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RomaFF10: l’incontro con Jude Law

È arrivato in orario Jude Law. Alle 18 è apparso nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica senza troppi giri di parole. È questo uno dei primi “incontri ravvicinati” internazionali del Festival.

Casual, giubbotto nero, jeans e maglietta, come nelle migliori tradizioni british, lui entra in sala. Con una certa nonchalance l’attore londinese risponde prontamente a tutte le domande poste dal direttore artistico del Festival, Antonio Monda.

L’intervista si costruisce attorno ad alcuni spezzoni dei film di maggior successo in cui Jude ha recitato, mandati in onda era_mio_padre_tom_hanks_sam_mendes_022_jpg_ckmrripetutamente durante l’incontro. Rivediamo così scene più o meno salienti di pellicole come Gattaca, Il talento di Mr.Ripley, A.I. -Intelligenza artificiale, Era mio padre, Ritorno a Cold Mountain, Closer, Sleuth, Wilde, Sherlock Holmes, Anna Karenina e quel capolavoro di Grand Budapest Hotel. Insomma tutti titoli che hanno reso noto il nome di Law e che gli sono valsi ben due nomination agli Oscar.

Da Steven Spielberg a Wes Anderson, da Anthony Minghella a Sam Mendes, Jude ripercorre insieme a noi la storia della sua carriera e dei rapporti coi numerosi registi che l’hanno diretto. Ci confida che non riguarda mai le scene dei suoi film una volta ultimati e si imbarazza nel rivederle insieme a noi oggi per la prima volta.

A cuore aperto ci parla del delicato lavoro da lui svolto in Intelligenza artificiale di Spielberg: “Quella era una sceneggiatura di Stanley Kubrick che, se non fosse morto, sarebbe stato il produttore del film. Poi però è morto e l’intero film è diventato una dedica a lui, a quello Stanley Kubrick incredibile cineasta della storia del cinema.”Di Spielberg, Jude ci dice solo poche chiare parole: “È una persona disponibile. Ascolta i consigli ed è bello lavorare con lui.”

Riguardo al nuovo “segretissimo” progetto di Sorrentino, una serie tv americana per la HBO che lo vedrebbe protagonista, Jude non si sbottona troppo ma ci dà degli indizi importanti. “È la storia fittizia di un odierno papa americano.” Cosa si prova ad impersonare un papa? “Quello che si prova per qualsiasi altra parte. Un ruolo è un ruolo.” E poi scherza. “La cosa più difficile è stato sedersi su quel trespolo della sedia di sua Eminenza con l’abito papale. Avevo paura di sgualcirlo e sono stato 14 ore in piedi.”

still-of-jude-law-in-a.i.-artificiell-intelligens-(2001)-large-pictureAlla domanda su quali ruoli preferisca interpretare, se quelli da “buono” o da “cattivo”, il signor Law risponde dicendo che nessuna parte è così netta. “Ci vuole equilibro e soprattutto non bisogna mai giudicare o categorizzare nulla in questo senso.”

Infine, Monda chiede all’attore 43enne quale sia secondo lui la differenza tra cinema americano e cinema europeo. “I soldi.” Già. “Perché se ne hai tanti li puoi spendere e quindi produrre film senza porti alcun tipo di limite. Puoi fare quello che vuoi. Dai vita alle tue idee, crei il tuo progetto. E poi si lavora meglio.”

Lo salutiamo vedendo uno spezzone del suo personale film preferito, La morte corre sul fiume, del 1955, diretto da Charles Laughton, alla sua prima e unica regia. “Mi affascina” dice Jude. E lui affascina noi.

Simone Bottaro

Laureato in Lingue, letterature e culture straniere presso l'Università degli studi Roma Tre, ama leggere e scrivere. Appassionato di musica, cinema e serie tv, adora il mondo anglosassone e in particolar modo quello statunitense, ma ritiene assolutamente insuperabile la bellezza dell'Italia. Amante delle comedies musicali (Glee), segue tra gli altri generi Grey's Anatomy e How to Get Away with Murder.

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