
Venezia 72: Black Mass – la recensione
Ecco un altro film di criminali, delinquenti, gangster, mafiosi, come ormai siamo abituati a vedere, girati con più o meno destrezza, come i maestri Scorsese e De Palma insegnano. Ci prova anche il regista Scott Cooper con Black Mass, che mantiene tuttavia il film fuori concorso. Non gli riesce nemmeno male il tentativo di trattare una gangster story capitanata da un’irriconoscibile Johnny Depp, grassoccio, mezzo pelato e con un paio di vitrei occhi azzurri. Non è male l’intento di avvicinarsi alla figura di un criminale sia dal punto di vista “pubblico” sia da un punto di vista intimo-familiare, ma non sono elementi sufficienti per smuovere più del tanto l’attenzione o la partecipazione del pubbico.
L’ex capitano della Perla Nera interpreta questa volta un pioniere del crimine, un losco personaggio cresciuto e formatosi nelle strade di South Boston e gradualmente divenuto una temibile bomba ad orologeria, James Joseph Bulger detto Whitey, circondato da fedeli scagnozzi, ma anche da vecchie amicizie. E’ proprio una di queste infatti a ritornare dopo tanti anni, dopo molti trascorsi in prigione, dopo che le loro strade li hanno condotti verso stili di vita completamente differenti: si tratta di un suo amico d’infanzia John Connolly (interpretato da Joel Edgerton), legato molto a Jimmi per via del passato infelice che li ha accomunati, ora nuova recluta niente meno che dell’FBI. Per incastrare un grosso mafioso italiano radicato nella loro città, John decide di aggrapparsi alla sua datata conoscenza per aggirare il nemico comune. A parole sue si tratta di un’alleanza personale, ma nei fatti è a tutti gli effetti una collaborazione tra l’FBI e un criminale pericoloso, che viene lasciato operare praticamente a briglia sciolta. Il fatto che sia tratto da una storia vera non immagino consoli molto gli spettatori, ancor più quelli statunitensi, dal momento che si trovano davanti agli occhi un vero racconto di cronaca nerissima: stiamo parlando dell’organizzazione federale che dovrebbe tutelare la sicurezza dei cittadini, ma che scende biecamente a patti con “il lato oscuro”.
Dietro a film del genere c’è l’intento di guardare più da vicino “il mostro” moderno, il criminale malavitoso che tuttavia nasconde in fondo anche un lato umano, come la pazienza che porta nei confronti della madre vecchia o l’amore per il figlio: anche i predatori più temibili hanno un cuore, e spesso anche dei cuccioli. La sua faticosa giornata di lavoro consiste semplicemente nel minacciare, estorcere, far fuori nemici e traditori, ma quando si torna a casa si insiste per dare il bacio della buonanotte al piccolo: ognuno ha i suoi pregi e i suoi difetti insomma. Interessante dunque questo approccio, condotto con una buona regia e con delle riprese interessanti, ma che non fa mai decollare definitivamente il film, relegandolo in un monotono ritmo oscuro e inquietante, in cui sguardi truci e minacce si alternano a umorismo nero da film noir tipicamente americano. Tutti gli attori sono in parte, se il personaggio di Jimmi era previsto così graniticamente monoespressivo: diamo la colpa al trucco, che è meglio…
Un tema scottante e duro, ma di cogente interesse fa forse bene a rimanere fuori concorso, non si sa mai chi e come potrebbe reagire… ma consiglierei a Cooper di osare un po’ di più, quanto meno per non far scoppiare in sala solo un perplesso applauso di circostanza.