
Si alza il vento: la recensione
“L’uomo sogna di volare, guardare dall’alto, planare sul mare”- Negrita
Jiro Horikoshi è stato l’ingegnere aeronautico più famoso del suo tempo, grazie alla creazione del caccia Mitsubishi A6M “Zero” l’aereo da guerra più veloce e letale del secondo conflitto bellico, usato per altro nell’attacco a Pearl Harbor. La sua storia non è facile da raccontare sopratutto per uno studio di animazione come il Ghibli che ha fatto del pacifismo una della sue bandiere, ma nonostante questo Miyazaki ne
Le ricerche storiche sono estenuanti, essendo questo film uno dei pochissimi ad essere ambientato nel mondo reale, lo studio Ghibli ricerca ogni dettaglio negli archivi storici, nelle foto dell’epoca e nei progetti degli aerei che vuole inserire nel film. Nella pellicola questo sforzo si vede e traspare la volontà di essere storicamente accurati, di far vedere che non solo lo studio può creare luoghi che rimarranno sempre stampati nell’immaginario collettivo (il castello di Laputa) ma che riesce a creare immagini bellissime anche solo con qualche frammento di storia vera. Ma il film non mostra solo una precisione maniacale nei dettagli storici, ma anche una cura diversa nella narrazione; per la prima volta infatti Miyazki si cimenta con il genere biografico e deve quindi gestire un arco temporale non ti 4-5 giorni ma di quasi trent’anni, gestendo quindi anche salti temporali e spostamenti fisici in modo non disordinato e chiaro. Per fare questo ricorre all’onirico, al sogno, in cui grazie ai dialoghi con il suo mentore, l’italiano Caproni (dal cui aereo prende il nome lo studio Ghibli), Jiro racconta la piega che la sua vita sta prendendo e dove vuole arrivare. A volte la stessa dimensione onirica straripa dall’immaginazione del protagonista per apparire improvvisamente nel corso degli eventi, aerei che cadono dal cielo o rumori di motori che si nascondono dietro le nuvole, come a ricordare al Jiro l’obiettivo da raggiungere.
In un Giappone che brulica come un quadro do Bruegel, la storia di Jiro si intreccia con quella del suo paese distrutto dal terremoto
Potremmo dire che è il suo testamento come hanno già scritto in molti, ma io preferisco vedere questo film come una chiusura di un cerchio iniziato con “Nausicaa e la valle del vento” e conclusosi, con la brezza che alla fine del film porta via l’ombrellino bianco di Naoko,un soffio leggero, che mette a fuoco l’opera di una vita.
Quindi grazie Hayao Miyazaki, per questa ultima bellissima pellicola che non vinto tutti i riconoscimenti che si meritava, perché utilizza l’animazione in modo troppo nuovo e moderno per essere ancora compreso, un po’ come gli Zero di Jiro. Grazie per aver sempre narrato storie in cui i bambini sono gli adulti del mondo. Grazie per aver coltivato la magia dello stupore. Grazie per la pioggia mai così meglio rappresentata. Grazie per i colori e i paesaggi sconfinati che sembrano irreali e che poi sono così vicini. Grazie per Totoro. Grazie per non aver rinunciato all’animazione cartacea al posto di quella digitale. Grazie per la poesia degli amori infantili.
Grazie davvero, per averci fatto volare nel vento caldo della tua immaginazione.

“Si alza il vento…bisogna tentare di vivere” -Paul Valery
Valutazione Globale
D'Ispirazione
Valutazione Globale