
Under the Dome: Recensione dell’episodio 3.07 – Ejecta
Il terrore della pagina bianca. Quanti scrittori ci si sono confrontati e quante pagine hanno poi riempito per raccontarlo ! Noi di Telefilm Central non siamo così sfrontati e vanagloriosi da usurpare il ruolo di scrittore, ma nel nostro piccolo lo stesso problema può affliggerci di tanto in tanto. Quel “di tanto in tanto” ha un nome ben preciso: “Under the Dome”. Perché le parole si precipitano tumultuose sullo schermo quando si tratta di recensire qualcosa che ti ha colpito lasciandoti estasiato per la regia stupefacente (remember Fukunaga e la prima stagione di “True Detective”?), o per gli affreschi in movimento di scene sapientemente costruite (chi ha detto “Hannibal”?), o per il ritmo serrato e i colpi di scena di storie senza respiro (“Homeland” e “Orphan Black” dove siete?), o per il modo delicato in cui vengono trattati temi profondi come il sopravvivere al dolore (e per questo qui si è amato tanto “The Leftovers”), o ancora per la capacità di scrivere personaggi sorprendenti (“Mr Robot” ce l’ho con te) o innovare storie classiche (come il tradimento in “The Affair”). Ma quando ti tocca commentare una perla assoluta del trash come “Under the Dome”, cosa si può seriamente scrivere? Con il concreto rischio di beccarti pure l’accusa di aver fatto solo una “pseudo recensione”!
Comunque, come la peste manzoniana, “a chi la tocca, la tocca” e stavolta è toccato all’umile scrivente parlare di questo “Ejecta”. Episodio che ha la rara capacità di fornire rivelazioni di importanza capitale per lo svolgimento della storia e per la comprensione degli eventi passati, ma dedicandogli un minutaggio tanto esiguo che quasi si rischia di perdersele. Si, perché agli autori pare non interessare molto farci capire bene che la cupola non è lì per proteggere Chester’s Mill come ha sempre sostenuto Julia e neanche per metterli alla prova come insiste a ripetere il voiceover iniziale di Big Jim, ma per proteggere l’uovo malefico dalla apocalittica caduta delle stelle rosa volgarmente detta pioggia di meteoriti (ed in effetti meteoriti rosa shocking la NASA non li ha mai visti).
Protezione quanto mai necessaria perché nei corpi dei prescelti (perché pare che non tutti i cittadini abbiano avuto questa fortuna, ma solo i soliti noti) si sono installati (a mo’ di “Invasione degli ultracorpi”) gli spiriti di alieni venuti da chissà dove chissà quando chissà perché. Solo che mica è facile ricordarsi di essere posseduto da un alieno; c’è bisogno di questa fantomatica “kinship” (sarebbe “affinità” in italiano ma non rende bene l’idea) che ti fa essere parte di un’unica grande anima che pulsa insieme nella unicità di ogni singolo (vabbè, fa molto new age, ma altrimenti non saprei come dirlo) che è disposto persino a sacrificarsi per gli altri in nome del bene superiore. A patto che si sia capaci di rinunciare ad ogni emozione che sia il dolore per una sorella morta (come per Joe), la rabbia adolescenziale immotivata (vedasi Norrie) o la paura di morire giovani (e c’era bisogno di un trauma infantile per giustificare quella di Hunter?). Perché sono le emozioni a renderci umani (e, vabbè, i creatori di “Humans” ci erano arrivati anche loro ma per altre più nobili vie) e solo cancellandole potranno gli alieni impadronirsi del mondo.
Molte potrebbero essere le reazioni ad un tanto drammatico evento. Ad esempio, pensare “chissenefrega, diamoci al sesso selvaggio” come vorrebbe Eva che proprio non riesce a dimostrare che il nomignolo Barbie del suo macho preferito non fa riferimento ad una assenza di interessi prettamente maschili. Oppure, frignare che quindi le loro visioni erano solo una premonizione dell’Apocalisse (e almeno San Giovanni Apostolo ci aveva scritto un ottimo libro) come se l’aver predetto una cosa bastasse a farla avverare (eh, no, Norrie, non funziona così altrimenti al super enalotto vincerebbero tutti tutte le settimane). O passare dalla volontà incrollabile di aiutare assurdamente tutti facendoli entrare nella cupola attraverso la famosa porta rossa per poi cambiare rapidamente idea dopo aver visto alcuni sopravvissuti pronti per essere arrostiti. Che poi Barbie magari potrebbe anche spiegarci come mai sono ancora tutti lì nonostante lui sappia benissimo come entrare e uscire a piacere dalla evidentemente non più inviolabile cupola.
Quasi dispiace che Norrie, Joe e Hunter (utilissimo in sedia a rotelle) arrivino a rompere l’idillio del magnifico duo con storie di resistenza a suon di emozioni e pallettoni. Peccato, davvero! Ma tanto l’apocalisse sarà stata tutta una finta, un trucco della imbozzolata Christine per convincere quelli che stanno dentro a non provare ad andarsene. Un espediente di basso livello, dite? Ehmm … dove è che abbiamo già visto una realtà alternativa inventata per calmare tutti e portarli nella “kinship” salvo svelare l’inganno in mezza puntata? Ok, ci siamo capiti.
Sembra ieri che ci si interrogava sul senso delle quattro mani (una è andata a fare “Tomorrowland” e un’altra sta a fare la guardia al bozzolo) e ci si chiedeva quale mistero si celasse dietro i dipinti della madre di Junior e le mistiche profezie di Lyle (tutti citati in questo episodio). Ed, in effetti, era l’altro ieri visto che questa sarabanda di eventi e cambi di direzione è avvenuta in solo tre settimane! Ma, si sa, sotto la cupola tutto è possibile. Persino questa recensione!
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