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Doppio schermo – A proposito di Davis: la recensione (negativa)

Insulso. Noioso. Piatto. Ma visto che si tratta comunque dei fratelli Coen, di cui il sottoscritto è fan dai tempi di Fargo, è doveroso argomentare e non ridurre tutto a quelle poche parole, seppur adatte a questo A proposito di Davis.

Intanto è fondamentale capire che siamo in presenza di un film, in cui è necessario curare non solo ciò che viene raccontato ma anche come viene fatto. Ebbene, i Coen sono da sempre maestri assoluti del “come”, preferendo spesso storie semplici ed essenziali ma trasposte sullo schermo in maniera graffiante, surreale e ricchissima di dettagli geniali, creando così un vero e proprio stile che purtroppo in questo A proposito di Davis si fatica, e molto, a riconoscere. cannes-3

La trama è semplice. Un cantante di musica folk squattrinato, Llewin Davis (il monoespressivo Oscar Isaac), dopo aver assaporato un breve successo, cade nel dimenticatoio quando il suo partner decide di suicidarsi, e si riduce a sbarcare il lunario in un piccolo locale del Greenwich degli anni ’60. Il suo vivere di stenti, elemosinando qua e là divani su cui dormire, lo porterà a decidere, come “ultima spiaggia” prima di rassegnarsi definitivamente ad una vita da mediocre, di compiere un viaggio verso Chicago per incontrare un noto produttore.

Tutto sommato la storia è carina, ha un filo logico e la sceneggiatura ha qualche discreta “buona intenzione”, che però resta tale senza mai diventare pienamente efficace. Ma è nei personaggi che si trova la delusione più grande! Il “perdente” Llewin Davis non ha alcun appeal, è piatto e insulso e a dire il vero potrebbe anche essere una scelta valida se fosse poi però sostenuto da una sceneggiatura frizzante e variegata. Certo la tipologia di personaggio non è nuova per i Coen e non può che riportarne alla mente altri diventati epici. Su tutti il Drugo de Il Grande Lebowsky, diventato leggenda per la sua vestaglia, per il “white-russian”, per il mozzicone di cicca, per il suo traccheggiare da perenne stordito, per il suo modo di parlare, per la faccia, per la chioma, per i suoi sogni! Stesso discorso per il perdente Jerry Lundegaard di Fargo, timido, impacciato, chiacchierone, bugiardo, incapace, fallito, rassegnato, pentito! Sono entrati nella storia del cinema perché i Coen li hanno raccontati! In maniera completa, straordinaria ed efficace come solo loro sanno fare. Di Llewin Davis, così come degli altri personaggi, non vediamo nulla, rimangono “vuoti” e lo spettatore non può certo esserne coinvolto.

Ma come detto, se l’intento era mantenere la storia semplice e i protagonisti piatti e insulsi come effettivamente sono (non si scappa, ragazzi!) allora almeno qualcos’altro avrebbe dovuto fare da contraltare, o il ritmo, o i dialoghi o le atmosfere o le intuizioni o la struttura narrativa. Insomma, qualcosa! E invece tutto ha lo stesso misero sapore e i significati nascosti, qualora ce ne fossero, si possono solo dedurre o ipotizzare con una buona dose di fantasia.

42-Inside-Llewyn-DavisE per uscire dal grigiore imperante non può certo bastare la già stravista circolarità del racconto, o qualche “metaforetta” banalotta e deboluccia buttata qua e là, come quella del gatto che scappa di casa e poi ritorna come il protagonista, o quella inflazionatissima del viaggio fisico/viaggio interiore per raggiungere un produttore che lo liquiderà frettolosamente con 3 parole in croce, dimostrando così (forse) la superficialità e (penso) la fragilità del “sogno” americano.

Sì, qualcosina c’è. Ma tutto qui? Davvero?

Persino John Goodman, solitamente epico con i fratelli di Minneapolis, riesce a passare inosservato in questo film, annegato da qualche battuta mal riuscita e privato persino della sua straordinaria vena “grottesca” di lebowskiana memoria; infatti il viaggio che compie insieme al protagonista non può che richiamare alla mente i momenti in auto di Goodman-Walter con Drugo, in un confronto decisamente impari.

Non una risata, non un sospiro, non una riflessione…nulla. Piatto. A tratti fastidioso, a dire il vero.Proprio come le canzoni, seppur piacevoli e rese bene sullo schermo, ma decisamente troppe!E come dice il protagonista del film “se non è nuova e non invecchia mai allora è una canzone folk”. Non c’entra nulla in questa recensione, ma chissà che magari qualcuno non trovi geniale pure questo.

Doppio schermo – A proposito di Davis: la recensione (positiva)

A proposito di Davis

Demoralizzante

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13 Commenti

  1. Noioso (direi più “lento!!”), probabile.
    Piatto, ma anche no.
    Insulso? Beh, imbarazzante. Non il film, ma quello che c’è scritto che in questa -pseudo- recensione.

