
Hannibal: Recensione degli episodi 1.04 – Oeuf e 1.05 – Coquilles
Con Hannibal è stato amore a prima vista. Anche se le basi per un rapporto duraturo c’erano tutte, a partire dalla presenza di Fuller e a quella di Hugh Dancy, che adoro fin dai tempi della bellissima miniserie “Daniel Deronda” della BBC. In verità non sono una fan del tema serial killer, né la violenza mi affascina particolarmente; ho seguito per anni Criminal Minds ma l’ho abbandonato proprio quando le storie trattate si sono fatte sempre più cupe e morbose. Certo, non è che Hannibal ci vada leggero con squartamenti e litri di sangue ma lo fa in un modo così esteticamente curato da renderli quasi affascinanti. I funghi che crescevano sui cadaveri?! Orribili ma meravigliosi allo stesso tempo. In questo in particolare si vede l’impronta di Fuller. In molti hanno aggrottato la fronte davanti alla sua scelta di lavorare ad un personaggio come Hannibal Lecter, sorpresi da un così netto cambio di rotta considerati i toni più scanzonati delle sue precedenti creature. Eppure tutte le serie di Fuller hanno in sé una vena “grottesca” che le accomuna e uno studio accurato di personaggi che possono per lo meno essere definiti “bizzarri”. E con Hannibal, pur dovendo almeno in parte rinunciare all’aspetto fantastico a lui tanto caro, ha potuto dare libero sfogo a tutti questi due elementi.
La cura stilistica che rasenta il maniacale (basta osservare la ricerca dei colori del terzo episodio o considerare il fatto che sul set sia presente un esperto culinario che crea quei piatti stupefacenti) e lo studio approfondito di personaggi totalmente fuori dalle regole, restano i punti di forza della serie. Adoro il mood surreale che Fuller è riuscito a realizzare, aiutato anche dalle dissonanze di una colonna sonora perfetta, grazia al quale ogni evento è pervaso da un’inquietudine che lascia disorientati. A farla da padrone in questa ambientazione è la figura di Hannibal, ancora difficile da definire, soprattutto in relazione ai suoi rapporti con gli altri personaggi. Mikkelsen è superlativo con la sua recitazione misuratissima e minimalista: ostinatamente inespressivo, si colora improvvisamente di sfumature con soli pochi movimenti dello sguardo o leggere increspatura del viso che rendono Hannibal enigmatico in modo perfetto e frustrante. Il gioco è ben costruito: noi spettatori sappiamo benissimo chi sia Hannibal Lecter e non è quindi necessario mostrarci il serial killer in azione. La sua natura di cannibale è solo accennata rendendo così possibile il concentrarsi sui suoi lati più umani e sulle sfaccettature che costituiscono un personaggio così affascinante. Negli episodi precedenti Hannibal Lecter mi aveva dato l’impressione dello scienziato che dall’alto studia i topolini che corrono nel labirinto da lui costruito, con un divertimento quasi fanciullesco. Ma gli ultimi due episodi mi hanno fatto pensare a lui più come una persona curiosa e forse un po’ sola, alla ricerca, tramite l’osservazione degli altri, di risposte sulla sua stessa natura. Hannibal è intelligente, molto colto, è raffinato ed è un fine conoscitore della bellezza che si nasconde anche nella crudeltà; è ovvio che provi un senso di spiccata superiorità verso gli altri esseri umani che osserva con un certo annoiato disprezzo (e come fonte apprezzabile di cibo) ma nell’incontrare Will e Abigail qualcosa in lui è mutato. Cosa veda in loro e quali siano i suoi piani nei loro confronti resta per ora un mistero. E’ evidente che le loro nature complesse lo affascinano e incuriosiscono ma per ora mi rifiuto di credere che li stia semplicemente manipolando nel tentativo di renderli simili a se stesso.
___________________________________________
Episodio 1.04 – Oeuf
Con questi due episodi la serie torna a dedicarsi a dei casi della settimana, ma mantiene costante la sua attenzione sui suoi personaggi principali e la loro discesa verso l’oscurità. Oeuf, l’episodio 4, ha avuto un’esistenza travagliata. Cancellato dalla programmazione perché ritenuto inappropriato dopo gli eventi sanguinosi che hanno sconvolto gli USA negli ultimi tempi, è stato comunque proposto in un collage di scene separate dal caso della settimana, per poi diventare disponibile online nella sua interezza.
Il perché il tema dell’episodio sia stato ritenuto così delicato non mi è del tutto chiaro. Per chi non fosse riuscito a vederlo il caso trattava di una serie di bambini rapiti da una donna folle che, nel tentativo di costruirsi una famiglia tutta sua, li plagiava psicologicamente al punto da costringerli ad uccidere le proprie famiglie. Quando si tratta di bambini si sa che l’argomento è sempre delicato ed è possibile che il canale e lo stesso Fuller abbiano ritenuto semplicemente eccessivo il tono dell’episodio; effettivamente in alcuni punti, come nella bellissima scena in cui Will si siede a tavola per rivivere l’omicidio di un intera famiglia, ha impressionato particolarmente anche me. Ma in generale dev
Interessantissima invece tutta la parte di contorno che vede i protagonisti incontrarsi e scontrarsi in un approfondimento continuo. Il titolo dell’episodio rappresenta perfettamente il tema principale che con l’immagine dell’uovo si dedica a studiare le origini, la famiglia e il costante e sempre interessantissimo contrasto tra natura e cultura: tra quello che è innato in noi e quello che assorbiamo dal mondo esterno, da chi ci circonda. Nel caso dei bambini perduti lo scontro è tra la famiglia in cui sono nati e che non possono scegliere e quella che formano (per scelta, ma in questo caso per costrizione) con la donna che li ha rapiti; per Abigail è il dubbio incessante sulla possibilità di essere una persona diversa da sua padre o quella di non potersi sottrarre al gene del male presente in lei come lo era in suo padre.
