
The Walking Dead: Recensione dell’episodio 6.07 – Heads Up
No, non era la voce di Glenn (forse). Si, i meme ci avevano preso. In una inedita riedizione di un vecchio claim pubblicitario della nostrana compagnia dei telefoni, stavolta è “un cassonetto ti salva la vita”. Come molti avevano ipotizzato, le budella golosamente mangiate dai walkers non erano quelle dell’innamorato marito di Maggie e quel no urlato tra paura e disgusto non era un grido di dolore e paura, ma la reazione inevitabile di chi stava assistendo al definitivo fallimento del vano tentativo di salvare il colpevole redento Nicholas. Ci sono voluti quattro episodi per arrivare a capire che l’assenza del nome Steven Yeun dai titoli di testa era solo un puerile modo di provare ad ingannare un pubblico attento che già si era aggrappato alla non partecipazione dell’attore a The Talking Dead, il noto talk show dedicato alla serie che sempre aveva ospitato nel post episodio l’interprete di un personaggio morto on screen.
Glenn, quindi, è vivo. E, per quanto piuttosto ai limiti del credibile sia il modo in cui si salva, non poteva che essere questa la scelta più adatta. Perché uno dei pochi superstiti del nucleo iniziale di Atlanta non poteva essere salutato con una scena rapida e priva del giusto pathos. Ma soprattutto perché troppo importante è il suo personaggio in quel difficile equilibrio che la serie deve impegnarsi a mantenere. Fin dal suo primo incontro con un ancora incerto Rick, Glenn ha sempre rappresentato la speranza incrollabile in un domani ancora possibile. Non è un caso che sia stato proprio lui l’unico ad avere il coraggio non solo di innamorarsi, ma di pensare persino di non vivere questo impegnativo sentimento solo nell’oggi ma piuttosto farne il seme di un impensabile futuro fatto di bambini e normalità.
Al nichilismo di Rick tutto proiettato sul qui ed ora, Glenn ha risposto guardando oltre il ristretto cerchio del noi per provare ad includere anche chi aveva dimostrato di non meritarlo (e Nicholas ne è solo l’esempio più recente). Qualora questa nota fondante del suo carattere non fosse sufficientemente chiara dopo sei stagioni (il che onestamente è tanto improbabile che anche le parole di questa recensione potrebbero essere superflue), gli autori hanno pensato bene di renderla ancora più evidente lasciando che sia proprio lui a salvare di nuovo chi la pensa in maniera diametralmente opposta. Scelta che però costringe gli sceneggiatori a far apparire dal nulla Enid senza che si capisca come una ragazzina dopotutto inesperta riesca ad arrivare illesa nella cittadina infestata da walkers dopo aver attraversato un bosco che si presume altrettanto pieno dei suddetti pericoli mortali (sebbene la sua fuga dopo l’attacco dei Wolves possa essere precedente all’arrivo dell’orda).
Il confronto aspro con la sfiduciata, ma nonostante tutto arrendevole, adolescente è forse anche troppo didascalico. Non perché i due attori non si impegnino o i dialoghi siano completamente prevedibili. Ma perché diventa solo un’occasione per ripetere quanto già sapevamo rimarcando ancora di più l’approccio positivo di Glenn (le pareti reggono ancora, le case sono in piedi, la gente dentro è viva, un modo di entrare lo troviamo) e le sue bussole morali (Maggie non vorrebbe che ti lasciassi qui, non lo voglio io, onora i morti continuando a vivere), mentre troppo poco tempo è stato dedicato a Enid per empatizzare con il suo scontato pessimismo (il mondo sta morendo, lasciamolo morire, sopravviviamo in qualche modo intanto). Non quindi un’occasione sprecata, ma nondimeno il modo più economico di recuperare Glenn.
Idea che offre però la possibilità di rimarcare la sempre maggiore distanza non tanto tra Rick e i pur volenterosi abitanti di Alexandria (che vanno a lezione di machete da Rosita o provano a rendersi utili tra lavori di falegnameria e progetti di espansione agricola), ma piuttosto tra il fu sceriffo e il suo stesso gruppo. Perché Tara non ci pensa due volte ad esporsi per salvare Spencer e a chiamare in soccorso anche Maggie e Carol ricevendo in cambio solo una ramanzina irata di Rick accompagnata da scuse che sono solo un’altra occasione di rimprovero. Perché Michonne non può che apprezzare i tentativi di Deanna di pensare ad un dopo e sottolineare come ogni soluzione debba comprendere tutti e non solo il cerchio magico, mentre Rick continua a percepir gli esclusi come una gravosa zavorra di cui liberarsi appena necessario. Perché nel suo dialogo con Maggie ripete ossessivamente la sua certezza che Glenn, Daryl, Abraham, Sasha torneranno, ma neanche per un attimo ricorda che con loro c’erano anche altre persone.
Un episodio che mostra le pecche di questa stagione con soluzioni forzate e ripetizioni non richieste (perché non sempre repetita juvant), ma che ha un indubbio merito: dirci che Glenn è vivo. Mica poco.
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