    Partiamo da quel “fan dai tempi di Fargo”, che dimostra il salto a piè pari fatto su buoni film come Arizona Junior, Blood Simple e Mister Hula Hoop e su capolavori assoluti quali Crocevia della morte e Barton Fink.
    Già da quel “fan dai tempi di Fargo” ho iniziato a pensare che sarebbe stato meglio non continuare la lettura della recensione, ma ho sperato in qualcosa di più intelligente nelle righe seguenti, che non è arrivato. Solo concetti “piatti e insulsi”.

    Parliamo dei personaggi.
    Llewyn non è nuovo nel cinema dei Coen, ma trovare analogie col Drugo Lebowski o con Jerry di Fargo è qualcosa di completamente fuori da ogni logica.
    Se Jerry fa tutto in funzione dei soldi (che a Llewyn non interessano minimamente, come dimostra la sua volontà ferrea di non svendersi e di non scendere a patto con i discografici), il Drugo basa la sua vita sull’ozio e sullo spirito del “tanto quel che succede succede”, che è proprio il contrario di Llewyn, che lotta per riuscire ad ottenere quello che vuole, che si fa domande sulla sua vita e sulla sua inutilità.
    Llewyn Davis è un personaggio che non vive la vita, ma che si lascia vivere. Sotto questo aspetto, e solo sotto questo aspetto, lo si può avvicinare forse al barbiere de L’uomo che non c’era, ma non certo ai due personaggi da te citati.

    Detto questo, trovo sia assolutamente inutile cercare di trovare i pregi in una sceneggiatura senza una minima sbavatura o in una regia che è forse la migliore in assoluto nella cinematografia dei due registi, per non dire una delle migliori che il cinema ricordi.
    Quando si legge “non una riflessione”, forse è giusto evitare qualsiasi commento a questa -pseudo- (come dicevo prima) recensione. Dico che forse è giusto, o forse no, forse bisogna dire la propria, ed è per questo che sto scrivendo queste righe. Forse per consigliarti di riguardare il film, cercare di capire tutto quello che vuole dire, e poi riflettere, su tutto quello che il film vuole analizzare, e cogliere almeno un paio degli spunti di riflessione che il film lancia allo spettatore in modo anche fin troppo diretto.

  2. Punti di vista naturalmente.”Insulso” significa “privo di vivacità” secondo il vocabolario Treccani (…mi fido…) e confermo sia un termine proprio adeguato per il film. Noioso o lento mi sembra questione di “lana caprina”.Sperare in qualcosa di più “intelligente”…mmm…un pò fortino e francamente supponente.Ma ti ringrazio per avermi edotto (…Treccani anche qui…quante ne sanno?) sulla filmografia precedente a Fargo, ma essere ” fan” da Fargo, significa che ho inziato ad amare i Coen da quel momento, perchè gli altri film non mi avevano fatto poi così impazzire, per quanto ottimi lavori.Questioni di gusti no? Che ti devo dire…forse ero troppo giovane!Se provi a rileggere bene, magari in maniera un pò meno prevenuta e da “ultras”, ti accorgerai che non parlo mai di “analogie”, ma di riportare alla mente che è diverso:il primo termine paragona, mentre nella recensione cerco un semplice “richiamo” per sottolineare il fatto che non hanno minimamente descritto nè caratterizzato i personaggi, cosa che solitamente i Coen fanno sempre e alla grande!Ma questo lo saprai meglio di me, e capire che Drugo sia completamente diverso da Davis, beh francamente non ci vuole un gran genio!Ma accetto volentieri il tuo consiglio: riguarderò il film, così almeno proverò a cogliere un pò di spunti per riflettere.Ma magari tu rileggi la recensione (eh..sì…non è nè pseudo nè altro..è una recensione!) e ti accorgerai che ciò che è scritto non è poi così “piatto e insulso”, ma probabilmente è solo un punto di vista diverso dal tuo.E dalla maniera poco “elegante”, e francamente a tratti un tantino offensiva, con cui l’hai commentata, mi fa decisamente piacere.

