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The Lost Leonardo: il dietro le quinte del mondo delle aste d’arte – Recensione del documentario sul Salvator Mundi

Leonardo da Vinci. Un nome associato quasi per definizione alla figura del genio universale. Pittore, scienziato, letterato, inventore, studioso di anatomia. Ma anche artista così dedito alla ricerca di tecniche innovative da essersi dovuto arrendere alle volte a fallimenti che hanno pregiudicato la sopravvivenza delle sue stesse opere. Anche per questo motivo, se si contano le attribuzioni unanimi, sono solo diciannove le opere pittoriche di Leonardo arrivate fino a noi. Trovarne una non ancora nota equivale a trovare molto più di un tesoro inestimabile. Significa diventare protagonisti di una storia come quella di The Lost Leonardo, documentario presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.

The Lost Leonardo: la recensione
The Lost Leonardo: la recensione – Credits: Rome Film Fest

Esponenziale elevato all’esponenziale

The Lost Leonardo inizia dal 2005 quando Alexander Parish, girovagando nel deposito di una piccola casa d’aste di New Orleans, trova un quadro abbandonato del Salvator Mundi. Gli sembra valere più di quanto è stimato per cui convince il suo socio in affari Robert Simon ad acquistarlo per soli 1000 dollari. Passo successivo è affidarlo alle cure di Dianne Dweyer Modestini. Non una scelta qualunque perché si tratta della moglie di quel Mario Modestini che era il massimo esperto del possibile autore di quell’opera: Leonardo da Vinci. Un’attribuzione tanto rara che né Parish né Simon né la stessa Modestini includono nel novero iniziale delle possibilità.

Solo che i miracoli, per quanto rarissimi, alle volte avvengono. Ripulito il quadro da precedenti restauri inadeguati, emerge un particolare tanto minimo quanto unico. Ed è quello che convince la restauratrice che l’impossibile è avvenuto: il Salvator Mundi è stato dipinto da Leonardo da Vinci. È quello il The Lost Leonardo del titolo del documentario diretto dal regista danese Andreas Koefoed. Un ritrovamento così eccezionale da necessitare di una autenticazione prestigiosa come solo quella di esperti museali può essere.

Perché un dipinto di scuola leonardesca ha un valore. Un’opera realizzata da un allievo diretto del maestro vinciano ne ha uno esponenzialmente più alto. Ma ci vuole un’esponenziale elevato all’esponenziale per descrivere la curva che segue il valore dell’opera se l’autore è Leonardo in persona. Ed è questo quello che accade quando sono quattro studiosi interpellati dalla National Gallery di Londra a dare il loro assenso a che il Salvator Mundi sia esposta in una mostra dedicata al genio del Rinascimento italiano. 

Da quel momento The Lost Leonardo diventa il racconto di una corsa vertiginosa. Quella del prezzo di un quadro acquistato a 1000 dollari e venduto a 83 milioni di dollari. Per poi essere immediatamente rivenduto a 127.5 milioni ed, infine, acquistato ad un’asta per una spesa totale di 450 milioni di dollari. Facendo del Salvator Mundi l’opera più costosa mai venduta sul mercato dell’arte.

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The Lost Leonardo: la recensione
The Lost Leonardo: la recensione – Credits: Rome Film Fest

Vera gloria o volgare affarismo?

È qui che finisce la storia del Salvator Mundi e The Lost Leonardo si trasforma in un’accattivante inchiesta dai toni che sconfinano nel crime e nella spy story. Gli storici dell’arte passano in secondo piano, mentre la scena viene presa da business man avidi e magnati con troppi soldi da spendere, agenti di CIA e FBI e giornalisti investigativi, uomini di stato a gestire accordi internazionali ed esperti di politica mediorientali.  Una storia dove l’arte perde il suo valore culturale per diventare una preziosa merce di scambio con cui arricchirsi o guadagnare notorietà e consensi.

