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The Walking Dead: Recensione dell’episodio 7.02 – The Well

Secondo l’antropologo russo Vladimir Propp, tutte le fiabe, per quanto diverse possano essere per trama e personaggi, seguono invariabilmente lo stesso schema e presentano la stessa struttura nell’evoluzione del racconto. Sintetizzando brevemente, lo svolgimento di una fiaba inizia da una situazione di equilibrio iniziale che viene poi a crollare per qualche intervento esterno originando una serie di peripezie dell’eroe che riesce infine a ristabilire un ordine tanto soddisfacente da rendere credibile il classico “e vissero felici e contenti”. In questo canovaccio, si inseriscono poi le figure tipiche tra cui immancabili sono l’eroe, il suo aiutante (non necessariamente umano) e l’antagonista.

Walking Dead La situazione di equilibrio iniziale: un tranquillo lavoro da guardiano dello zoo. La rottura dell’equilibrio: un’improvvisa e inspiegabile epidemia che trasforma la popolazione mondiale in zombie affamati di carne umana che divorano tutti gli affetti del protagonista. Le peripezie del protagonista: sopravvivere in un mondo morente avendo come unico compagno il più improbabile e forse meno adatto dei compagni di viaggio. Il raggiungimento di un nuovo ordine: la nascita di una comunità protetta dove si possono coltivare piante in abbondanza, avere tre pasti al giorno abbondanti e variegati, mandare i bambini a scuola, distrarsi ascoltando il coro cantare canzoni ricche di ottimismo e serenità. Lo schema di Propp è rispettato e non mancano neanche l’eroe iconico le cui imprese sono avvolte nel mito con un aiutante magico quanto lo può essere una tigre fedele mentre gli antagonisti iniziali sono ormai ridotti quasi a passatempi per restare in forma. E quindi non ha affatto torto Carol quando, indossando la maschera opportunistica della ingenua tutta moine di ammirazione e sorrisi di felicità, vibrante eleva la sua protesta. Perché The Kingdom è davvero una fairy tale (una fiaba, appunto) e il suo re Ezekiel con la tigre Shiva e il pacioccoso Jerry sono personaggi sfuggiti dal libro di Propp. Solo che Carol ne ha viste troppe e, neanche ora che nel delirio post ferita riconosce nei walkers le persone che erano prima, può credere che un racconto per bambini sia una realtà per adulti. Soprattutto, Carol (e noi con lei) ha già vissuto la finta quiete di Woodsbury e la furia assassina del Governatore; ha già sconfitto l’effimera comunità cannibale di Terminus; ha affrontato con sospettosa disillusione la speranza rappresentata da Alexandria e Hilltop. E quindi non può fare a meno di sapere quello che i sorridenti abitanti del regno di Ezekiel beatamente ignorano.

Walking DeadChe è solo una favola. Una bellissima, affascinante, incoraggiante, sorprendente fiaba. Ma la differenza sostanziale è che stavolta quella recita non è un mezzo crudele per raggiungere un fine spietato. Perché Ezekiel sarà anche soltanto un ex guardiano ed un attore dilettante, ma è forse davvero un eroe. Non perché abbia lottato con una tigre sottomettendola alla sua irresistibile forza di volontà come il mito popolare esageratamente racconta. Ma perché ha capito che il sacrificio di pochi può rendere credibile il sogno di tanti. Perché ha saputo circondarsi di una corte fedele che sopporta il peso della menzogna pur di lasciare che la serenità di una illusione divenga la felicità di una realtà. Perché accetta di sporcarsi con il fango di una tirannia distante pur di lasciare immacolata la quotidianità di una normalità altrove impossibile. E allora si può anche andare a caccia di maiali da donare come tributo rituale non ai Saviors del lontano Negan, ma alla pace ritrovata; si può zittire la voce che cerca vendetta per la morte del padre di Ben come pesante prezzo per la serata del cinema a cui mandare il suo fratellino inconsapevole; si può farsi prendere a pugni senza opporre resistenza perché lo stesso Richard capisce che quella bruciante umiliazione è l’acqua ristoratrice con cui innaffiare i campi elisi del regno.

Walking DeadAlla necessità di questa bugia si piega subito Morgan come era facile immaginare visto il suo idealistico sogno di un nuovo mondo senza violenza. Nella Alexandria che cercava protezione nella rabbia preventiva di Rick, Morgan era forzatamente fuori posto, mentre nel necessario inganno di Ezekiel potrebbe esserci per lui un nuovo domani e magari qualcuno a cui insegnare. Alla forza tranquilla delle parole di un re per finta che di una maestosa tigre ha fatto una maschera di illusoria grandezza, finisce per cedere la stessa Carol che magari non può credere, ma restare a guardare forse si. Fuori dal regno, ma vicina ad un sogno.

The Well non ha la tensione della premiere segnando piuttosto una pausa prevedibile dopo la grandguignolesca lezione di Negan. Preso singolarmente, non sarebbe neanche un episodio insufficiente in quanto, pur limitandosi ad una presentazione di nuovi personaggi, ha il merito di mostrare qualcosa di diverso. Ma ha la sfortuna di venire dopo una stagione che era stata ricca di passaggi a vuoto e lungaggini melense e prive di interesse. Purtroppo, The Walking Dead sembra vittima del suo stesso successo per cui si limita a piazzare tre episodi al top (premiere, midseason finale e season finale) per poi vivacchiare nel resto della stagione sperando che i personaggi che si alternano sullo schermo riescano a suscitare un interesse sufficiente ad andare al prossimo episodio. Stavolta Ezekiel e il suo regno ci riescono aiutati da Carol e Morgan come necessari traghettatori. Ma dopo? Perché, ahimé, anche noi ne abbiamo viste troppe (di puntate di TWD) per credere alle favole.

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Winny Enodrac

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