
True Blood: Recensione del lungo finale. Episodi 7.08/7.09/7.10 – Almost Home, Love is to Die, Thank you
Per scrivere del finale di True Blood, una serie che ci ha tenuto compagnia per 7 lunghi anni, abbiamo pensato che fosse forse meglio trattare questo lungo spezzone finale come un solo unico addio della serie verso i suoi spettatori, anche se composto da tre ore circa e da temi e ritmi tra loro differenti che certamente non agevolano la sintesi in un unico pezzo, ma cercherò di essere più preciso possibile.
Prima di tutto voglio fare un breve excursus su cosa è stato True Blood. Nella sua fase iniziale mi ha conquistato, e credo molti con me, grazie alla sua sintesi equilibrata tra una metafora morale sull’accettazione del diverso e la convivenza possibile e una provocante e ritmata storia avventurosa densa di elementi fantasy. Nel corso del tempo il primo elemento è andato a perdersi ed è rimasto il True Blood più fracassone e “divertente” con storie al limite dell’assurdo ma con un buon ritmo, tanto da essere uno spassoso passatempo del lunedì. Certo, ha avuto alti e bassi, con stagioni più riuscite e altre meno, con personaggi ai quali siamo stati più legati e che volevamo vedere di più sullo schermo (ognuno i suoi preferiti naturalmente) e altri che invece erano solo un terribile tedio; storie più avvincenti e altre senza alcun mordente, ma in un modo o nell’altro è arrivato alla fine della sesta stagione.
La settima, sinceramente, l’ho trovato più un “fanservice”, ossia cercare di salutare il proprio pubblico affezionato cercando di dargli quello che voleva vedere, oltre ad una carrellata di vecchie glorie e momenti “memory” di alcuni personaggi ormai usciti da tempo dai radar della serie (pure alcuni momenti “indovina chi” per i fan meno attenti).
Andando ad analizzare spezzone per spezzone, personaggio per personaggio, quello che è stato questo lungo finale, possiamo evidenziare alcuni punti principali:
Jessica & Hoyt: molto più di Jessica e Jason, a mio giudizio, loro hanno rappresentato in passato la coppia migliore, per la naturale alchimia che li univa sullo schermo, perché erano due figure gentili, che poi sono mutate, ma che non potevano che legare con il pubblico. Il ritorno di Hoyt sicuramente va incontro a questa esigenza dei fan e seppur bella da vedere, la loro riunione viene fatta procedere a tappe che definire forzate è fare un complimento
Sam Merlotte: era un personaggio che ormai non aveva più nulla da dare (e non da quest’anno) ma farlo sparire con un paio di lettere e via, senza nessun confronto diretto, mi ha lasciato un po’ perplesso, non tanto, come dicevo, per la sua funzionalità, ma per quanto nella serie gli avessero dato importanza (pure troppa a personale giudizio)
The Tara Affaire: ce l’hanno smenata con visioni, frasi in aramaico, allucinazioni di gruppo, misteri sepolti sotto il terriccio della vecchia casa di Tara per….. tutto per dirci che pure Lettie Mae era buona una volta, non è colpa sua e Tara alla fine le voleva bene davvero. Un po’ insipida come rivelazione, potevano risparmiarsi la storyline, soprattutto per quanto sia del tutto “fuori personaggio” per madre e figlia
Anche True Blood è finito. Non sarà forse stato un capolavoro della storia della tv, né, tranne forse all’inizio, una serie così innovativa e dirompente, ma è stato, per lunghi tratti uno spettacolo piacevole e che ci ha tenuto compagnia per molti anni (altrimenti non saremmo ancora qui a parlarne) e quindi non possiamo far altro che ringraziarlo.
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