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The Walking Dead: Recensione dell’episodio 7.08 – Hearts Still Beating

Ti dicono: “La puntata di midseason di The Walking Dead sarà più lunga del solito”. Chissà cosa avranno da dire, pensi tu, visto il poco che hanno detto fino adesso. E dopo i primi minuti di Hearts Still Beating la risposta arriva: niente. La puntata è infatti così riassumibile: Aaron picchiato senza un perché, Negan che fa il gallo ad Alexandria, Spencer squartato, Rosita che con gli uomini ha la stessa mira che con la pistola e Rick che esce dal guscio di tartaruga in cui si era rifugiato. Tutto negli ultimi 10-15 minuti, pistolotto soporifero di Michonne saltato a piedi pari. Anche perché, è inutile, e anche decisamente barboso fare una scena di quasi 4 minuti se già la scena precedente ti ha già detto tutto.

spencer

Lo squartamento di Spencer è di fatto LA puntata.

Primo perché dopo quasi 40 minuti di niente, finalmente succede qualcosa che è anche una goduria vedere. Secondo perché Spencer è il personaggio odioso che si merita di morire male. Terzo perché riassume un po’ il punto di vista di Negan, il quale non vuole avere viscide persone che lo omaggiano, ma preferisce distruggere le personalità altrui, creando persone vacue che lo seguano (come zombie) e soldati impostati a proprio piacimento accanto, in grado di condividere l’identico obiettivo racchiuso all’interno di quelle parole che sempre più spesso torniamo a risentire: “Io sono Negan”.
Negan anche in questa puntata fa la sua figura, ma è il personaggio che è costruito bene. Cattura indipendentemente da quello che combina. C’è solo il problema delle continue pause ad effetto, ma ci si accontenta.

Il quadretto familiare che viene a dipingersi a casa di Rick e Carl è quasi esilarante (specie se combinato con la battuta finale “ti ho lasciato la cucina in un casino”); un po’ come le espressioni sul volto di Rosita, seccata al termine della puntata. The Walking Dead ha questo ulteriore problema. Anticipare la morte dei personaggi, svariate puntate prima che queste avvengano. Per tre, quattro, cinque puntate, una stagione intera, ti fa credere che un personaggio possa morire, poi, quando finalmente te lo uccidono, l’unica cosa che puoi provare ed esclamare è un sacrosanto “Era ora! Pummarola!”

negan

Hearts Still Beating sembra una puntata di Game of Thrones, scritta peggio.

La narrazione suddivisa in tantissimi mini plot. I personaggi raggruppati costantemente in coppia. Solo che qui non succede nulla. Hearts Still Beating tenta di tirare le fila delle storie principali tessute fino ad ora. E lo fa addirittura decentemente, anche perché da riassumere c’era ben poco. Anzi, niente. Solo che nessuno glielo aveva chiesto. Avevamo chiesto azione, thriller, dramma e invece, fuga di Daryl a parte, capace di creare suspance quanto una conduzione di Pippo Baudo, tutto arriva in quei 10-15 minuti. Che sarebbero 10-15 minuti perfetti se poi non ti facessero ritrovare il pistolotto di Michonne nel mezzo, capace di piegare le leggi della fisica e alterare la percezione del tempo come solo le lezioni più noiose del liceo riuscivano a fare. Se Michonne fino a quel momento non ha mai parlato così tanto, un motivo ci sarà, no?

rick-michonne

Tutta sta narrazione spezzettata non serve a far altro che ricordarci di come esistano al mondo persone disposte a non sottostare alla tirannia di Negan. Ci sono ad Alexandria (Michonne, Carl, Rosita), ci sono a Hilltop (Sasha, Maggie, Jesus e chissà quanti altri), ci sono nel Regno (Morgan, Carol ed Ezekiel), solo che ancora non lo sanno. A tutti manca un leader, il quale non può certo essere una donna incinta desiderosa di vendetta. Il leader ora è tornato e, come prima decisione, ha stabilito di liberarsi di tutti quei leader che ostacolano la guerra. “Chi non muore si rivede” sarebbe proprio il caso di dire, se non fosse che nell’espressione è insita una sorta di speranza che forse, in questo momento, difficilmente si può ancora avere per The Walking Dead.

Otto sono ancora gli episodi che ci separano prima della fine della settima stagione e quelli che ne sanno qualcosa non sono molto fiduciosi nello scommettere in otto battaglie campali.
Per cercare di compensare il niente degli episodi precedenti, nei 10 minuti di Hearts Still Beating in cui succede qualcosa, si decide persino di introdurre un nuovo personaggio, per ora ancora misterioso, il fautore del simpatico biglietto che per poco non costava la pelle ad Aaron. Le armi senza munizioni che Aaron e Rick recuperano nella baracca sul lago sono la metafora dei nostri aspiranti combattenti. Con Rick alla guida, di nuovo in possesso della sua pistola di ordinanza, sono tornati letali. Lo stesso Gabriel aveva anticipato a Rosita quanto poi sarebbe successo. “Dobbiamo aspettare il momento giusto. Non affrettare missioni suicide”, ulteriore elemento che fa salire di un gradino la scena Michonne-Rick nella scala dell’inutilità.

I cuori battono ancora. Il problema sarà poi posizionarli di nuovo davanti televisore febbraio prossimo. L’incubo è che il biglietto “Congratulazioni per la vittoria, ma hai perso ancora” sia un poco diretto anche a noi.

Voto: 2,5/5 (per lo squartamento)

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Federico Lega

Fra gatti, pannolini, lavoro, la formazione del fantacalcio e qualche reminiscenza di HeroQuest e StarQuest, stare al passo con le serie tv non è facile ma qualcuno lo deve pur fare

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