Altro elemento che scopriamo è che sia Will, che Hannibal, che Abigail, sono accomunati dal fatto di essere degli orfani. Hannibal di entrambi i genitori (è stato poi cresciuto da uno zio) e Will di madre, cosa che lo ha costretto a crescere con un padre estraneo. Splendidamente curata continua ad essere la discesa nell’oscurità di Will, che si trova a confessare a Hannibal che l’aver rincorso Hobbs così tanto nella sua mente lo ha portato ad una sorta di identificazione. E’ colpa quella che ha provato nel vedere l’amica di Abigail infilzata sulle corna di cervo, ma non tanto per non essere riuscito a salvarla ma quanto per avere avuto la sensazione di averla uccisa lui stesso.
Note varie:
* Ho adorato quando Will racconta della sua abitudine di uscire di casa di notte lasciando le luci accese e credo che venga direttamente dal libro.
* In questo episodio viene introdotto il personaggio della moglie di Jack Crawford interpretato dalla spettacolare Gina Torres. Una donna che è una meraviglia oltre ad essere un’attrice straordinaria.
___________________________________________
Episodio 1.05 – Coquilles
In Coquilles torna predominante la spettacolarità dei crimini, con i cadaveri delle vittime modellati e disposti a somiglianza di angeli con ali distese. La scena del crimine è ancora una volta spettacolare quanto terrificante. Un perfetto equilibrio difficile da ottenere ma affidato in questo episodio alle capaci mani di Guillermo Navarro che si era occupato della cinematografia de ‘Il labirinto del Fauno’.
Secondo me, telefilm di questo genere, e cioè caratterizzati da una certa parte procedurale, riescono al meglio quando i casi della settimana rispecchiano e si intrecciano organicamente con le vicende personali dei suoi protagonisti. In questo caso, il tumore al cervello del killer che lo spinge a uccidere persone malvagie che lui vede con teste fiammeggianti, si muove in parallelo alle vicende personali di Jack e sua moglie Bella e alla perdita
Mi piace come gli sceneggiatori non trattino lo spettatore come uno stupidotto che va accompagnato passo a passo e sostenuto da continue spiegazioni. Durante ogni episodio la mia attenzione deve essere completa e a volte ammetto di perdermi anche un po’, desiderando di tornare indietro e poter ragionare con calma sui dialoghi. E’ uno di quei rari telefilm per i quali cui una seconda visione giova decisamente, rivelando nuovi aspetti e sottolineando elementi che ad una prima visione erano passati in secondo piano.
Trovo che la scelta di rappresentare l’oscurità in cui è immerso Will con un cervo nero sia di fortissimo impatto (anche se a volte la resa a computer grafica è un po’ debole) e infatti la scena di apertura in cui lo vediamo sonnambulo risvegliarsi in mezzo ad una strada sconosciuta è perfetta. In questo episodio Will si trova di fronte alla difficile decisione che spetta a tutti gli eroi, anche il suo personaggio è lungi dall’essere il tipico eroe. Tirarsi indietro per puri motivi di sopravvivenza o sacrificare se stessi al servizio degli altri? Il fatto che la figura di Jack Crawford non sia spiccatamente positiva come ci si aspetterebbe dal suo ruolo, rende il tutto più complicato ed interessante. Jack è manipolatore e deciso a spremere Will come un limone se necessario. Sa quello che deve essere fatto ed è pronto a sporcarsi le mani per farlo, per nulla disposto a lasciare a Will una facile via di fuga.
Adoro questo telefilm, adoro la sua estetica, le sue sfumature, il fatto che nulla sia ovvio, che tutto sia intricato e complicato e molto psicologico. I casi della settimana devo dire che non sempre li trovo riuscitissimi, forse anche perchè in secondo piano rispetto allo studio dei personaggi ma non è una cosa che mi disturba. Anzi, volendola guardare da un altro punto di vista è anche possibile che Fuller abbia preso la netta decisione di metterli in secondo piano appunto per puntare i riflettori maggiormente sui personaggi. In Coquilles infatti l’omicida non viene fermato, ma in un twist quasi deludente si suicida e viene trovato già morto. Quello che però mi mette un po’ paura è che ci troviamo di fronte ad un telefilm ben poco adatto al grande pubblico. E’ troppo barocco per lo spettatore che si aspetta un procedurale classico e che cerca un semplice svago e, anche se mi scoccia ammetterlo, è fin troppo cupo. Io vivo per i protagonisti torturati e tormentati ma sono consapevole che tanta cupezza a volte abbia bisogno di essere equilibrata da una vena di ironia, da qualcosa che ogni tanto smonti la tensione. A volte questo capita nei dialoghi tra Hannibal e Will, quando si stuzzicano a vicenda e lo psichiatra riesce a strappare una mezza risata o un sorriso al suo paziente/amico ma sono solo piccoli sprazzi. Non vorrei che troppa pesantezza possa alla lunga mettere in fuga gli spettatori.
Io prego in cinese che ci sia data la possibilità di osservare l’intero arco narrativo che Fuller ha immaginato perché questo telefilm ha sviluppato su di me un effetto drogante come non mi capitava da un po’.