  3. Innanzitutto grazie della tua risposta. Spesso chi si avventura in recensioni, poi, non è aperto al dialogo.

    Insulso, secondo il dizionario Hoepli (ma credo anche Treccani eh) significa anche “sciocco, inconcludente” (inappropriato per questo film), dunque dato che la lingua italiana è tra le più vaste del globo, cerchiamo di spiegare bene il proprio punto di vista senza arenarci su un semplice aggettivo facilmente fraintendibile.
    Quindi leggere che un film è insulso (quindi sciocco e inconcludente), soprattutto se di due menti geniali come i Coen, l’ho trovato un tantino offensivo e sicuramente poco intelligente, anche alla luce delle argomentazioni espresse in seguito. Dunque non sono stato per nulla maleducato, e neanche “fortino e supponente”.
    Punti di vista e gusti, su questo non ci piove, ma quando qualcuno, vedendo il povero Llewyn, torna a pensare al Drugo beh… qualcosa non va, o almeno non torna.
    Soprattutto se si parla di caratterizzazione dei personaggi. Non mi va di star qua a spiegarti che in Inside Llewyn Davis c’è una chiara, chiarissima, cristallina scelta di far vedere e di caratterizzare UN solo personaggio e di lasciare TUTTI gli altri a fare i caratteristi, i secondari, che hanno TUTTI lo stesso peso. Perchè il film è tutto Llewyn. Qui non abbiamo gli amici del drugo, e non abbiamo i compagni di viaggio di Ulysses, e non abbiamo neanche gli sciagurati protagonisti di Burn after reading. Qui abbiamo uno e un solo personaggio, volutamente. E’ una scelta. La si può apprezzare o meno, ma almeno bisogna coglierla, senza dire “e ma i personaggi non sono caratterizzati”, altrimenti si cade pesantemente e ci si fa del male.

    Si può anche continuare la discussione.
    Qualcosina c’è dici.. si? E cosa c’è? Cos’è quel qualcosina che hai trovato? Così capisco fin dove sei arrivato.
    Su Oscar Isaac sono gusti. Per te è monoespressivo, a me è piaciuto nonostante non lo reputi un grande attore. Un’associazione di critici proffessionisti che ogni anno assegna premi che fanno concorrenza agli Oscar (forse perchè assegnati da persone più competenti, chi lo sa), ha premiato questo film e questo attore come, rispettivamente, miglior film e miglior attore. Dunque si, questione di gusti e punti di vista.
    Quello che non è opinabile, ma chiaro, è il significato del film e la riflessione che i Coen cercano di far nascere nello spettatore. Però, come dicevo prima, bisogna arrivare a cogliere i messaggi, soprattutto prima di sparare.

    Un’ultima cosa, dato che scrivi dizionario alla mano, e questa cosa di esibire le proprie fonti nasconde (ma neanche tanto) un’indubbia professionalità: Treccani forse non lo dice, ma dopo il punto ci vuole lo spazio.

    Saluti.

  4. Intanto grazie per “l’indubbia professionalità”, non speravo di arrivare a tanto. Noto con piacere che non hai la mia stessa fonte/dizionario, che peraltro anche tu esibisci, e mi scuso davvero per la mancanza di spazio dopo il punto, ma con questi tablet è sempre una gran faticaccia! Mi dispiace anche non aver colto la tua apertura al dialogo che, se in maniera educata e rispettosa, da parte mia c’è totalmente altrimenti non mi esporrei nemmeno. Ancora una volta non hai letto bene, poichè definisco i Coen geniali esattamente come te, ma ciò non garantisce affatto che ogni loro lavoro lo sia , così come chi non lo definisca tale debba essere “poco intelligente” (…e non sarebbe un tantino offensivo?). Non vedo perchè il film di un genio ( o due in questo caso) non possa essere insulso, col significato di qualsivoglia vocabolario, così come lo può essere una canzone, seppur del miglior cantante del mondo! Il “qualcosina” che ho trovato è esattamente tutto ciò che hai spiegato tu e, confermo, per me è poco. E soprattutto è rappresentato in maniera troppo “piatta” e monotona. Naturalmente non per te nè per l’associazione di critici di cui, ahimè, non farò mai parte. Ne prendo atto e proverò a farmene una ragione. (Con lo spazio dopo il punto, naturalmente).

  5. La mia apertura al dialogo, ahimè lo ammetto, non c’è quando dall’altra parte vedo sentenze sparate senza la cognizione di causa.
    Non importa se definisci i Coen geniali, non è questo il punto. Il punto è che definisci insulso un film di registi che di roba insulsa non ne hanno mai fatta, e il punto esatto è che il film in questione, probabilmente, hai bisogno di rivederlo (secondo me). E, per inciso, dimostra che io ho letto molto bene (almeno quanto scrivo) e dimostra anche che tu non hai capito a pieno il mio intervento, almeno quanto (forse) non hai colto del film.

    Tutto ciò che ho spiegato io? Io, di questo film e del suo significato, non ho detto (assolutamente io non spiego) precisamente nulla, dunque mi fa un po’ strano leggere che il qualcosina che ci hai visto tu è quello che ho detto io, starebbe a significare che non ci hai visto un bel niente. E non vuol dire che non ci sia, è qui il problema.
    Comunque tutto si riduce ai miei gusti e ai tuoi gusti, e ci stanno entrambi… per carità!, ma il fatto è che non ci stanno proprio alcuni aggettivi legati a questo film. Insulso e “privo di spunti di riflessione” non lo si può dire, perchè qui non è più un gusto, è una opinione che, in quanto tale, opinabile. Dunque io la discuto, ed è proprio per questo motivo che ti consiglio di vederlo e di cercare di capirlo, e poi provare a dire che rimane debole, ma non che sia insulso e che non abbia niente da dire, altrimenti posso barricarmi anche io dietro “eh, ma questa è la mia opinione” e dire che Jerry Calà ha lasciato nel cinema un’impronta più grande e profonda di Kurosawa, ma sappiamo entrambi (e qualsiasi essere vivente pensante) che questa opinione è molto più che semplicemente discutibile.

