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Asteroid City: un film da amare o odiare proprio come il suo autore – Recensione del film di Wes Anderson con Jason Schwartzman e Scarlett Johansson

Titolo: Asteroid City
Genere: commedia
Anno: 2023
Durata: 1h 45m
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson, Roman Coppola
Cast principale: Jason Schwartzman, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Jack Ryan, Grace Edwards, Bryan Cranston, Edward Norton, Steve Carrell, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Maya Hawke, Jeffrey Wright, Hope Davis, Sophie Lillis, Margot Robbie, Rupert Friend, Matt Dillon, Liev Schreiber, Aristou Meehan

Alla fine di Asteroid City è inevitabile porsi la domanda: ma Wes Anderson ci è o ci fa? Ognuno può immaginare l’oggetto del dubbio sull’essere o fare. Restando nell’ambito che in questa sede più ci compete, la domanda meno sinteticamente riformulata sarebbe: ma Wes Anderson è davvero un regista unico inventore di un cinema dalla cifra stilistica unica o piuttosto è un autore con poco da dire che fa il tipo eccentrico per mascherare una mancanza di argomenti?

Posta in altri termini, la domanda è: Asteroid City è solo forma o c’è anche un contenuto? Ma, soprattutto, che siano la forma o il contenuto a dominare, è questo un film da promuovere?

Asteroid City: la recensione
Asteroid City: la recensione – Credits: Universal Pictures

Un finto gioco di matrioske

Tocca ad un Bryan Cranston in bianco e nero incorniciato in una tv degli anni cinquanta aprire Asteroid City presentandolo come il titolo di un’opera drammaturgica del Conrad Earp interpretato da Edward Norton. Ed è a sua volta quest’ultimo a dire che il suo lavoro parla “dell’infinito e di non so cos’altro” mentre ci guida dietro le quinte della messa in scena teatrale. E sono, infine, i colori pastello tipici della palette di Wes Anderson a dare forma alla storia di una città sperduta nel deserto meta ogni anno di una manifestazione dove l’esercito premia i migliori astrofisici in erba con tanto di riprese ad immortalare l’evento.

Un racconto televisivo che parla di una piece teatrale messa in scena come un film d’autore in cui cineasti dilettanti celebrano inventori dotati di fantasiose abilità tecniche e stralunate personalità varie ed eventuali. Asteroid City si presenta come quelle matrioske che si aprono una dopo l’altra per mostrare un contenuto uguale ma diverso ad ogni passo. Con la sostanziale differenza che qui anche l’ordine delle bambole sembra interscambiabile. Che cosa ci sta raccontando, infatti, Wes Anderson? La storia di Conrad Earp o quella di un gruppo eterogeneo di sconosciuti bloccati dall’inattesa comparsa di un alieno indifferente? Chi è che parla di chi? Si deve seguire il narratore fuori campo che appare e scompare senza un ordine logico? O piuttosto interessarsi di quei bambini che ancora non sanno che sono tre settimane che la madre è morta?

Asteroid City si diverte a contraddirsi. Si presenta come un film fatto di scatole cinesi una dentro l’altra, ma poi nega questa sua natura lasciando che ogni scatola sia grande come le altre diventando, quindi, una storia a sé stante che non ha bisogno di un contesto più grande in cui inserirsi. Anche il sottile filo che tiene insieme le diverse storie sembra essere volutamente esile. Tuttavia, non per dare ad ogni personaggio la stessa importanza. Ma piuttosto quasi per negarlo ad ognuno come a dire che, in fondo, niente è davvero rilevante ai fini della storia.

Perché una storia vera non c’è. Solo immagini in libertà che sguazzano felici come ignari pesci rossi liberati d’improvviso in un acquario più grande per farli meglio apprezzare a chi aveva intenzione di guardarli.

Asteroid City: la recensione
Asteroid City: la recensione – Credits: Universal Pictures

Un coro senza solista

La complessa e ingannevole struttura di Asteroid City rende difficile capire come affrontare il film. Da un lato si potrebbe pensare di approcciarlo come una nuova edizione della precedente opera di Wes Anderson. Come in The French Dispatch, infatti, anche qui c’è una tale abbondanza di personaggi che quasi ci si perde a inseguire questo o quel volto noto. Ma, se, in The French Dispatch, la messa in scena di episodi distinti permetteva di goderseli uno ad uno, qui si ha la sensazione di una girandola di visi che ruotano caoticamente intorno ad un centro che vorrebbe a sua volta spostarsi altrove.

