
Whiskey Tango Foxtrot: La recensione del film con Tina Fey
Titolo: Whiskey Tango Foxtrot
Genere: Commedia
Anno: 2016
Durata: 112′
Regia: Glen Ficarra e John Requa
Sceneggiatura: Robert Carlock
Cast: Tina Fey, Martin Freeman, Alfred Molina, Billy Bob Thornton, Josh Charles, Margot Robbie, Christopher Abbott
Un trailer, di solito, mi dice quasi tutto quello che devo sapere di un film. Riderò? Piangerò? Mi farà trattenere il fiato o, nel peggiore dei casi, sarà una trashata pazzesca? Pensavo di aver capito tutto di Whiskey Tango Foxtrot dal suo trailer ma, lo confesso, non aveva nulla a che vedere con il film che ho visto. Quando mi sono seduta davanti allo schermo mi aspettavo Tina Fey. Non necessariamente la sua parte estremamente comica ma piuttosto quell’elegante facciata piena di ironia che la rende una delle figure di spicco di ‘quell’altra’ commedia americana. Ebbene, non ho visto quella Tina Fey. Ho visto un’attrice tentare di prendersi sul serio, molto più del solito, ma spiccare in un contesto forse troppo ambiguo per risultare un film di successo. Perché questa pellicola fa riflettere su tante cose ma, facendolo, usa la storia e i suoi personaggi unicamente come mezzi, che tali restano dall’inizio alla fine.
La storia parte da New York, da Kim Baker (Tina Fey), una donna profondamente insoddisfatta della propria monotona esistenza, che coglie al volo l’occasione di partire per l’Afghanistan quando la guerra in Iraq toglie buona parte dei reporter dal territorio ancora dilaniato dalla guerra. Lì si trova catapultata in un mondo fatto di surreali missioni con i Marines, accompagnata dallo scorbutico ma leale generale Hollaneek (Billy Bob Thornton), interviste con leader politici dall’ambigua disposizione del mobilio nei propri uffici (Alfred Molina) e feste nella casa dei giornalisti stranieri, fra cui Tanya Vanderpoel (Margot Robbie) ed il fotografo freelance Iain MacKelpie (Martin Freeman). Mentre la sua relazione con il fidanzato lasciato a casa inizia ad incrinarsi, cresce in Kim un costante e rinnovato bisogno di adrenalina che, come le fa notare il suo cameraman e guida locale Fahim (Christopher Abbott), rischia di mettere in pericolo non tanto la sua carriera quanto la sua vita. A Kim quindi il compito di adattarsi ad un luogo con diversa cultura e tradizioni, mentre cerca di far combaciare i pezzi di una vita che sembra sfuggirle continuamente di mano.
Il film, adattamento del libro di memorie della vera Kim Baker, è un intermezzo tra un drama e un documentario, in cui la figura di Tina Fey non eclissa ma di certo sovrasta tutte le altre. Come accennavo prima l’attrice (e produttrice) si mette in gioco in un ruolo poco usuale per lei, perfino alieno, in cui la serietà spesso è protagonista e le battute di spirito sembrano fuori luogo.
Se non funziona la narrazione, meno critica può essere mossa alla sceneggiatura, che conserva la buona impronta della Fey (di sicuro il suo zampino in qualche battuta c’è!) ma resta non di meno troppo audace in alcuni punti. Una storia che trae forza non solo da immagini di realtà sconvolgenti e alquanto attuali ma anche dalle riflessioni a cui invita: la differenza delle culture, la convivenza di tradizioni diverse, il desiderio di cambiamento in una vita insoddisfacente, la scelta di una carriera al posto di una vita privata o viceversa. La grossa pecca di Whiskey Tango Foxtrot è anche questa: i sottintesi. La riflessione c’è ma è da cercare, la morale è presente ma nascosta.
Subito dopo la Fey sono da ammirare le interpretazioni di Billy Bob Thornton, che non ne sbaglia una, e in particolare quella di Chistopher Abbott (che forse ricorderete come il protagonista di James White, presentato in concorso alla scorsa edizione del Milano Film Festival), la cui interpretazione di Fahir è seconda solo a quella della Fey. Divertente e atipico il personaggio di Martin Freeman, ma parlo da fedele ammiratrice del suo lavoro come Watson in Sherlock o come protagonista di Lo Hobbitt: non immaginavo che potesse infastidirmi tanto questo suo radicale cambiamento ma, non di meno, così è stato. In dubbio la prestazione della Robbie che, malgrado un’evidente tentativo, resta comunque isolata rispetto al resto del cast, e non solo dal punto di vista fisico.