  6. …che poi tutto sommato…anche Jerry Calà! Scherzo naturalmente Kicco! voglio stemperare una discussione che potrebbe davvero andare avanti fino al prossimo capolavoro dei nostri amati fratelloni di Minneapolis. Rivedrò sicuramente il film, ci mancherebbe, così come faccio quasi regolarmente coi suoi predecessori. Mi auguro davvero di ricredermi e se dovesse succedere non esiterò a “smentirmi” senza pietà! Grazie invece, e senza alcuna ironia, per aver consultato il sito e “discusso”, perchè in fondo è ciò che restituisce significato al tempo dedicato a scrivere recensioni. E, a volte, anche agli stessi film.

  7. Volendo inserirmi nella discussione (anche se in parte un parere l’ho già espresso nella versione positiva della recensione scritta da Bibiana) io mi ritrovo più vicino alle posizioni di Max, nonostante gli ottimi spunti di critica favorevole portati da Bibiana nell’altro pezzo ed anch’io mi catalogo tra coloro che apprezzano i Coen. Il film non mi è piaciuto per diversi motivi: l’assenza di trama o, come detto da Kikko, la trama portata ad un estremo di semplicità, smorza il film, perché la mancanza di una vera e propria storia, secondo me, conduce a diversi momenti di stanca e ripetitività. Anch’io oltretutto non ho apprezzato molto la performance di Isaac, ma spesso le prestazioni sono figlie dello script. Le tematiche affrontate, inoltre, non dicono non siano importanti (e plaudo agli ottimi spunti) ma oltre agli spunti serve anche uno sviluppo. Cosa cerca il protagonista? Come saggiamente dice Bibiana, un artista non fa l’artista, ma è artista, e quindi non può smettere di esserlo a costo di ogni sacrificio, fino ad accettare il vivere al di fuori delle regole sociali pur di rimanere coerente a se stesso (e forse io qui trovo un paragone con il Drugo, che non era solo indolente, ma filosoficamente gioiva della sua vita, pur priva di molte cose, per essere coerente con se stesso). Ma Davis non è felice, non è soddisfatto, anzi, rinuncerebbe a tutto se la sfortuna non lo fermasse da andare in marina. Davis è un debole, un irresponsabile, un egoista e soffre della sua sfortuna. Quindi qual’è lo sviluppo del tema, dello spunto? Non vedo una traiettoria, un qualcosa che i Coen volessero comunicare, o quantomeno, lo hanno fatto non troppo bene. Ultima considerazione, la qualità dei dialoghi non mi ha soddisfatto, perché tanti, specie nella parte on the road, mi sembravano palesemente eccessivi.
    Queste le mie ragioni di scarso gradimento di un film dei Coen che comunque continuo a stimare. Ma sono sempre questione di gusti e approcci differenti. D’altronde il sito ha voluto fare due recensioni “opposte” proprio per le divisioni, o diverse visioni, che questo film si porta dentro e dietro.

  8. Questi sono i commenti che vanno a prendere la mia apertura al dialogo!
    Come criticare un film in modo sensato e appropriato.

    Allora Billy, premetto che la recensione di Bibiana, per quanto non la condivida a pieno, è davvero ottima.
    Leggo, come confermato anche nella recensione di Bibiana, che questo film è senza trama. Non sono d’accordo, ha una struttura circolare (non nuova ai Coen), ma questo non vuol dire non avere trama.
    Sarà una trama povera, ma c’è.
    Il film si concentra su altro, tutt’altro.
    Tralasciando l’analisi di una regia eccezionale e altamente simbolica, avventuriamoci più che altro nell’interpretazione dei temi e dei messaggi di questa pellicola.

