
The Assassination of Gianni Versace: radici e nuvole, recensione episodio 2.08
Questa settimana The Assassination of Gianni Versace vede Matt Bomer al suo esordio come regista. Dopo tanti anni l’attore, celebre volto di White Collar, ha finalmente avverato il suo sogno grazie alla fiducia di Ryan Murphy
Creator/Destroyer è un episodio estremamente lungo, più di un’ora di visione per scavare a fondo nella vite di Gianni Versace e del suo assassino Andrew Cunanan. Decisamente troppo.
A mio avviso, la poca esperienza di Matt Bomer come regista si nota tutta e la puntata è una delle più noiose e pesanti dell’intero progetto.
Il problema sta soprattutto nella solita inequa divisione delle scene e nello split inesistente del racconto. Intitolare un episodio facendo riferimento a un confronto tra due personaggi e poi dedicare una sola scena a uno e il restante episodio all’altro non è equilibrato.
È stato comunque interessante scoprire cosa si nascondesse nel passato di Andrew e poter osservare da vicino la sua crescita. Un padre violento che crede in cose sbagliate è tutto ciò che definisce l’infanzia di Andrew. Un uomo scorretto, miserabile, violento verso sua moglie e verso i suoi figli, ad eccezione di Andrew. Modesto Cunanan infatti ha un’adorazione per il più giovane dei suoi figli e gli dà tutto ciò di cui non ha bisogno, una camera da letto principesca, una macchina lussuosa e qualcosa di sbagliato per cui combattere: i soldi e il successo.
Modesto dice a Andrew che non serve essere intelligenti o buoni, bisogna integrarsi e fare di tutto per arrivare dove si vuole, anche illegalmente. Lui, agente di cambio per diverse compagnie, è infatti un vero e proprio criminale. Per anni ruba cifre enormi vendendo titoli inesistenti e quando l’FBI bussa alla sua porta è costretto a tornare a Manila, nelle Filippine, dov’è nato e cresciuto.
Attraverso il suo personaggio viene mossa una critica generale all’America e agli americani. Modesto è un filippino che è arrivato negli Stati Uniti servendo l’esercito americano e adora questo paese, ricco e pieno di opportunità. Un esaltato, che ha messo su famiglia in America per crearsi le radici che non ha. Il corpo riconosce il luogo a cui appartieni e non è vero che puoi sfondare dove non sei nato per stare. Questo è il pensiero di Modesto che in poche parole demolisce il sogno americano. L’America è una grande bugia, come lui, come molti degli ideali in cui siamo educati a credere.
Ma la verità è che sono gli ideali di Modesto ad essere sbagliati in ogni circostanza. Far credere a suo figlio di essere speciale, unico, e che il successo e la fama lo raggiungeranno per questo. È questo che determinerà la nascita di un serial killer.

Andrew frequenta la Bishop, la scuola migliore della California. È viziato, vanitoso, intelligente e già molto anticonvenzionale. Attento alla moda e alle ultime tendenze in campo musicale, frequenta già uomini adulti che gli regalano oggetti costosi. Crede di essere chi non è, ma la vita gli riserverà delle amare sorprese.
Tutto il contrario del suo idolo, Gianni Versace. Nei primi minuti dell’episodio ci troviamo in Calabria, nel 1957, dove un bambino molto timido disegna di nascosto i suoi primi bozzetti. A scuola viene additato come pervertito dalle maestre e la mentalità italiana degli anni Cinquanta di certo non aiuta. Ma un faro immenso illumina la sua vita: sua madre.
La madre di Gianni, una sarta, lo appoggia in tutto quello che fa e gli insegna che il successo arriva solo con il duro lavoro. Tante settimane, tanti mesi e tanti anni di duro lavoro possono ripagarti delle fatica di una vita intera.
Un episodio dalla morale intoccabile questo di The Assassination of Gianni Versace, ma decisamente troppo prolisso. Scontato e prevedibile, aggiunge pesantezza a pesantezza portandoci molto lontano dagli eventi che ci interessano. Senza contare la sensazione che buona parte di ciò che vediamo sia romanzata e non attinente alla realtà, largamente annacquata. Ridondanti le scene di Andrew e suo padre a Manila, opinabili le scelte degli attori che interpretano i piccoli Andrew e Versace (decisamente poco somiglianti) e troppo lenta la narrazione generale.
Un esperimento riuscito a metà insomma. Un episodio che, così avanti nella serie, risulta enfatico, anche se può sembrare apparentemente utile a capire gli eventi che hanno portato all’omicidio dello stilista nel 1997. Lo show resta comunque godibile e molto ben fatto. Resto dell’idea che uno scivolone prima dell’ultimo episodio non comprometta in nessun modo la credibilità di un intero ottimo progetto.
Per restare sempre aggiornati su American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace, con foto, news interviste e curiosità, vi consigliamo di passare per la pagina Americancrimestoryitalia. E non dimenticate di mettere like alla nostra pagina Facebook per tutte le novità su tv e cinema.