
Estate con Telefilm Central: 5 documentari da recuperare
Per questo appuntamento con la rubrica Estate con Telefilm Central, abbiamo cinque documentari molto affascinanti, accomunati dal fatto di stimolare lo spettatore ad andare più in profondità, ad interrogarsi e confrontarsi con la propria realtà e quella straordinaria e diversa di altre persone. Tutti e cinque i documentari sono disponibili su Netflix.
Ecco i 5 documentari che abbiamo scelto di consigliarti
My Beautiful Broken Brain
Lotje, a 34 anni viene colpita da un emorragia celebrale che danneggia profondamente le sue capacità linguistiche (difficoltà nel leggere e nello scrivere e anche nell’esprimersi) e la sua percezione del tempo e dello spazio. Avendo lavorato in una casa di produzione digitale, Lotje decide di affrontare questa tragedia attraverso dei brevi video, documentando con tenacia e speranza la sua lotta per riacquistare una sorta di normalità. Il documentario prova a trasformare in immagini e suoni lo spaesamento della protagonista, ma sono i suo video personali a rendere pienamente tutta la sua frustrazione e allo stesso tempo la sua meraviglia davanti alla sua vita totalmente sconvolta. Ispirata anche da David Lynch, Lotje imparerà a non definirsi soltanto in base ai suoi limiti ma, come il suo cervello che lentamente si rigenera, scoprirà nuovi percorsi. Affascinante, stimolante e mai forzatamente drammatico.
Minimalism
O il documentario delle cose importanti. Il desiderio di possedere oggetti e un maggiore benessere economico è ciò che guida la vita di moltissime persone, che basano su di esso la propria felicità. Se siamo stati bravi ci premiamo con degli acquisti, se ci sentiamo depressi compriamo qualcosa per consolarci, se già abbiamo tanto siamo certi che avendo di più potremo essere ancora più felici. Ma è davvero così? C’è davvero un traguardo di benessere economico e materiale dietro al quale si nasconde la vera felicità? Su questo si interrogano i creatori del documentario esaminando i meccanismi insiti nella società moderna che ci spingono a volere sempre di più e presentando l’esempio di molte persone che, decidendo di liberarsi del superfluo, hanno finalmente trovato la serenità. Ha davvero senso lavorare tutto il giorno per permetterci cose di cui non abbiamo bisogno, ma che ci fanno dimenticare una lavoro che non ci piace?
Il documentario non suggerisce certo di gettare via ogni cosa e dedicarsi all’eremitaggio, quanto di capire l’influenza che la moderna cultura consumista ha su di noi, rompendone i meccanismi e cercando una vita più consapevole e più rispettosa dell’ambiente che ci circonda.
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The Birth of Saké
The Birth of Sake è uno dei documentari che vi consigliamo, se vi è piaciuto Jiro Dreams of Sushi e se siete affascinati dalla cultura giapponese. Vi avverto subito, è lento. Lento e regolare come la vita degli uomini che lavorano in una delle ultime distillerie di saké tradizionali. Una dedizione totale che dura per sei mesi, il tempo di creare il saké attraverso fasi delicate che richiedono esperienza e perizia maturate in anni e anni di lavoro. I giorni di riposo sono solo una manciata e al sake va dedicata una cura maniacale che dura non solo tutta la giornata ma anche la notte. Una sorta di vita di clausura che tra i lavoratori forgia legami indissolubili e un grandissimo orgoglio. Uno sguardo su una vita che a noi occidentali può sembrare totalmente aliena e quasi inumana, ma che mostra semplicemente un modo diverso di vivere fatto di cura e pazienza.
The True Cost
Qual è il costo dei vestiti che indossiamo? La catene di moda che ci stanno invadendo li offrono ormai a prezzi sempre più scontati in una lotta spietata al ribasso. Le collezioni che un tempo erano quattro per anno, sono diventate 52. Praticamente una a settimana. Stare dietro alla moda è diventata una corsa, una corsa ad impossessarsi dell’ultimissimo trend che tra un mese sarà già passato. Così i vestiti si accumulano negli armadi, indossati magari una volta sola, per poi essere buttati senza rimpianti. Il documentario analizza con una certa brutalità la psicologia che si nasconde dietro a questo consumismo sfrenato, mostrandone i dannosi risultati, partendo dallo sfruttamento dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo, ai danni all’ambiente e alle comunità, causati da una produzione scellerata e dalla creazione massiccia di rifiuti tessili. Un ritratto di una folle catena distruttiva che vi darà una bella scossa e vi farà venir voglia di strapparvi i vestiti di dosso.
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Miss Representation

Questo documentario tratteggia uno scenario inquietante: come i media, in maniera anche subdola, negli anni abbiano plasmato un’immagine distorta della donna, definita prevalentemente dall’aspetto fisico e dalla sua sessualità. Mentre le donne in posizioni di potere vengono sistematicamente sminuite e presentate come poco attraenti e frigide e viene invece esaltata una figura femminile a servizio dei desideri maschili, i media rovinano le aspirazioni delle ragazzine rendendole insicure in quanto costantemente giudicate per il loro aspetto e non per il loro reale valore. Il quadro è davvero deprimente, ma il documentario racconta anche le storie di molte donne appassionate e decise a lottare per cambiare le cose tanto che a fine documentario rimane con un senso di ottimismo e di voglia di opporsi a tali meccanismi.
Dagli stessi produttori consiglio anche The Mask you live in, che affronta la questione dal punto di vista maschile, analizzando i messaggi negativi che influenzano gli uomini e soprattutto lo sviluppo dei ragazzi, che vengono incitati ad essere sempre forti e competitivi. Il nascondere le proprie emozioni ed una naturale sensibilità in una costante repressione porta i ragazzi a comportamenti aggressivi, depressioni e, in casi estremi, ad atti di violenza efferata. Due documentari che, pur parlando di società americana, aiutano a gettare uno sguardo oltre la superficie della realtà che ci circonda e ci incitano a provare a cambiarla.