    Il film parla di Llewyn, un musicista americano degli anni ’60. Il film parla di un uomo, un uomo comune degli anni ’60, per entrare più nello specifico. (Paradossale come un uomo comune è più specifico di un uomo con un nome e un cognome, ma questi sono i Coen.)
    Il personaggio di Llewyn è molto caratterizzato, e ci lascia sempre in bilico. Facciamo il tifo per lui? Non lo facciamo? Ama la musica, e probabilmente è l’unica cosa che sa fare. Non gli importa nient’altro, solo fare ciò che lo fa sentire a suo agio. Ha pochi soldi, ma non si sottrae ad adempiere ai suoi obblighi, prendendosi cura dei problemi che causa agli altri e non venendo mai meno alle sue responsabilità. Questo ci dimostra come Llewyn non è per niente un irresponsabile, come chi non ha colto a pieno il film sostiene, ma è piuttosto un personaggio disinteressato che, come dicevo, si lascia vivere. Oltre alla sua musica non c’è altro nella sua vita, e lui non vuole altro.
    La musica è chiaramente il pretesto dei Coen. La musica per Llewyn il musicista, ma in realtà è l’obiettivo di una vita per un uomo normale.
    Allora il nostro… beh, sfida la vita. Ne uscirà perdente. Perchè? Semplice, perchè la vita succede. Il tema forse più ricorrente nel cinema dei Coen, esasperato nell’altro grande A serious man.
    La vita arriva, travolge, e non importa chi sei tu, i tuoi sforzi, i tuoi talenti, il tuo sudore e il tuo sacrificio. Va o non va. A Llewyn non è andata. Si è sempre lasciato vivere, e quando ha provato a giocare sul serio ha perso.

    Inizia il suo viaggio, canta di qua e canta di là, dimostra di avere più talento degli altri, ma servirà a poco. Destino? Fortuna? No, la vita.
    Legandomi a ciò che dici, Billy, non sono d’accordo quando hai tirato in ballo il Drugo.
    Lebowski non gioisce affatto della sua vita. Lebowski (riporto testuale) “la prende come viene”, perchè è così che bisogna fare. E infatti, tra i personaggi coeniani che dovranno battagliare con le circostanze che la vita ti porta, il Drugo è l’unico a uscirne vincitore. Perchè il Drugo è l’unico che capisce come vivere la vita.
    Il barbiere, quando sceglie di dare una svolta alla sua vita, inizia a cadere, e finirà col morire.
    Llewelyn Moss di Non è un paese per vecchi si improvvisa avventuriero e lotta con tutto se stesso per far fronte a un esercito di criminali. Lui morirà in un modo peggiore rispetto a quello del barbiere: i Coen non ce lo mostrano neanche, da quanto è ininfluente il suo sforzo nei confronti dell’uragano della vita.
    Tornado che si abbatte inesorabile anche su Larry Gopnik di A serious man, al quale non servono a nulla i consigli di tre rabbini, perchè anche lui viene travolto nel tentativo disperato di cambiare la sua condizione. E Jerry di Fargo? Finisce arrestato, senza pietà.
    E Llewyn Davis? Non risolve assolutamente niente. Ottiene perfino l’ennesimo rifiuto pure dal padre. Anzi, qualcosa ottiene, un paio di pugni e qualche calcio.
    E il film si chiude con quell’esibizione di un cantante ricciolino, nello stesso locale, che non strappa più consensi di quelli di Llewyn e che, anzi, sembra al suo stesso livello.
    Ma a lui la vita andrà diversamente.

    L’insegnamento della filosofia dei Coen, lo sviluppo del tema, la traiettoria dei Coen è proprio questa: “the universe is indifferent” (come direbbe Don Draper).
    I Coen, con questo film, tornano a insegnarci, a spiegarci, come la vita va vissuta in modo leale ma semplice, come dobbiamo sempre prenderla come viene, come dobbiamo sempre accettare la nostra condizione in modo pacifico, fare sempre del nostro meglio al massimo delle nostre possibilità, ma non cercare di stravolgere la nostra vita, perchè nessuno verrà a darci una mano solo perchè abbiamo, come dei pazzi, tentato. Se esci di carreggiata finisci soltanto per schiantarti, non c’è modo di rientrare.
    Può essere una visione pessimistica, ma dal mio punto di vista è solo ottimismo puro. Arrivare ad accettarci è il massimo a cui l’uomo può aspirare per raggiungere una vera stabilità.

    I dialoghi? Si, sicuramente non i migliori dei Coen. Ma questo è un film che parla, come dicevo, per simboli e immagini, dove i dialoghi sono il contorno.
    I corridoi stretti, quasi irreali e onirici, che vedono sempre Llewyn stringersi fino a giungere a due porte, entrambe rigorosamente chiuse.
    Le luci basse che, quando è sul palco, illuminano sempre metà del suo viso.
    Ambienti cupi, fumosi, colori freddi.
    E il gatto. Il gatto che torna a casa ma non come Llewyn, caro Max. Il gatto che torna a casa dalla sua famiglia, dalla quale era scappato sgattaiolando fuori dalla porta. Il gatto torna a casa da vincente, per restare, perchè ha imparato la lezione. Non come Llewyn, che ha sfidato la vita e ha perso. Che torna a casa da quella che forse è la sua vera famiglia, da persone che sono pronte a perdonarlo e a volergli bene. E lui, di nuovo, inesorabilmente, è pronto a sgattaiolare fuori, in silenzio. Da solo.
    Sono queste le immagini che i Coen usano per veicolare il loro, condivisibile o no, pensiero sul mondo dell’uomo qualunque che finirà sconfitto.

