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The Last Panthers: Recensione dell’episodio 1.01 – Episode 1

last panthersLe pantere sono tra gli animali più feroci in natura. Felini solitari e calcolatori, cacciano le loro prede con sicurezza e determinazione e quando le trattengono tra le loro fauci le strangolano fino ad ucciderle. Ma prima di agguantarle le osservano, le annusano. E poi passano all’azione.
The Last Panthers parte da qui, ribaltando i concetti alla base della dicotomia uomo – animale che vorrebbe l’uomo capace di controllare la propria animalità grazie alla ragione, e prova, con l’evidente intento di non riuscirci, a rendere umane le storie delle bestie che racconta.  Perché non bastano due candidi camici bianchi, un secchio di vernice rosa e un timer da cucina a forma di gufo a rendere la presenza di animali così inquietanti meno paurosa.

Marsiglia in un anno qualunque del 2000, una banda di ladri svaligia un negozio di gioielli con una precisione e una tecnica che lasciano trasparire anni e anni di pratica e lavoro. Una busta piena di diamanti per un valore di 15 milioni di euro il bottino. Nonostante il piano perfetto qualcosa non funziona. Nella grande e rocambolesca fuga ci scappa il morto. Una bambina.
L’incidente segna per i tre rapinatori, capitanati dal tenebroso Milan (Goran Bogdan), l’inizio di un peregrinare che li porterà a travalicare confini reali e non alla ricerca di un compratore. Nel mentre inizieranno ad indagare sul fatto il giovane detective francese Khalil (Tahar Rahim) e Naomi (Samantha Morton), un’assicuratrice di origine serba esperta in furto di diamanti. Il primo si concentrerà inevitabilmente sull’omicidio, la seconda riuscirà in poco tempo a giungere sulle tracce dei colpevoli aiutata dal fiuto ma anche e soprattutto da un destino che la avvicina suo malgrado molto di più al lato del male che a quello del bene.

The-last-panthersNato da un’idea del criminologo e giornalista francese Jerome Pierrat e adattata per il piccolo schermo da Jack Thorne, già apprezzato in Skins, This is England e Glue, The Last Panthers è un noir crudo e tetro dal respiro profondamente europeo. Ispirata alla storia vera delle Pink Panthers, gruppo criminale originario dei Balcani passato alla storia per le sofisticate e spettacolari rapine, l’intento della serie dovrebbe essere (e usiamo il condizionale) quello di raccontare come l’avidità e la violenza muovano i passi degli uomini su strade che a volte non si vorrebbe e dovrebbe percorrere.
Questo primo episodio ci introduce in questo mondo fatto di diamanti nascosti in gola, trattative di vendita che finiscono in confessioni pericolose, indagini che scavano in passati fatti di carri armati e lacrime. La regia di Johan Renck, già dietro la macchina da presa in Breaking Bad, The Walking Dead e Vikings, regala un ritmo sostenuto e bilanciato ad una storia che si apre a diverse possibilità narrative. Perché oltre al racconto dell’indagine, questo episodio prospetta sviluppi che si intrecciano con la recente storia della Serbia inserendo nella linea temporale presente flashback che rimandano alla guerra e alle criticità che quel paese ha vissuto.

Da quel che abbiamo visto le potenzialità sono molto alte, così come i rischi. Il primo fra tutti quello di cadere nei cliché, lasciarsi sopraffare da percorsi narrativi che impattano emotivamente sul pubblico ma che renderebbero una storia fino ad ora poco raccontata nella serialità televisiva troppo simile a prodotti già visti. Insomma, non ci piacerebbe alla fine pensare a questa serie come ad una Gomorra europea.

Un ultimo, doveroso commento sulla meravigliosa sigla di apertura, firmata da uno dei più grandi musicisti che la musica abbia conosciuto, David Bowie. I titoli racchiudono nel loro minuto scarso l’atmosfera tetra e livida che regna nella serie e la voce di Bowie è la perfetta incarnazione di quel sentimento, quel tormento che evoca le atmosfere perse e dannate di un quadro di Hieronymus Bosch.

Valentina Marino

Scrivo da quando ne ho memoria. Nel mio mondo sono appena tornata dall’Isola, lavoro come copy alla Sterling Cooper Draper Price e stasera ceno a casa dei White. Ho una sorellastra che si chiama Diane Evans.

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