infliggere all’animo le peggiori sevizie, ancor più terribili se architettate con cognizione di causa…
L’intreccio si articola in frequenti flashback e parallelismi bifronti, volti ad analizzare entrambi le metà del matrimonio: non dobbiamo attendere la fine per scoprire chi sia l’artefice di una spirale tanto insidiosa quanto perfettamente congegnata, il che ci permette di riflettere ancor di più sulla natura ambigua dei rapporti umani. Non per questo però la tensione risulta allentata, benché diversa dal ritmo incalzante di Fight Club, divenendo più simile ad una lenta, graduale, opprimente agonia.
Veniamo coinvolti irrimediabilmente in una caccia al tesoro che si avvicina sempre di più ad una verità cui nessuno potrebbe o vorrebbe credere, tanto meno l’opinione pubblica e la polizia stessa. Assistiamo come ipnotizzati al predatore che si prende sadicamente gioco della sua preda, conducendola diabolicamente nelle sue spire. I personaggi si aggirano nel quartiere in cerca di una risposta, ma spaesati: è drammatico vedere quanto ognuno nascondi qualcosa, quanto poco possano conoscersi persino marito e moglie, nonostante le gioie passate. Una solitudine logorante che si nasconde dietro a falsi sorrisi ferisce il sogno americano, dietro cui si possono nascondere inquietanti contraddizioni, istinti violenti, persino sacrifici umani. Il quartiere di tutti i giorni e la stessa casa diventano un dedalo in cui bisogna cercare l’uscita, brulicante di reporters famelici, appostati ad ogni angolo a caccia di informazioni utili da divulgare ai curiosi e biechi telespettatori.
In un susseguirsi angoscioso di fatti che vengono a galla, pian piano viene fatta luce su un’oscura tela costruita con maniacale ponderazione, di cui ogni dettaglio è messo in correlazione con il carattere dei singoli, con l’apparenza ingannatrice, con le convinzioni e i pregiudizi delle persone, con la fiducia e l’appoggio dei media e delle masse, tutto frutto di una mente terribilmente geniale.
Così osserviamo spazi familiari e labirintici che conducono ad una non-soluzione, un crescendo che va di male in peggio e che sfocia nella rassegnata e amara resa con il peggior nemico che tiene il coltello dalla parte del manico, un aggiogamento vero e proprio cui sono costretti in qualche modo tutti, loro malgrado. Arrivati ad un certo punto purtroppo, per quanto le apparenze ingannino, vanno comunque salvaguardate con una complicità aberrante e necessaria.
L'amore bugiardo - Gone Girl: la recensione
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