    Dunque è un film che fa altamente riflettere. Lo si può condividere o meno, ma sicuramente non è insulso e sicuramente ne ha di cose da dire.
    Non deve mica piacere a tutti e per forza, ma una seconda (o terza) visione non sarà sicuramente buttata.

  9. Quindi se non ho letto male: “noioso (direi più lento”) probabile”, “la trama è povera”, “i dialoghi non sono dei migliori”, Oscar Isaac “mi è piaciuto, nonostante non lo consideri un grande attore”, quindi il film è un capolavoro? Non capisco.
    Mancano già alcuni elementi discretamente importanti per un film, figuriamoci per un capolavoro.
    Dici che non si può tirare in ballo Drugo perchè lui “la prende come viene”, e poi più sotto che i Coen in questo film “tornano a insegnarci come la vita bisogna prenderla come viene”. Di nuovo, non capisco.
    Si è scelto di “caratterizzare un solo personaggio…e lasciare TUTTI gli altri a fare i caratteristi, secondari,…”? Ma spero bene che sia stata una scelta, altrimenti sarebbe stata davvero una catastrofe, e ho l’impressione che se l’avesse fatto un “registuncolo” sconosciuto sarebbe stata poco apprezzata e tacciata di superficialità! In ogni caso io critico soprattutto il COME, e cioè ciò che VEDO (…è un film d’altronde!) e le emozioni che mi crea. Ho un approccio più di “pancia” che di “testa”. Llewyn sarebbe caratterizzato? Forse la parte “interiore” e comunque, per me, rappresentata in maniera troppo “molle”, tranne in pochi momenti. Ripeto, monoespressivo, monovestito, mono-tono e personalmente è una scelta che, seppur voluta, non mi piace e mi ha annoiato. Non mi ha fatto tifare nè per lui, nè contro di lui, non mi ha incuriosito nè mi ha creato alcun interesse, anzi, meno lo vedevo e meglio stavo. Ripeto, se l’intento era questo, allora “chapeau!”. Ma ho i miei dubbi. I miei richiami a Drugo e Jerry erano proprio per questo. LORO erano caratterizzati, non Davis! E ancora, Donnie era o no un personaggio secondario “volutamente per nulla caratterizzato” proprio come l’ospite in casa di Timberlake o come il tipo in macchina con Goodman? L’uomo che aspetta fuori dal locale, seppur diversissimo, può richiamare o no l’uomo coi baffi in Big Lebowsky ( che tra l’altro anch’esso apre e chiude il film)? È così difficile capire la differenza di “forza” scenica, visiva e d’impatto sullo spettatore tra gli uni e gli altri? Non capisco, nuovamente.
    E ancora sui “significati”. Dici che “il gatto torna a casa per restare”, ma ho avuto l’impressione che il gatto se ne sbattesse beatamente e se non l’avesse fermato Llewyn (a questo punto immagino ci sia un significato anche dietro a questo…) sarebbe uscito tranquillamente di casa un’altra volta! Andiamo….solo perchè sono i Coen, non cerchiamo di trovare volutamente significati dove non ci sono o se ci sono non si vedono, o se si vedono possono essere colte solo dopo una fantasiosa, quindi opinabilissima e dove in teoria “vale tutto”, interpretazione personale! A meno che non esista un “manualetto” in cui i Coen stessi (ma loro in prima persona, non qualche critico superesperto…) spieghino i 1000 significati del film anche per “noi” poveri mortali cerebralmente normodotati! E che probabilmente, come me, non capiscono. Pur avendone capiti tranquillamente molti altri prima di questo.

  10. Pensavo che avessi intenzione di chiudere la polemica.
    Confermo: hai letto male.
    Allora, dato che non capisci e ne se cosciente, ora proverò a spiegarti, nonostante non mi piace fare il maestrino, ma con chi proprio non ci arriva…

    “Noioso, probabile” si, sarebbe una mancanza per la quale il film non può essere definito capolavoro.
    Ma noioso l’hai detto tu, io ho detto “lento”. Si, probabilmente è lento, ma questo è un difetto? E’ un difetto per un certo tipo di pubblico, ma l’essere lento non è un difetto. Quanti grandi film lo sono? No, non mi va di elencarli.
    La trama è povera. L’ho detto, ma se ti sforzassi di andare giusto un filino oltre (ma proprio una riga eh), potresti notare che ho detto anche: “Il film si concentra su altro, tutt’altro.”
    La trama non è fondamentale, se altri elementi sono eccellenti e se il film non si basa sulla trama. E anche qui, vogliamo prendere qualche film come esempio? Naah, sono sicuro che lo puoi prendere anche tu, magari sul Treccani.
    “I dialoghi non sono i migliori dei Coen” (diverso da: “i dialoghi non sono dei migliori”), ma anche qui: “Ma questo è un film che parla, come dicevo, per simboli e immagini, dove i dialoghi sono il contorno.”
    Oscar Isaac non mi piace come attore, ma in questo film mi è piaciuto. Capisci la differenza? Ho forse detto che ha recitato male, o che non mi piace come attore nel complesso?
    E, la cosa più importante: quando avrei detto che questo film è un capolavoro? No perchè io non l’ho fatto, dunque il tuo maldestro intervento va palesemente a vuoto.

