
L’attesa: Recensione del film in anteprima a Venezia
Cosa ci voleva dire Piero Messina con questa sua opera prima L’attesa? Ascoltandolo in conferenza stampa non se ne viene tanto fuori dalla domanda perché si passa dal voler rappresentare il dolore al raccontare la “Sua” Sicilia al racconto di un mistero (?) o della meraviglia (???), ma quello che rimane come sensazione è che volesse dimostrare che lui ce l’ha lungo tanto quanto il suo amico Sorrentino di cui era assistente, che è artista tanto quanto e genio arrogante tanto quanto. Resta l’impressione che sull’arrogante siamo tutti d’accordo, sul resto sono sicuramente d’accordo quei critici della carta stampata, ormai dinosauri senza più connessione al cinema d’oggi, che hanno incensato un film come Francofonia, smontanto Beasts of No Nation, dimostrando che col cinema d’oggi hanno poco a che spartire.
L’attesa è un film pretenzioso e noioso, con una storia debole e velleità artistiche che scadono il più delle volte nel ridicolo dell’ostentazione artistoide, dialoghi poveri e una scrittura della trama che possiamo amichevolmente definire leggerina e poco coerente. Un film che già dai primi minuti presenta scene artistoidi del tipo piazza di un paesino siciliano deserta e materassino rosa che rotola spinto dal vento, facendo sollevare più che altro parecchi sbuffi dai giornalisti che erano nella nostra zona e prosegue con scene decisamente ridondanti e spesso casuali, con personaggi che entrano e escono dalla trama senza ragione, con momenti di nulla assoluto che dovrebbero essere poetici e con un finale che dovrebbe essere un colpo di scena sottolineato da immagini potenti e musiche profonde ma rimane solo una baggianata circondata da immagini pacchiane e assurde.
Il presupposto basilare de L’attesa e il punto di partenza della storia sono una madre (Juliette Binoche) che perde il figlio (non lo si dice apertamente ad inizio film ma lo capiscono anche i sassi sinceramente) e riceve la visita a sorpresa della fidanzata (Lou de Laage) che arriva dalla Francia alla Sicilia ma non ha la minima idea della morte del fidanzato (??). A questo punto la madre, che ignorava l’esistenza di questa ragazza, decide di non dirle della morte del figlio/fidanzato (???), suscitando sguardi di riprovazione generale, e di sfruttare questo tempo per conoscere colei che non sarà mai sua nuora.
La ragazza oltretutto dimostra un livello di stupidità sovrumano, non andando oltre un lievissimo basilare dubbio su cosa stia succedendo mentre si aggira per una veglia funebre, vedendo le facce scioccate delle persone quando la Binoche continua a dire che le è morto il fratello, non ricevendo nessuna risposta dal fidanzato a ripetute telefonate, constatando comportamenti e risposte assurde della mancata suocera.
E su questo si basa tutta la trama del film, che si snoda per un ora e mezza in questa lunga attesa e in questa lunga menzogna, tra sorrisi e facce tristi, immagini pseudo poetiche e paesaggi che non dicono nulla, tra scene piovute dal cielo quando in un lago isolato dove la giovane francese nuota arriva improvvisamente un pedalò (???) con due ragazzi girovaghi, probabilmente saccopelisti, che la ragazza conosce e al volo invita a cena a casa della mancata suocera che conosce da due giorni (???).
In un finale che vorrebbe essere misterioso (???) la madre si immagina che il figlio sia tornato a casa in un delirio che pure i sassi avevano capito fosse un delirio, mentre la mancata nuora scopre, finalmente, che il suo fidanzato è morto e quindi si abbracciano.
Applausi e fischi in sala (che molti giornali cartacei nell’edizione online hanno “dimenticato” di riportare) decretano un mai tanto atteso finale del film che mi lascia la sensazione che se la rinascita del cinema italiano è questa, preferivo di gran lunga la precedente rinascita con Salvatores, Tornatore e i grandi narratori di storie di quegli anni.
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