
Tutto chiede salvezza: 5 motivi per recuperare la serie italiana di Netflix
Disponibile su Netflix dal 14 Ottobre, Tutto chiede salvezza si può certamente ritenere uno dei (purtroppo rari) successi italiani della piattaforma streaming.
Un successo su tutti i fronti, come si sarebbe detto in passato. E come effettivamente è in questo caso dato che la serie ha sia mietuto visualizzazioni stando ai numeri della stessa Netflix che giudizi positivi da parte della critica più esigente e del pubblico più ingordo. Risultati tanto più importanti quando si vada a vedere la qualità media più che deludente delle produzioni seriale italiane che troppo spesso sono riuscite solo a metterci lo scuorno in faccia (se ci passate una espressione napoletana quanto mai appropriata).
Se non bastasse questo a convincervi a dedicare poco più di cinque ore a vedere i sette episodi di Tutto chiede salvezza, ci proviamo noi a darvi cinque motivi per farlo.


1. L’accettazione della fragilità
Adattato dal romanzo omonimo di Daniele Mencarelli basato su esperienze autobiografiche, Tutto chiede salvezza racconta dei sette giorni in TSO che il protagonista trascorre in una struttura per lungo degenti affetti da malattie mentali. I sette episodi hanno il titolo dei sette giorni della settimana e descrivono il percorso che Daniele farà per passare dall’iniziale rifiuto alla consapevolezza finale che questa esperienza è esattamente ciò di cui non si era mai reso conto di avere bisogno. La serie è il racconto di una scoperta di sé stessi che non passa attraverso una ostinata e inconcludente prova di forza, ma piuttosto avviene tramite il riconoscimento della propria debolezza e la bellezza del chiedere e ricevere aiuto.
Tutto chiede salvezza sovverte gli stereotipi classici che vogliono che il protagonista della storia mostri o trovi una forza interiore che lo porta infine ad una solidità temprata magari dalle difficoltà del percorso svolto. Al contrario, Daniele compie il percorso inverso perché è proprio lo spogliarsi delle proprie convinzioni errate che gli permette di trovare la verità che lo guarirà. Una guarigione che non si compie nella serie, ma in un domani che non vedremo perché il messaggio degli autori è l’invito ad accettare la propria fragilità.
Tutto chiede salvezza è l’elogio di chi fa del riconoscere le proprie debolezze la chiave magica per aprire lo scrigno che racchiude il tesoro più grande: saper chiedere ed accettare aiuto.

2. L’umanità della malattia
Tutto chiede salvezza ha il grande merito di parlare di quello che è un tabù tanto radicato quanto inconscio: la malattia mentale. Lo fa senza lasciare la parola a pedanti disquisizioni o saccenti lezioni. Non si affida a didascaliche spiegazioni di dotti professionisti o emozionate testimonianze di parenti affranti. Porta, invece, in primo piano sotto i riflettori i malati stessi. Li mostra nelle loro difficoltà, ma soprattutto ne fa emergere quell’umanità che troppo spesso viene dimenticata. Cancella il segno di uguale che si è abituati a porre tra le parole malato mentale e anormale come se la malattia fosse un segno rosso che marchia come sbagliato e da correggere chi ne è affetto, magari anche solo temporaneamente.
La serie, invece, punta il suo occhio di bue su ognuno dei pazienti e sulle loro storie. Fa emergere i perché di ogni personalità mostrando quanto nessuno visto da vicino sia davvero normale perché è il concetto stesso di normalità a non avere senso. E allora nessuno è malato e nessuno è sano perché tutti possono affrontare situazioni difficili e drammi improvvisi che spostano la sottile linea che divide lo stare bene dallo stare male. Ed, in quei momenti, l’unica cosa che si può fare è chiedere quella salvezza che sta nel titolo di Tutto chiede salvezza.
Perché, in fondo, i malati mentali sono solo persone comuni che si sono perse ed hanno diritto a ritrovare la propria strada senza doversi vergognare di aver perso quella mappa che nessuno davvero possiede.

