
Attack on Titan: l’hype fatto ad arte.
Dopo anni di rumors, di sofferenze e di film gettati sulla folla come brioche su un popolo che aveva fame di altro, è finalmente arrivata la seconda stagione di Attack on Titan, resa in italiano con l’Attacco dei giganti. La prima stagione, uscita nell’ormai lontano 2013, è stata un successo su tutta la linea in grado di dare origine a un fenomeno mondiale. Dalla serie sono stati ispirati parchi a tema, spot pubblicitari, OAV, mostre dedicate e persino un live action uscito nel 2015.
UNA RICETTA PER L’HYPE
Gli ingredienti che hanno reso di questa serie un prodotto di successo sono diversi. L’ambientazione è sicuramente peculiare, così come l’estrema dose di mistero e gli intrighi politici che fanno da sfondo alle vicende dei protagonisti hanno sicuramente un ruolo in tutto questo. Ma la parte del leone viene fatta dai giganti: esseri antropomorfi di dimensioni gigantesche, in apparenza non senzienti che si nutrono degli umani per puro divertimento. Il character design degli antagonisti della serie è orripilante, il loro sguardo vacuo, il sorriso smagliante unito ad una camminata raccapricciante rende impossibile staccare gli occhi da loro.
Tuttavia se gli elementi sopracitati li ritroviamo anche nel manga, il prodotto animato ha qualcosa in più che ha permesso di rendere Attack on Titan un fenomeno internazionale. Non stiamo parlando del sicuramente migliorato comparto grafico (più di qualcuno lamenta del tratto sporco dei disegni del manga) o della più facile accessibilità dell’animazione piuttosto che la lettura ma del concetto di hype. L’anime ha infatti una capacità di emozionare lo spettatore in modo decisamente maggiorato rispetto al prodotto cartaceo.
Ogni sequenza narrativa riesce infatti a caricarsi di un dettaglio, anche una scemenza, che riesce a mettere sull’attenti lo spettatore regalandogli una botta di adrenalina. Basti pensare alla prima puntata della seconda stagione dove compaiono gli otto giganti che mettono in allerta la divisione 104. La fuga dai giganti è di per sé una sequenza di azione sufficiente, ma il momento in cui iniziano a correre aiutati da una piroetta assolutamente scoordinata, porta la scena su un altro livello. Far fare una piroetta è una piccolezza, ma la scena non sarebbe stata la stessa e probabilmente non sarebbe rimasta impressa nelle nostre menti senza quell’elemento.
DOVE ERAVAMO RIMASTI?
La seconda stagione si apre quindi mantenendo le stesse premesse che avevano reso un successo la prima. Fin dai primi istanti della prima puntata veniamo catapultati in un’insieme di sequenze ricche di colpi di scena e di agitazione. Scopriamo della presenza dei giganti all’interno delle mura, facciamo la conoscenza di un gigante senziente e soprattutto parlante, senza contare che ancora una volta la civiltà a cui Eren appartiene viene messa in pericolo da una nuova breccia nelle mura.
Tuttavia del protagonista si parla poco nelle prime due puntate. Al centro di tutto c’è la Divisione 104, isolata dal resto dei Survey Corps perché sospettata di ospitare al suo interno degli shifter, ovvero umani in grado di trasformarsi in titani. Insomma, chi sperava in un attimo di pausa dopo l’esplosivo finale della scorsa stagione si trova decisamente nel posto sbagliato.
Attack on Titan non è una serie che ha tempo da perdere in riflessioni – anche perché se questa stagione avrà veramente solo 13 puntate vi sfido a inserirmi pure dei filler psicologici – ma non per questo ha una narrazione superficiale. Nella puntata due assistiamo infatti ad un approfondimento sul passato di Sasha. Per quanto il flash-back sia breve è comunque puntuale e sufficiente a dare spessore al personaggio, conferendo ulteriore significato agli eventi a cui assistiamo nel corso della puntata.
Per cui ragazzi cinture allacciate, calmanti alla mano e pronti ad una corsa adrenalinica, che seppur più breve della precedente, siamo certi non ci deluderà. Le prime due puntate sembrano mostrare quello a cui eravamo stati abituati senza contare che i lettori del Manga sono benissimo a conoscenza della densità contenutistica dell’arco narrativo in corso.
Buon appetito, titani!
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