
Grey’s Anatomy: Recensione dell’episodio 12.02 – Walking Tall
Walking Tall, letteralmente “camminare a testa alta”, non è solo il titolo dell’episodio, ma il metaforico filo di seta che tiene in piedi il tema di questa 12×02. Benché l’episodio sembri privo di spunti di riflessione, se non qualche input buttato lì, per saziare la famelica aspettativa degli spettatori, impazienti di ri-sprofondare a pieni polmoni nelle lacrime amare che solo Grey’s può farci piangere, Shonda rimane una delle migliori indagatrici dell’animo umano. Senza fermarci alle apparenze, Walking Tall segna concretamente l’avanzamento di uno status lavorativo per alcuni dei personaggi, ma contemporaneamente anche una favolosa crescita interiore, che porta il marchio del numero 12, i lunghi, inaspettati anni in cui i personaggi hanno subito complesse metamorfosi, e noi con loro.
Jade è una donna che soffre di un tumore pituitario al cervello, cosa che le comporta una crescita fuori dal normale: è infatti alta 2.18 metri. Ma il camminare a testa alta di Jade è solo un vago ed evocativo richiamo ad un altro tipo di altezza: quella spirituale, emotiva. La Bailey è costretta, già il suo primo giorno come capo, a fronteggiare le difficoltà di un caso impossibile, cosa che la porta a spingere sin troppo i suoi strutturati, che hanno già qualcosa da ridire. Bassa e minuta di statura, invisibile sin dai tempi dell’università, Miranda conquista, spingendo a gomitate forte e potenti, un pezzo di felicità grazie a questa carica di capo dell’ospedale, che avrebbe voluto da sempre.
Ma mentre continua, spavalda e senza scrupoli, a camminare a testa alta per i corridoi dell’ospedale, fiera del suo lavoro e del suo portamento, il suolo inizia inevitabilmente a sgretolarsi sotto i piedi: sarà necessario il tempestivo (e anche un po’ scontato) intervento della saggezza fatta persona, Richard, a stabilizzare il cammino della Bailey. A fine giornata, dinanzi a quei dottori che hanno provato l’impossibile per salvare la vita di Jade, gli stessi che aveva rimproverato affinché riuscissero a fare ciò che le persone comuni non riescono a fare, ha imparato finalmente a chinare la testa, e non in segno di resa e di sconfitta, ma di umiltà: “domani sarò migliore”, conclude senza bisogno che altro venga aggiunto.
Ma di giunonico non c’è solo l’aspetto di Jade. In tutto ciò che succede, imponente e senza limiti si staglia sullo sfondo del Grey-Sloan memorial, Meredith, pacata, calma, imperturbabile. E noi qui, che ci aspettiamo di vederla crollare, da un momento all’altro. Ma se c’è qualcosa che Grey’s non può evitare, è l’inesorabile caduta nel dimenticatoio di chiunque abbia attraversato il set e sia poi dovuto andare via per qualche motivo.
Una magra consolazione per chi ancora non c’ha fatto il callo con la scomparsa di Derek. La stessa Bailey, alla fine, confesserà spudoratamente che l’ancora di salvezza di tutti questi anni è stata proprio lei, Meredith, la calma al centro dell’uragano, nominandola per questo capo di chirurgia generale.
Nella mischia dei quaranta minuti vengono buttate anche le coppie Japril, Calzona ed Owen e Amelia, che sono diventati talmente da contorno da non riuscire nemmeno a meritare un nomignolo carino. April e Arizona sono le due donne che camminano a testa alta, la prima intenta a salvare a qualunque costo il proprio matrimonio in dirittura d’arrivo, la seconda decisa fermamente ad andare oltre, ed ad accettare le cose per quelle che sono, come il fatto che Callie abbia incontrato un’altra donna.
Owen e Amelia fluttuano liberamente, invece, in una storia senza senso apparente, anzi, in una non-storia: ero rimasta a quando i due si erano ripresi con il ritorno di Owen a Seattle, ma evidentemente, nel tragitto, mi sono persa passaggi fondamentali. Penso di parlare a nome di tutti dicendo che sarebbe interessante vedere un po’ di stabilità tra di loro, se non altro per Owen, povera anima sempre alla ricerca di donne problematiche.
Insomma, a me questa dodicesima stagione non dispiace. Sarà che sono un’inguaribile nostalgica e non smetterei mai di guardarlo, ma sento che Grey’s può darci ancora tanto. Sento che Meredith può ancora farci piangere, e ridere, spaventarci e consolarci, suggerirci e riprenderci, ammonirci e giustificarci. Meredith può ancora essere la Meredith di una volta.
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