    Ma continuiamo, le cose che non hai capito non si fermano certo qui.

    “Dici che non si può tirare in ballo Drugo perchè lui “la prende come viene”, e poi più sotto che i Coen in questo film “tornano a insegnarci come la vita bisogna prenderla come viene”. Di nuovo, non capisco.”

    Lascia che ti spieghi, dato che non capisci nuovamente, nonostante l’abbia già specificato:
    Non c’è un paragone possibile tra Llewyn e il Drugo.
    Al massimo c’è un paragone tra i due film, non tra i due personaggi. Tra il significato di entrambi i film.
    Il Drugo è un vincente, Llewyn è un perdente.
    I Coen ci insegnano a prendere la vita come viene, con questo film, perchè Llewyn non lo fa e perde. Non certo perchè Llewyn ricorda il Drugo.

    I personaggi, ripeto: è una scelta.
    L’avesse fatto un altro regista magari sarebbe stato ucciso dalla critica? Magari si, magari no, ma che discorsi sono? I Coen l’hanno fatto e l’hanno saputo fare. Cosa serve prendere altri possibili registi? Il film, dopotutto, si chiama Inside Llewyn Davis, non Inside Llewyn Davis & Co.
    A te non è piaciuta la scelta, ma i personaggi secondari non è che sono poco caratterizzati per deficit di scrittura, dunque tu puoi anche prendere questo punto e annotarlo sotto la voce “difetti”, sbagliando di grosso.

    Ah già, com’è che era? “i protagonisti piatti e insulsi come effettivamente sono (non si scappa, ragazzi!)”
    Non si scappa hai aggiunto. I protagonisti? E quanti sono? Intendevi il protagonista, forse.
    Veniamo al protagonista:

    Llewyn non è caratterizzato? Certo, è monovestito e monoespressivo. Si perchè se ci fosse stato Leonardo DiCaprio, ad interpretarlo, allora usciva un personaggio più caratterizzato perchè l’attore non è monoespressivo.
    Monovestito? Questa è bella. Tralasciando il fatto che non credo proprio che vediamo Llewyn sempre con i soliti indumenti, ti ricordo che la storia del film ha una durata di sette giorni, mi spiace che i Coen non ti abbiano fatto vedere la collezione “Inverno 1961” di Armani.
    Mi dispiace che non riesci a vedere la grande caratterizzazione di Llewyn, eppure ce ne sono di gesti che ce la mostrano in modo così semplice. Non so, a memoria e in ordine sparso:
    Non va a vedere il figlio che scopre di avere; è pronto a pagare per l’aborto (come ha già fatto) nonostante sia al verde; non scende a compromessi con i discografici; famiglia difficile; amico e partner di scena morto suicida; “fratello stupido di Re Mida”; rabbioso e solitario; si porta dietro il gatto per un senso di responsabilità ma poi molla e lo abbandona, e tante altre cosa. Insomma, credo che sia del tutto caratterizzato.
    Ah, e sul gatto, lascia che ti spieghi il significato nascosto (solo per qualcuno, ovviamente) che non hai colto:
    Certo, il gatto è pronto a scappare nuovamente (è pur sempre un gatto) ma non lo fa perchè Llewyn lo ferma. Perchè (attento perchè è un’altra sfaccettatura del carattere di Llewyn quella che stai per leggere) ha capito come dovrebbe essere vissuta la vita, e infatti impedisce al gatto di uscire nuovamente per perdersi, ma non lo impedisce a se stesso. Scappa ancora fuori, da solo, e guadagnerà un paio di calci.
    Dunque il gatto non scappa e Llewyn si. Il gatto è un vincente e Llewyn è un perdente. Ma attenzione che torna di nuovo la filosofia Coen: il gatto non scappa non per merito suo, semplicemente perchè gli va così, perchè la vita arriva e fa. Il gatto si salva da un nuovo smarrimento perchè a lui è andata bene. Destino? Fortuna? No, la vita.