Apparentemente, il protagonista principale di Asteroid City potrebbe essere il fotografo di guerra Auggie (Jason Schwartzman) che accompagna il figlio maggiore (Jake Ryan) alla fiera per ritirare un premio lasciandosi così il tempo per capire come rivelare a lui e alle tre gemelline la morte della madre. Tentando allo stesso tempo di fronteggiare l’irritante suocero Stanley (Tom Hanks) e provando a intessere una qualche relazione con la stella del cinema Midge (Scarlett Johansson), bloccata anche lei ad Asteroid City dall’inatteso alieno e dalla burocratica reazione dell’esercito guidato dal generale Gibson (Jeffrey Wright) e la scienziata Hickenlooper (Tilda Swinton).

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E, tuttavia, questa relazione sospesa non si impone sulle altre facce che invadono la cittadina sperduta nel deserto. Che si tratti del cantante country Montana (Rupert Friend) con la sua band o della scolaresca indisciplinata tenuta a bada dalla precisa maestra June (Maya Hawke). E come non dimenticare il direttore dell’albergo con la risposta sempre pronta interpretato da Steve Carrell o il meccanico di Matt Dillon.

Citazioni doverose per un cast che comunque annovera altri nomi che appaiono quasi sprecati per il poco tempo concesso loro come capita a Margot Robbie, Jeff Goldblum, Willem Dafoe solo per citare i casi più eclatanti. Una ricchezza che comunque fa capire quanto quasi sovrabbondante sia la coorte di personaggi e storie minime che popola Asteroid City. Il film finisce per assomigliare al ricchissimo buffet di una cena di gala tanto attesa. Un lungo tavolo imbandito di stuzzichini saporiti a cui non si sa resistere che si assaggiano con innegabile piacere nell’attesa delle portate principali.

Solo che Asteroid City lascia che lo spettatore ingordo faccia il pieno di queste storielle lasciandolo poi andare via con la pancia piena. Ma anche con la sgradevole sensazione di non avere assaggiato quello che doveva essere il pezzo forte dello chef.

Asteroid City: la recensione
Asteroid City: la recensione – Credits: Universal Pictures

Parlarsi addosso

A impedire che questa degna conclusione arrivi è, paradossalmente, la perfezione formale di Asteroid City. Tutti gli stilemi classici del regista texano sono presenti nel film ed esacerbati fino alla massima potenza. Il gusto per le inquadrature simmetriche e statiche. La passione per i colori accesi e per le tinte pastello. La fotografia sempre luminosissima. Le scenografie volutamente artificiose prive di profondità. Il disegno degli spazi come sottolineatura dell’attività di ogni personaggio. La selezione certosina di quale membro del cast associare ad ogni protagonista del racconto. Sono caratteristiche talmente peculiari e riconoscibili di Wes Anderson da aver reso semplice per le più recenti intelligenze artificiali imitarle alla perfezione. Tanto da generare quei video in cui ci si diverte a immaginare come altri film famosi sarebbero apparsi se girati da Wes Anderson.

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Insomma, a momenti si ha quasi la sensazione che Wes Anderson giochi a fare Wes Anderson. Impressione acuita anche dal modi in cui Asteroid City gioca con i diversi medium (cinema, teatro, tv) per riflettere in maniera metatestuale sul significato del narrare. Il film sembra interessato più ai modi in cui una stessa storia può essere raccontata piuttosto che a raccontarla. Si assiste, quindi, ad un corto circuito. Si sottolinea l’importanza di continuare a raccontare una storia senza che si sappia però quale sia questa storia.

Asteroid City resta comunque un film consigliato. Non solo perché ogni film andrebbe comunque visto a prescindere dal commento del recensore di turno. Piuttosto, perché è un film sia per chi ama Wes Anderson che per chi non lo conosce. I primi troveranno, infatti, tutte quelle peculiarità che ne fanno un autore unico nel panorama piuttosto standardizzato del moderno cinema americano. I secondi avranno l’imperdibile opportunità di confrontarsi con un modo di portare sullo schermo storie, dirigere personaggi, disegnare quadri in movimento che è impossibile non riconoscere come affascinante nella sua eccentricità. Un autore che si potrà amare o odiare, ma che non lascia sicuramente indifferenti.

Proprio come questo Asteroid City che la programmazione italiana ha portato in sala con un ritardo tale da arrivare in pratica in contemporanea con La meravigliosa storia di Henry Sugar, un mediometraggio dello stesso autore rilasciato su Netflix in questi stessi giorni. Una coincidenza bizzarra come la cinematografia tutta di Wes Anderson.

Asteroid City: la recensione

Regia e fotografia
Sceneggiatura
Recitazione
Coinvolgimento emotivo

Wes Anderson gioca a fare Wes Anderson in un film non pienamente riuscito che si potrà amare o odiare, ma che non lascerà indifferenti

User Rating: 4.35 ( 2 votes)

Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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