
Whiplash: la recensione
I sogni, proprio come l’ambizione, sono qualcosa di estremamente pericoloso, delle armi a doppio taglio che, se non gestite con attenzione, potrebbero rovinarci la vita. E’ da questo che parte il film che ha trionfato agli Oscar di quest’anno – fortemente sottovalutato nelle sale italiane (la novità dov’è?) – ma non finisce qui. Perché partendo da un ragazzo incredibilmente dotato e incredibilmente ambizioso, si esplorano molti aspetti della vita, dello sforzo e dalla dedizione, da un lato, e dell’abuso di potere, del limite a cui può spingersi il ruolo di un mentore e della sua guida dall’altro.
La storia che Damien Chazelle sceglie di raccontare, portando sul grande schermo un magistrale J.K Simmons e un altrettanto spettacolare Miles Teller, è quella di un ragazzo come tanti, con le proprie aspettative e le proprie speranze per il futuro, che vorrebbe lo guidassero fino a diventare un grande batterista jazz. La scuola che frequenta è la migliore che ci sia negli Stati Uniti, in cui domina l’ambigua ombra del mitico Terence Fletcher, un insegnante burbero quanto crudele ma i cui studenti sono sulla corsia preferenziale per diventare delle star. L’Andrew Neiman di Teller è un ragazzo pieno di incertezze, che cerca di conciliare inizialmente la propria vita di musicista con quella di un ragazzo adolescente e, pian piano, realizza che non può avere tutto. Le scelte che questa consapevolezza lo porta a prendere sono discutibili, sono dure e sono perfino crudeli, ma sono scelte da cui nessun sportivo o musicista o artista potrebbe discostarsi. La trama della pellicola viaggia sul filo del rasoio tra ciò che può essere considerato giustificabile e ciò che, invece, un abuso vero e proprio.
Questa dicotomia delle scene è principalmente gestita dall’antitesi tra i due protagonisti, molto più simili di quanto loro stessi probabilmente vogliano ammettere. Fletcher è disposto a tutto pur di riuscire a portare al successo i propri studenti, letteralmente a tutto, mentre Neiman scopre di essere a sua volta disposto a sacrificare la propria vita sentimentale, la propria tranquillità e mediocrità in favore di una possibilità, di un barlume di speranza, una scintilla di promessa. Neiman è inizialmente il tipico studente inetto, che è da una parte incapace e dall’altra senza neanche la volontà di reagire alla forza di un insegnante come Fletcher, che vede in lui una speranza per il futuro di entrambi. Pian piano questo status quo si evolve, cambia radicalmente: Neiman comincia a mettere in dubbio il suo insegnante ma, quello che in realtà ammette, è che lui un limite ce l’ha eccome e quel limite non vuole superarlo, anche se Fletcher potrebbe tranquillamente portarlo a fare ciò.
E dato che ci siamo, possiamo soffermarci un secondo a parlare di Fletcher e di J.K.Simmons? Non capivo perché avesse stravinto sia agli Oscar che ai Golden Globe (che a qualsiasi premiazione a cui avesse partecipato, se è per questo) ma ora lo capisco eccome. L’interpretazione di
Sorprende però la sua controparte, un ragazzo di appena diciannove anni: non proviamo pietà per Neiman, non ci sta simpatico e non riusciremmo a chiamarlo nostro amico nella vita reale. Perché malgrado la totale mancanza di riconoscimenti da parte della critica, Miles Teller è bravissimo nella sua interpretazione. Con maestria e pazienza, con scene lunghe e intense, il suo personaggio ci entra dentro ma non perchè proviamo simpatia per lui ma perché ci riconosciamo un po’ in lui – o, forse, riconosciamo in lui qualche conoscente, qualche ex compagno di scuola – e per questo sviluppiamo una seppur minima empatia nei suoi confronti. Le numerose scene che lo vedono alla batteria, le mani insanguinate, il sudore che scorre sulla fronte e sul piatto, mischiato al sangue, sono tra le cose più intense che mi sia capitato di vedere – non solo in questo film ma in generale. Ed è giusto così, dato che la musica guida e perfino domina l’intera pellicola.
Le scene sono scandite dal ritmo jazz, dalla batteria e dalle trombe e dalla viola, e non si tratta di quell’accompagnamento a cui siamo abituati. La musica è protagonista al pari di Simmons e Teller, scandisce le scene e le determina, guidandole dove desidera andare, rallentando e aumentando il ritmo proprio quando anche il ritmo della narrazione aumenta o diminuisce. Non sono un’esperta di jazz e quindi, anche se qualche nome famoso è stato citato, me lo sono perso o non ci ho fatto caso ma appare evidente anche a qualcuno come me che la colonna sonora di Wiplash è qualcosa di magico, proprio come le stesse tracce eseguite dall’orchestra, da cui il nome omonimo del film.
Si tratta di un masterpiece, senza ombra di dubbio, che, probabilmente avrete intuito, è difficile da descrivere a parole: è un chiaro esempio di quei film che bisogna apprezzare solo dopo averli visti. E sapete che vi dico? Guardatelo. Perché non so se ci capiterà di vedere tanto presto una storia altrettanto reale, ben recitata e intensa.
Whiplash
Masterpiece
Valutazione Globale
Il jazz è la mia musica…e questo film mi ha fatto innamorare follemente. Di una intensità e passione unici, ha uno dei finali più belli degli ultimi anni è recitato da dio e non si ferma un minuto proprio come la colonna sonora che lo accompagna. Bellissimo, Unico e per una volta anche abbastanza premiato.