
Beasts of No Nation – La Recensione dell’anteprima a Venezia72
Beasts of No Nation di Cary Fukunaga è la perla della prima giornata della 72esimaMostra del Cinema di Venezia. Il regista e scrittore diventato famoso grazie alla tv e alla prima stagione di True Detective torna al grande schermo grazie a Netflix, tanto per rinsaldare il legame con i nuovi media e porta alla Mostra un film forte, potente e intenso.
Beasts of No Nation è una storia dura, che crea dolore nello spettatore, ma su questo dolore non specula in modi che potrebbero essere facili e “accattivanti” per chi guarda, anzi,lo catapulta quasi in prima persona all’interno di una realtà cruda e la fa sentire sulla pelle di chi assiste, con tutti i suoi colori, sapori e rumori.
Il cuore della storia è la dura realtà dei soldati bambini. Questi sono una costante molto più frequente di quello che ci si possa aspettare nel continente nero, sia perché i bambini sono tanti e quindi una “manodopera” quasi inesauribile, sia perché sono facili da condizionare ed è ancora più facile renderli soldati ancora più invasati degli adulti. Ma il film, come detto, non vuole essere una mera denuncia di un fenomeno terribile o, almeno, non una semplice esposizione; vuole far attraversare allo spettatore tutti gli stati d’animo, le esaltazioni, gli orrori, la disperazione, la furia.
L’Africa è uno dei migliori scenari naturali per le immagini e Fukunaga riesce a farci percepire la forza e la potenza di questo continente, tanto grande e meraviglioso, quanto pieno di contraddizioni e dolori, tanto grande la potenza della natura che trasuda dalla pellicola, quanto piccolo l’animo umano, di qualsiasi parte del conflitto sia, ma è l’uomo in sé colui che esce sconfitto da questa eterna lotta per il dominio. Un uomo capace di distruggere tutto per non ottenere nulla, in un costante ripetersi di azioni e reazioni, di storia che riscrive se stessa, di guerriglieri che sostituiscono dittatori e diventano a loro volta marci dentro, di combattenti che vogliono solo essere loro quelli che mangiano e non più quelli che vengono “mangiati”.
Beasts of No Nation non ha pause emotive e scorre in modo rapido per tutta la sua durata (poco più di due ore) con un ritmo coinvolgente che passa dai momenti frenetici a quelli più intimi che sono a volte i più crudi. Il Paese africano (uno qualsiasi) che vediamo lo vediamo attraverso gli occhi del ragazzino e tramite lui viviamo i diversi sentimenti e le forti emozioni che contraddistinguono una terra così contraddittoria.
Dal punto di vista recitativo, un enorme plauso va ad Idris Elba, monumentale nella parte del Comandante, dittatoriale ma allo stesso tempo ispiratore, terrificante e meschino quanto eroico nel combattere in prima linea, una figura terribile ma perdente, che dispiace veder perdere e allo stesso tempo sei felice di veder perdere e tutto questo contrasto grazie ad un interpretazione intensa e magnetica di un attore troppo poco conosciuto dal grande pubblico. Alcuni momenti sono intensi e magnifici come il discorso prima della battaglia sul ponte ad esempio o le parti in cui è solo con il suo “protetto” Agu.
La bravura di Fukunaga non è in discussione e ci delizia alcune volte con quella che è la sua classica firma, ovvero dei piani sequenza di fattura ottimale (mirabile quello nella trincea). Ma non è solo questo, anche l’uso dei suoni, il porre costantemente lo spettatore sotto il fuoco amico e nemico, completano il senso di immersione che pervade questo film.
Beasts of No Nation è un film che vale, che nobilita questa prima giornata di Mostra e che si può tranquillamente candidare al Leone d’Oro, anche se ora abbiamo ancora diversi giorni per vedere cosa saprà fare la concorrenza.
Sicuramente Venezia 72 è partito molto bene.
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