
Here and Now: la nuova (im)perfetta famiglia di Alan Ball arriva su HBO e Sky
Volutamente indecifrabile, intrigante, forzatamente costruito.
Sono i primi tre aggettivi che mi sono venuti in mente al termine del primo episodio di Here and Now la nuova serie firmata Alan Ball (American Beauty, Six Feet Under, True Blood) che ha debuttato su HBO domenica 11 febbraio, in arrivo su Sky il 27 febbraio. 10 episodi che ci racconteranno lo spaccato della famiglia Boatwright-Bayer, in apparenza la classica famiglia perfetta, ideata da un filosofo professore universitario (Tim Robbins) e da una terapista (Holly Hunter). Tre figli adottati e una figlia biologica. Il tutto andrà in frantumi quando uno dei figli adottati inizierà ad avere delle strane visioni.
L’aspetto principale da superare in Here and Now, contro il quale inevitabilmente scontrarsi, è la costruzione di questa famiglia atipica, voluta da due genitori ex hippy, bandiere del progressismo che hanno deciso di adottare tre bambini provenienti da luoghi esotici, ma soprattutto da luoghi dove la politica militare statunitense ha conosciuto sonore batoste: dal Vietnam (Duc), dalla Colombia (Ramon) e dalla Liberia (Ashley, Jerrika Hinton tanto amata e tanto odiata in Grey’s Anatomy), paese che nella versione italiana verrà trasformato in Somalia, nella convinzione che il pubblico italiano non conosca la storia del Paese oggi governato dall’ex calciatore, bandiera del Milan e Pallone d’Oro, George Weah (un colpo di stato, un regime semi dittatoriale, una guerra civile e crimini contro l’umanità fra gli anni ’80 e ’90) e nella speranza che almeno si ricordi il delirio di Mogadiscio fra il 1992 e il 1993.
Già quest’aspetto fa capire come la famiglia protagonista sia difficile da accettare come verosimile. Superato l’ostacolo, tutto fila liscio, fino al finale che rimescola le carte in tavola.
La famiglia Boatwright-Bayer gioca alla famiglia perfetta, quasi in stile Seven Heaven, ovviamente sull’altra sponda della politica americana, dove genitori, fratelli e sorelle parlano e si confidano su tutto, dalla droga al sesso. In questo quadro perfetto, da orticaria, si innescano però fin da subito delle crepe. La madre Audrey ha abbandonato la professione terapeutica dopo aver fondato il Progetto Empatia (di cui al momento non sappiamo niente, ma verso il quale nutro un profondo terrore). Ha trascorso il suo matrimonio ad edificare la versione iperprogressista della famiglia Burnham di American Beauty. Talmente focalizzata nel mostrare al mondo la propria realtà dorata, Audrey è incapace di accorgersi della realtà che la circonda. Per una donna che vuole il controllo di ogni situazione, persino della terapia da somministrare al figlio potenzialmente schizofrenico, l’incubo peggiore è non controllare niente, come di fatto avviene.
Il marito Tim è fortemente depresso da anni e da tempo la tradisce settimanalmente con una escort casualmente orientale. È un uomo che ormai si sente inutile (in ateneo gioca a candy crush) e che vede inutile quanto compiuto in 60 anni di vita, famiglia compresa, sebbene abbia sempre vissuto con la necessità di guadagnare l’approvazione degli altri, circondandosi però solo di persone che quest’approvazione gliel’avrebbero donata a prescindere, come i suoi assistenti universitari.
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Dello stesso problema soffre il figlio vietnamita Duc, geloso dell’assistente del padre dal quale non si sente per niente apprezzato. Incapace per questo di avere una relazione, per riflesso si è creato la professione di architetto motivazionale, circondandosi di persone, i propri pazienti, che altro non potevano fare se non approvarlo, proprio come il suo vecchio.
Ashley, invece, lavora nella moda, non disdegna qualche tirata di coca ogni tanto e, benché sia l’unica fra i fratelli ad essere sposata, riempie marito e figlia di costanti balle.
