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Vinyl: Recensione dell’episodio 1.01 – Pilot

VinylNel 1973 il Mercer Arts Center crollò su se stesso, lasciando un vuoto tra gli edifici di Mercer Street. Aperto nel 1971 in una parte dei locali che un tempo costituivano il Broadway Central Hotel, uno dei più grandi alberghi che l’America abbia mai visto, il Mercer Arts Center divenne in breve tempo un punto di riferimento per la vita artistica newyorchese. Fino a quel 9 agosto, fino a quella mortale nuvola di polvere.
Questo è il primo luogo che Martin Scorsese, Mick Jagger, Rich Cohen e Terence Winter ci mostrano di quel mondo glitterato, allucinato e libero che Vinyl si propone di raccontare. Non prima di averci presentato, in poco meno di quattro minuti, il nostro uomo. Una macchina di lusso, uno specchio con due strisce di neve bianca e il biglietto da visita di un detective. Bastano tre dettagli per raccontare la vita di un uomo. Tre dettagli e gli occhi vivi, vibranti, affamati di Bobby Cannavale che seguono una colorata, rumorosa, eccitata folla correre verso il Mercer Arts Center. Attraversando un corridoio che sembra più una discesa negli inferi che l’atrio di una sala concerti, Richie Finestra giunge al suo pericoloso e amato paradiso: la musica.

Finestra è uno di quelli che è nato e cresciuto con la musica e che ha fatto la gavetta per arrivare dove è arrivato: ha lavorato in tutti i locali di New York, lavato i pavimenti, grattato via dalle pareti di un bagno pubblico il vomito di Chubby Checker. Richie è riuscito ad arrivare fino ai piani alti, non senza mietere vittime, tanto da aprire prima una compagnia di produzione e poi un’etichetta discografica, l’American Century Records. Quando si è  però all’apice del successo, è facile cadere nelle tentazioni e Richie ci è finito dentro diritto di naso. Quel vizietto e alcune mosse discografiche poco azzeccate hanno ora portato lui e i suoi soci a dover vendere la creatura, che porta il nome della band jazz del padre, ai crucchi della Polygram. In ballo c’è una grossa, grassa quantità di denaro che potrebbe concedergli di ripartire, di mettere in atto quel cambiamento che desidera. Nel pacchetto, però, gli acquirenti vogliono quel contratto con i Led Zeppelin che Richie sta inseguendo.

VinylIn un turbinio allucinato, amplificato dal ritmo serrato del montaggio e dai movimenti di una camera che sembra danzare intorno ai personaggi, il pilot di Vinyl ci fa entrare nel mondo della New York degli anni 70, del glam rock, del punk come del funk, non dalla porta di ingresso ma dal retro, quello riservato agli addetti ai lavori.
All’apparenza si potrebbe pensare che sia la musica il burattinaio a muovere i fili dei protagonisti di questa serie. Eppure ognuno di loro, da Jamie Vine, la ragazza dei sandwich che spera di fare presto il grande salto e intanto arrotonda vendendo qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, a Zak Yankovich, il socio di Richie a capo della promozione, il classico lupo vestito da pecora, a Kip Stevens, il narcisista ed inconcludente frontman dei Nasty Bits, corre sul proprio personale percorso per raggiungere il proprio personale obiettivo. Il denaro, il sesso o quei quindici minuti di fama che, come diceva il buon Andy Warhol, spettano a tutti.

Si fa presto a pensare ad un’altra serie che ha raccontato, con eleganza e cura del dettaglio, la vita dell’America di quegli anni. Ma per quanto si possano trovare delle similitudini sul modus vivendi di Richie Finestra e quello di Don Draper – anche il rapporto tra il discografico e Jamie potrebbe in qualche modo svilupparsi in un modo simile a quello tra il pubblicitario e la sua allieva Peggy, come potrebbe affine la situazione familiare, con i due figli piccoli ed una bellissima ed insoddisfatta moglie   – il racconto parte con una piega completamente diversa. In Mad Men abbiamo assistito per sette stagioni al lento decadimento, fino all’implosione (forse), dell’uomo di Madison Avenue. Qui il nostro antieroe è già a terra, la crepa nella sua vita è avanzata al ritmo di Personality Crisis di David Johansen e ora si ritrova sotto un cumulo di macerie. Sarà per lui una rinascita? Farà come l’araba fenice o quelle sette note lo porteranno a sporcarsi di nuove le mani?

VinylCome Don Draper, anche Richie Finestra è un personaggio di finzione e la sua etichetta, l’American Century Records, non è mai esistita. Al contrario è realmente esistita la Polygram, come i Led Zeppelin ed altri musicisti e personaggi dell’ambiente che incontriamo in questi 110 minuti. Il Mercer Arts Center non è mai collassato durante un concerto dei New York Dolls, ma la band di David Johansen suonò lì e aiutò a rendere quel posto celebre. Quale sarà l’evoluzione di Finestra e come la sua carriera incontrerà la storia, quella vera, possiamo per ora solo ipotizzarlo.

Vinyl, forse lo sapevamo già prima di vedere questo pilot, ha tutte le carte in regola per entrare di diritto nell’olimpo delle serie cult. Del resto la squadra dietro all’operazione non è di certo l’ultima arrivata. Eppure questo episodio di quasi due ore non è esente da errori. Il più grande, probabilmente, è quello di avere una struttura narrativa così compiutamente circolare che la storia potrebbe benissimo concludersi qui. E sarebbe comunque perfetto.

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Valentina Marino

Scrivo da quando ne ho memoria. Nel mio mondo sono appena tornata dall’Isola, lavoro come copy alla Sterling Cooper Draper Price e stasera ceno a casa dei White. Ho una sorellastra che si chiama Diane Evans.

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4 Commenti

  1. Un episodio davvero lungo ma davvero straordinario.
    Non ero sicura di voler seguire questa serie, non era nei miei programmi ma sono più che felice di averle dato una possibilità. Il cast è straordinario – soprattutto Bobby Cannavale. Quello che mi ha colpito più di tutto è stata la cura per i particolari: la sporcizia per terra del locale, quando Richie entra nel Mercer Arts Center, o ancora i costumi così vistosi e al contempo tanto autentici da accecarci, fino alla cura degli uffici, delle case, delle strade. Si tratta di un lavoro fatto talmente bene (tanto di cappello a Scorsese, ovviamente, ma non avevamo dubbi) da ammaliare anche lo spettatore più scettico.
    Forse due ore di premiere erano davvero tantine ma, al di là di questo, che pilot ragazzi!
    P.S. In effetti Jagger e Scorsese volevano proprio farne un film, all’inizio, che forse spiega la storia ‘circolare’. Ma sono felice che abbiano optato per una serie della HBO 😀

  2. Tanta, tantissima roba in questo pilot! Sapevo del film, ma sinceramente sono molto contenta che poi abbiano deciso di farne una serie 🙂
    Prevedo super serate/nottate a base di glam rock e punk 😀

  3. Vynil è una serie straordinaria… Peccato per i sottotitoli pessimi e l’adattamento in italiano a dir poco pietoso…

  4. Per ora è la migliore proposta di questo nuovo anno. E Bobby Cannavale non riesco ad immaginarlo con un’altra voce 🙂

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