    Non è questione di essere cerebralmente normodotati. E’ questione di approccio.
    La filmografia dei Coen si divide in due:
    Film leggeri e non.
    Puoi vedere di pancia un film (etto) come Prima ti sposo e poi ti rovino, e puoi anche vedere di pancia Arizona Junior o che ne so, Gambit (scritto e non diretto)… piuttosto che Ladykillers, ma se ti prepari a guardare di pancia Inside Llewyn Davis allora forse è meglio che ti prepari a vedere una schifezza “piatta, insulsa e noiosa”, poi quando scegli di accendere il cervello magari vedi lo stesso film, che è un altro film in realtà.
    E te lo dico non per essere arrogante e maleducato, te lo dico perchè è una cosa più che normale, che mi è successa con i Coen, con Fratello, dove sei?, che non mi lasciò niente alla prima visione, dato che lo vidi convinto che fosse una commediuccia, ma era il mio approccio ad essere sbagliato, non il film.

    Dunque ripeto: prova a guardare questo film di testa e non di pancia, non si sa mai.

    PS: mancano elementi importanti per un film (secondo te ovviamente), ma non accenni a quegli elementi eccellenti, tipo una regia stratosferica, una fotografia immensa, una colonna sonora tra le più belle (ah già, a te non sono piaciute le canzoni, gusti) e… vabbè, forse è meglio lasciar perdere.

  11. Caspita!Tutta “sta roba”? In due orette? Allora non capisco. Anzi, decisamente non capisco! Ripeto che vai nuovamente sul personale in maniera maleducata ed offensiva (“con chi proprio non ci arriva”…per dirne una…) ed è davvero evidente come NON ti piaccia fare “il maestrino”…eeeeh sì! Ho proseguito la “discussione” (…non la polemica) sperando in una tua meno fastidiosa saccenza (…strano tu non la veda, vista la tua abilità nel cogliere i “significati”…) evitando accuratamente riferimenti personali nei tuoi confronti, perchè credo non sia mai “elegante” (…no no, qui la collezione di Armani non c’entra, non confondere mi raccomando….) nè intelligente. Eppure, malgrado tutto, voglio sforzarmi persino per cogliere un tuo suggerimento: cambiare approccio per vedere questo film. Però sarebbe bene saperlo PRIMA di entrare in sala il tipo di approccio da avere, perchè le differenze tra Ladykillers, Prima ti sposo poi ti rovino o questo A proposito di Davis temo si possano sapere solo DOPO averli visti. E spesso non si ha nè tempo nè voglia di rivedere i film, perchè dovrebbe bastare una volta (..se non per il puro piacere di farlo…), se un film funziona! Ti incunei in precisazioni improbabili (io ho detto “noioso” e tu “probabile”…la prossima volta allora scrivi un semplice “no” per far capire che per te non lo è…sennò si può fraintendere, fidati!), non hai mai detto che è un capolavoro (…magari scrivilo la prossima volta, perchè anche per chi “non ci arriva” come me c’è il rischio di leggerlo tra le righe….), citi la Treccani a sproposito cercando chissà quale ironia completamente fuoritema, e altre cose che , come dici spesso tu, non mi va di elencare. Si nota che, come si dice, “ne sai” e probabilmente anche più di me, ma vanifichi tutto lasciandoti trasportare dalla volontà di dimostrarlo, risultando, personalmente, antipatico, a tratti ripetitivo e talvolta fuoriluogo. Sì, proprio come Llewyn! Sarà un caso? Per me può bastare così. Grazie ancora.

  12. Sono perfettamente conscio di sfociare in maleducazione e arroganza, e la cosa ancora più grave è che non lo faccio perchè sono realmente così, ma lo faccio di proposito. Lo riconosco, senza nessuna ironia, e non è assolutamente una cosa di cui vado fiero.
    Però (in realtà non c’è nessun però e nessuna giustificazione), al commento di Billy ho scritto in maniera del tutto diversa, con te invece sono stato parecchio antipatico e maleducato, per il semplice fatto che quando leggo certe cose (come già detto) sparate senza cognizione di causa, ripetute con del sarcasmo inutile, allora penso (probabilmente sbagliando) che maleducazione e arroganza sono quello che ci vuole.

    Comunque niente, sei arrivato a dire “tutta sta roba in due orette?”, forse per trovare una sorta di giustificazione al fatto che “sta roba” non l’avevi vista. Eppure c’è, eccome. Spero vivamente che alla tua prossima visione, di testa e non di pancia, tu te ne accorga. Ma non tanto perchè sentirò di aver avuto ragione (probabilmente non saprò mai la tua reazione a una seconda visione), di cui non mi importa minimamente, ma solo perchè sarebbe bello se questo grande film -non capolavoro- venga apprezzato da più persone. (Si, c’è differenza tra bel film, grande film e capolavoro.)
    Chiudo solo dicendo che, personalmente, non ho mai trovato parecchio difficile, conoscendo registi, sceneggiatori, trama, ecc ecc, capire con che occhio e con che testa va visto un film.
    Certo, a volte si prendono le cantonate (come il mio caso di Fratello, dove sei?), e anche cantonate enormi, l’importante è saperlo riconoscere. Tutto qui.

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