Kristen, l’unica figlia biologica di Tim e Audrey, è una ragazzina diciasettenne con seri problemi di insicurezza e relazionali che la portano a creare profili falsi su Facebook per instaurare relazioni virtuali con ragazzi e uomini. La trovata goliardica di partecipare alla festa in onore del padre con una maschera di cavallo, sembrando BoJack Horseman, si trasforma in un comportamento patologico, portandola ad indossare la maschera anche durante l’atto sessuale. La sua forse è la storia più bistrattata in fase di pre-produzione della serie. Il suo cammino di tardo-adolescente in cerca di un compagno con cui valga la pena perdere la verginità si scontra giocoforza con il destino di uno dei modelli di Ashley che l’ha seguita in tutte le faccende quotidiane del plot nella speranza, inutile, di finirci a letto. L’incontro fra i due personaggi è talmente telefonato e scontato da far sembrare tollerabile la verosimiglianza di una famiglia multietnica. Da una parte una ragazzina che chiede relazioni, dall’altra un manzo che ogni due scene ripete di voler fare sesso, con qualsiasi “buco”, tanto da non interessarsi nemmeno del reale aspetto della propria partner, ignorando la maschera di cavallo.
Ramon è il vero personaggio che fa iniziare e mutare la storia. Disegnatore di videogiochi, si sveglia dopo una notte di incubi che restituiscono ad Here and Now subito una patina horror. La sua storia, durante il pilot di serie, è caratterizzata dalla costante presenza del numero 11 (nell’orologio, nel tapis roulant, nel conto della tintoria e nelle candele accese a casa). Tutto sembra l’inizio di una sindrome schizofrenica, almeno fino alla sorpresa finale: l’episodio inizia con la visione di una donna sconosciuta, in compagnia di un bambino, che lo chiama, graffiandosi profondamente il viso. Alla fine degli oltre 50 minuti di programmazione si scoprirà l’identità di questa donna, trasformando Here and Now da un drama familiare a qualcosa di altro, forse di soprannaturale, che non verrà però svelato.
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Il “qui” e “ora” del titolo sono quei momenti nei quali i due ritratti della famiglia vengono a schiantarsi, svelando ben altro. L’ultimo episodio allucinatorio di Ramon (e il discorso di Tim alla propria festa, discorso che il professore è costretto a fare controvoglia) ribalta il quadro perfetto iniziale. Emergono le differenze fra moglie e marito, Audrey si sente disprezzata da Tim, che attorno a sé vede solo ignoranza, odio, terrore e rabbia. La loro unione ha di fatto prodotto solo sterilità e non la ricchezza che entrambi sognavano: l’unica figlia in grado di tessere relazioni, in realtà da quelle relazioni vuole solo fuggire. Dopo capisci che in realtà in tutta la puntata non c’è mai una scena dove la famiglia appare insieme, unita. Sempre e solo piccoli gruppetti due a due e marito e moglie perennemente divisi, anche quando sono insieme, con la sequenza della doccia a rappresentare un iconico e gigantesco fan…… al mondo voluto da Audrey.
Here and Now inizia come una sorta di frullato delle principali opere di Alan Ball, un nuovo lamento della famiglia americana, durante il quale comunque la HBO non fa mancare la sua dose quotidiana di nudità, anche se nel primo episodio sono nudità prettamente maschili.
Superati quei pochi problemi di verosimiglianza, la nuova creatura di Ball è abile nel coinvolgere lo spettatore lasciandolo bramoso di conoscere, grazie all’utilizzo di un cliffhanger furbo, sul quale però si apre qualsiasi possibile panorama. Non importa quanto sia attraente e spiazzante lo schema impostato attorno alla famiglia Boatwright-Bayer da Here and Now, la sorpresa finale potrebbe dare vita ad esternazioni di ogni tipo. Il pilot, Eleven eleven, è in realtà una mezza puntata e per capire di cosa si andrà a parlare all’interno della serie è obbligatoria la visione del prossimo episodio. Anche se io sono ancora tramortito dall’aver visto Tim Robbins in una scena di sesso.
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