
Sully: recensione del film di Clint Eastwood con Tom Hanks
Titolo: Sully
Genere: Drammatico, biografico
Anno: 2016
Durata: 1h 36 min
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Todd Komarnicki, Chesley Sullenberger
Cast principale: Tom Hanks, Aaron Eckhart, Mike O’Malley, Anna Gunn, Valerie Mahaffey, Jamey Sheridan
Era il 15 gennaio del 2009 quando il volo US Airways 1549 fu costretto ad effettuare un ammaraggio nel fiume Hudson in seguito a un impatto con uccelli che danneggiò entrambi i motori del velivolo. A fare notizia non fu tanto l’insolita scelta della pista di atterraggio, quanto il fatto che tutti e 155 i passeggeri sopravvissero senza riportare gravi ferite. Per l’America, e soprattutto per New York, tale evenienza fu un miracolo, un riscatto speranzoso, considerato che l’ultimo aereo che la Grande Mela aveva visto così da vicino era stato quello del tragico 11 settembre.
Sully, film diretto e prodotto da Clint Eastwood, è liberamente tratto dall’autobiografia Highest Duty: My Search for What Really Matters del comandante Chesley Sullenberg, pilota del volo citato sopra. Il film effettivamente riflette lo stile biografico del libro, assumendo un tono quasi documentaristico: gli eventi sono raccontati in modo piano e semplice, senza essere conditi di un pathos eccessivo. Non c’è bisogno di infarcire il tutto con del dramma esagerato, perché le immagini sono sufficienti a comunicare il senso della pellicola.
Infatti, pur cominciando il film con le indagini su Sully, è presto chiaro come il focus principale dell’opera sia parlare di umanità e del senso che acquisisce il fare del bene ai nostri giorni. Se il comandante ha fatto dell’incredibile, è stato grazie all’esperienza di 40 anni di servizio che gli ha permesso di superare i computer e le simulazioni, riuscendo a salvare 155 persone. Tutto questo rispondendo solamente al suo senso di responsabilità e compiendo quello che per lui rappresentava il bene. Eppure la burocrazia, i sindacati e le istituzioni non si accontentarono dell’unica cosa che contava, ovvero il benessere di passeggeri ed equipaggio, ma cercarono l’errore nel capitano. Le scelte da fare potevano essere altre, non serviva finire nel fiume inquinandolo, non c’era il bisogno di distruggere l’aereo facendolo finire in acqua. Ancora una volta sono i soldi a fare la parte del leone, schifando lo spettatore: è possibile che l’uomo abbia il potere di sminuire il salvataggio di così tante persone solamente anteponendovi il denaro?
In questo movimento di ingranaggi burocratici troviamo il capitano Sully, padre di famiglia felicemente sposato che ha fatto del lavoro la sua vita. Non è un eroe perché non vuole esserlo e come tale non viene dipinto, malgrado gli appellativi che più e più volte gli vengono assegnati. Lui ha fatto il suo lavoro con responsabilità e passione, non cerca la gloria o la fama. Emblematica è la scena in cui, sotto shock per l’atterraggio, non riesce a fare altro che non sia verificare che tutti i passeggeri siano sani e salvi e solo dopo aver ricevuta la lieta novella ritorna nuovamente in sé. Degli altri personaggi non c’è molto da dire, perché coprotagonista del film è essenzialmente l’umanità della gente che traspare nel momento della difficoltà, rappresentata dall’anziano che protegge il neonato della vicina, dall’empatia del vice capitano che pur di risultare antipatico protegge il suo superiore o dal fortissimo senso di dovere delle hostess.
In questa pellicola non si vede egoismo, si vedono persone che sanno prendersi cura dell’altro, che hanno a cuore il benessere del prossimo e agiscono in modo armonioso per il bene comune. Non sappiamo se nella realtà sia andata così e, seppur tutto questo appaia molto surreale, ce lo facciamo andare bene comunque, perché per una volta la psiche umana è semplice, c’è un dualismo bene-male che permea tutto il film e termina con il trionfo del primo. Abbiamo la responsabilità contro l’interesse, ma il confronto tra i due è aperto, diretto con un esito rapido e ovvio.
Tom Hanks regala un’interpretazione bellissima, rendendo il capitano Sullenberg un uomo umile e di valore, anche nei momenti in cui le argomentazioni da lui mosse potevano farlo apparire arrogante o scontroso. Nota di merito anche alla regia di Eastwood, che ha saputo rendere le scene drammatiche al punto giusto, senza aggiungere quel pathos che avrebbe reso il film troppo carico e inutilmente pesante. Rimane impressa la scena del collasso dell’aereo contro il fiume, in cui le hostess, glaciali, indirizzano sul da farsi i passeggeri, intenti a scambiarsi gli ultimi pensieri senza apparire eccessivamente disperati, come invece si vede spesso in pellicole dal taglio più drammatico.
Sully è un film che parla dell’uomo contro un sistema piegato dal denaro, mettendo al centro di tutto le qualità della nostra specie. La pellicola vuole essere un’esaltazione dell’umanità nei suoi momenti migliori, quella fatta di sentimenti semplici e diretti e di azioni gentili e genuine. Nulla appare esagerato, nulla appare fuori luogo. Insomma se la vostra paura è di trovarvi davanti alla versione aerea del Titanic partite col piede sbagliato. Con questo film si esce dalla sala rinvigoriti dal potere della semplicità, non c’è altro da aggiungere se non “ottimo lavoro”!
Regia e fotografia: 5/5
Recitazione: 4.5/5
Sceneggiatura: 4/5
Coinvolgimento Emotivo: 4.5/5
Voto totale 4.5/5