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Monuments Men: la recensione

monuments_men-immagine-2Seconda Guerra Mondiale. Una squadra di sette uomini tra cui storici dell’arte, architetti e direttori di importantissime gallerie d’arte, si arruolano nell’esercito americano (con tanto di addestramento) per svolgere un compito tanto importante quanto rischioso: riconsegnare al mondo le opere d’arte trafugate durante il Terzo Reich. Hitler, infatti, ha un piano ben preciso: quello di costruire il Furer Museum, un monumentale museo che doveva contenere un ingente quantitativo di opere d’arte, naturalmente, ottenute con la forza. Il progetto è probabilmente suggerito dal giovanile interesse del Furer per l’arte. La molla dell’avventura si scarica quando, arrivati in Francia, The Monuments Men si rendono conto che l’impresa è più difficile del previsto ma la morte di due soldati convince la truppa a non rendere vana la loro missione. Simbolicamente l’obiettivo diventa la Madonna col Bambino di Michelangelo, trafugata dai nazisti e causa della morte di uno di loro. La ricerca si infittisce, il gruppo riprende fiducia nonostante sia costantemente combattuto tra la paura di fallire e la volontà di portare a termine il loro compito. Finally ce la faranno i nostri ragazzi?

Cast quasi totalmente holliwoodiano per The Monuments Men: George Clooney (Frank Stokes) che se la canta e se la suona dal momento in cui è anche regista e produttore; Matt Damon (James Granger); John Goodman (Walter Garfield) e Bill Murray (Rich Campbell) solo per citarne alcuni. Benché il film sia tratto da una storia vera di spessissimo valore intellettuale quale il ritrovamento e la restituzione di numerosissime opere d’arte, in realtà non rende giustizia alcuna alla nobile impresa. L’andamento è lento, noioso e molto spesso cala l’attenzione. Manca totalmente di pathos soprattutto in momenti dove la pulsione della vicenda dovrebbe acuirsi tanto da lasciare col fiato sospeso. Il contatto con l’arte, la meraviglia e lo stupore che dovrebbe derivare nel momento della scoperta in realtà non si avverte. Non che dovessero morire di sindrome di Stendhal ma almeno dare quella dovuta riconoscenza a coloro che hanno reso l’Europa meta prediletta per gli appassionati. Il tutto si riduce, invece, ad un sentimentalismo (spicciolo) accuratamente accompagnato da una cornice sonora adeguata. In questo contesto, ne risente principalmente l’interpretazione dei personaggi per nulla caratteristici ma caratterizzati da una scontata ironia e dialoghi banalissimi. La stessa Cate Blanchett (Claire Simone) che interpreta un ruolo fondamentale senza il quale gli eroi effettivamente non avrebbero potuto raggiungere il loro scopo, è parzialmente alienato dalla smania patriottica di questi americani!

The-Monuments-Men-1Probabilmente questo film è lo specchio della visione collettiva tradotta dall’industria cinematografica americana nei confronti della sensibilità artistica oltreoceanica: la strumentalizzazione senza nessuna cura per le minuzie. Un involucro senza sostanza. Unica nota positiva, se vogliamo, è la discussione che gravita attorno ad un tema così culturalmente impegnato in giorni in cui la crisi sociale sta creando solo automi. Fondamentalmente risulta la solita trovata americana volta a riportare in auge l’interesse verso la culla della civiltà occidentale facendo uscire, in realtà, un carattere spregiudicatamente mediocre.

Monuments Men: la recensione

Mediocre

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Bibiana

"Shakespeare once wrote that life is about a dream, and that's exactly how i live my life. From one dream to the next."

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