3. I mille volti di chi non sa come comportarsi
Ogni storia ha il suo protagonista, ma non potrebbe mai essere completa senza il suo mondo. Non fanno eccezione le vicende dei vari ospiti della struttura che vanno così a disegnare uno spaccato dei mille modi in cui i parenti dei malati si rapportano alla malattia stessa. Tutto chiede salvezza mostra come la malattia sia qualcosa che va inevitabilmente a travolgere non solo chi ne è vittima, ma anche tutte quelle persone che a lui sono legati. Una esperienza che può diventare uno tsunami che spazza via legami che si pensava fossero infrangibili o una occasione per costruire ponti che non si credeva possibile anche solo pensare.
Tutto chiede salvezza diventa allora anche la storia di chi è disposto a mettersi al servizio senza se e senza ma della persona cara in difficoltà come accade per i padri di Daniele e Alessandro. Ma anche di chi all’opposto preferisce arroccarsi nel rifiuto della malattia vedendola come un parassita da scacciare il prima possibile come si capisce dal disprezzo del padre di Gianluca o dalla rabbia della madre di Nina. Si trasforma nel racconto di chi non capisce, ma si sforza comunque di tendere una mano amica anche quando non è ancora convinto di poter perdonare come è per il fratello e la sorella di Daniele. Ma è anche la fiducia tradita che spera di essere riconquistata come si intuisce dalle parole della madre.
Tutto chiede salvezza è un volo su una mongolfiera che lentamente sorvola i mille paesaggi che stanno intorno a chi soffre mostrando come la malattia contribuisca a rimodellarli.
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4. Il mondo di chi deve esserci
Tutto chiede salvezza non tralascia nessun aspetto di quel microcosmo che si muove intorno alla malattia mentale. Così ad aver voce sono anche i medici e gli infermieri che devono quotidianamente barcamenarsi nella complessa sfida di tenere in equilibrio i doveri verso chi è stato affidato alle loro cure e i diritti di chi desidera avere la propria parte quando non sono in ospedale. Un continuo fare dentro e fuori che finisce per cancellare, in realtà, ogni separazione perché i due mondi tracimano l’uno nell’altro costringendo chi deve remare a farlo spesso contro correnti opposte che si scontrano.
Seppure con un minutaggio limitato, Tutto chiede salvezza riesce a pagare il debito di riconoscenza verso quel personale sanitario a cui non serve alcuna patente mediatica di eroismo, ma solo il riconoscimento del lavoro che svolge sempre e non solo quando finisce sotto l’attenzione dei mass media. Infermieri come Pino che maschera dietro una corazza di burbera durezza l’attenzione partecipe che ha verso chi deve custodire. O come Rossana che sceglie i turni di notte per poter dedicare la stessa cura ai malati e alla figlia. Medici come la dottoressa Cimaroli che non si arrende di fronte a nessuna parete di diffidenza che ogni malato, volente o nolente, finisce per erigere inizialmente. O come l’apparentemente scostante dottor Mancino che in questo modo prova a nascondere la sofferenza che sente per non poter fare di più.
Attraverso questi volti Tutto chiede salvezza mostra i tanti modi in cui si può vivere quel che sarebbe imperdonabilmente sciocco considerare solo un lavoro come un altro.


5. La qualità della recitazione
Innegabile che le migliori intenzione di una qualsiasi serie tv non possono tramutarsi in promesse mantenute se non sono sorrette da un cast che sappia trasporre in realtà le idee degli autori. Un gruppo di attori che deve saper dare credibilità alla scrittura dei propri personaggi e corpo alle dinamiche in cui è coinvolto. Tutto chiede salvezza deve, quindi, una non trascurabile parte del suo successo proprio alle ottime scelte fatte in sede di casting. Tutti gli attori risultano, infatti, pienamente in parte quale che sia il ruolo loro assegnato. Un successo che è anche una speranza per il panorama italiano dato che molti sono i volti giovani che lasciano intravedere un luminoso futuro.
Impeccabile è Federico Cesari che sa variare il registro della propria interpretazione seguendo la maturazione del suo Daniele. Una performance entusiasmante che conferma la crescita evidenziata già dall’aumentata importanza del suo Martino in Skam Italia. Altro volto giovane è quello di Fotinì Peluso che deve confrontarsi con il personaggio per certi versi più complesso perché la sua Nina non è presente nel romanzo per cui non ha un materiale su cui basarsi. Vince la sfida propostale, ma resta comunque un passo indietro rispetto alla vitalità complessa che Vincenzo Crea dona al suo Gianluca. Bravi in ruoli più marcati sia Lorenzo Renzi (il gigante buono Giorgio) che Vincenzo Nemolato (Madonnina).
Tra gli adulti meritano sicuramente la promozione veterani come Ricky Memphis e Filippo Nigro, ma ad imporsi nettamente è Andrea Pennacchi con il suo Mario. Un maestro di scuola che con la sua pacatezza dispensa saggezza e speranza in monologhi intrisi di poesia e umanità. Quella poesia che è la cifra stilistica che contribuisce a rendere imperdibile Tutto chiede salvezza.