Ciò che The Lost Leonardo intende mostrare non è più il ritrovamento incredibile di un’opera perduta di Leonardo da Vinci. Ma piuttosto come quella che dovrebbe essere dopotutto la domanda principale finisca per avere una risposta diversa a seconda degli obiettivi di chi viene interrogato. Il Salvator Mundi è davvero un’opera di Leonardo da Vinci? O è solo il risultato di un’opera di restauro talmente perfetta da diventare un’opera di Leonardo da Vinci? La disarmante verità è che ormai non ha più importanza. Il valore del quadro è quello che è stato pagato per acquistarlo. Non risiede più nel dipinto, ma nel gioco di interessi e convenienze che a quella cifra hanno fatto schizzare il costo.

E allora tutte le domande diventano lecite. La National Gallery ha attribuito il quadro a Leonardo solo perché sicura di far aumentare sia il numero di visitatori della mostra che il proprio prestigio? È solo un caso che l’Yves Bouvier che ha ceduto il dipinto all’oligarca russo Dmitry Rybolovlev sia un faccendiere che gestisce strutture dove depositare opere d’arte per non pagare le tasse? Cosa ha a che fare con l’arte il tour mondiale che la casa d’aste Christie’s ha organizzato prima di vendere il Salvator Mundi incassando come commissione ben 50 dei 450 milioni finali? Per quale motivo a comprare un ritratto del Gesù cristiano è stato un principe saudita che si professa difensore di un islamismo che vieta la riproduzione di profeti?

The Lost Leonardo lascia che queste domande emergano dalle interviste a personaggi che difficilmente si associano nell’immaginario collettivo al mondo dell’arte. Insegnando così che il dietro le quinte di questo spettacolo è animato dalle stesse logiche opache che muovono qualunque capitalismo.

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The Lost Leonardo: la recensione
The Lost Leonardo: la recensione – Credits: Rome Film Fest

Quel che resta dell’arte

Altrettanto interessante è notare come The Lost Leonardo sia un titolo quanto mai veritiero. Che un dipinto di Leonardo identificato come Salvator Mundi dovesse esistere era un’ipotesi supportata da ricerche negli archivi. Ritrovarlo era improbabile e soprattutto immaginare che fosse finito oltreoceano. Potrebbe essere effettivamente successo se si crede ai miracoli. Nessuno, però, avrebbe però anche lontanamente ipotizzato che sparisse di nuovo. Ma così è stato. Il Salvator Mundi è di nuovo un lost Leonardo.

Dal 2017 nessuno ha più visto il quadro. Si favoleggia che sia ad arredare gli interni dello yacht privato di Mohammed bin Al Salud, erede al trono saudita. Perché, invece, non sia stato esposto al Louvre dopo essere stato annunciato e dopo la pubblicazione di un libro immediatamente ritirato dagli scaffali del museo è l’ultimo mistero di una storia che coinvolge anche il potente principe, il presidente Macron e una serie di accordi commerciali multimilionari tra Francia e Arabia Saudita. Intrecciandosi con operazioni di facciata che intendono dare una vernice di mecenatismo ad un personaggio accusato di brutali repressioni.

The Lost Leonardo si chiude qui lasciando in sospeso una vicenda che non ha ancora un finale scritto in modo definitivo. Una storia che è iniziata come avventura nel mondo dell’arte per poi allontanarsene sempre più. Costringendo lo spettatore a domandarsi cosa resti dell’arte stessa in una società dove la patente di capolavoro si può acquistare al mercato. Dove opere uniche sono sottratte al pubblico per soddisfare l’ego di milionari accumulatori. O magari diventano proprietà di principi che ne intendono fare merce di scambio per affari di stato. Un mondo che sembra non avere più posto per la passione.

Quella che resta alla Dianne Modestini che ancora sinceramente difende il proprio operato non per interessi economici, ma solo perché animata da ciò che The Lost Leonardo mostra quanto stia ormai scomparendo. L’amore per l’arte.

Winny Enodrac

In principio, quando ero bambino, volevo fare lo scienziato (pazzo) e oggi quello faccio di mestiere (senza il pazzo, spero); poi ho scoperto che parlare delle tonnellate di film e serie tv che vedevo solo con gli amici significava ossessionarli; e quindi eccomi a scrivere recensioni per ossessionare anche gli altri che non conosco

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