
The Walking Dead: basta parlare – Recensione episodio 8.15
Basta parlare, ora solo guerra. Rick lo ha voluto.
È così che Negan chiude questo penultimo episodio dell’ottava stagione de The Walking Dead. È un Negan per così dire ritrovato, che ha deciso di terminare i giochi e aprire le danze di sangue. La sua storyline in questi ultimi episodi lo ha portato ad una mentalità sterminatrice com’è in linea con la sua apparenza e il suo linguaggio. Ma, e lo ammette senza nessun problema, tutto quello che avrebbe voluto era soltanto avere dei lavoratori. Della gente che lo servisse senza fiatare, dopo però avergli fatto assaggiare la polvere.
E invece a causa di tutti i complotti di Simon e di Dwight, dopo tutte le ribellioni di Rick, Negan è costretto a essere la minaccia di se stesso da sempre paventata: uno sterminatore. La trappola che ha orchestrato per la gente di Hilltop sembra a noi spettatori uno scacco matto in una partita che ha già visto mosse simili, finite tutte in un vicolo morto. Soltanto le pallottole di Gabriel e le donne di Oceanside possono cambiare le carte in tavola.
Game of Thrones The Walking Dead Edition
La copertura di Dwight è saltata, così come la testa di Simon. Un vero e proprio Game of Thrones Walking Dead edition per i Saviors, che ne escono più rafforzati e spietati di prima. Ma il finale di stagione è alle porte, e dato che anche nella produzione della serie cambierà qualcosa – nuova showrunner, contratti ancora non rinnovati, la partenza di Fear The Walking Dead che con Lennie James punta a replicare la serie madre – il prossimo episodio sarà decisivo per questo o quel personaggio. Chiuderà storie e ne aprirà altre.
O almeno è quello che si spera. Gli ultimi episodi hanno certamente dimostrato un’inversione rispetto al trend precedente. Un leggero cambio di narrazione che arriva in grande ritardo, che doveva essere fatto molto tempo fa, e che infatti non ha cambiato la pessima situazione degli ascolti. Certo, è un trend che si può ancora invertire con i prossimi due cruciali episodi. Ma l’interesse generale è ormai scemato. È comunque da dire che la scelta di allontanarsi dai fumetti per concentrarsi sullo sviluppo dei personaggi in maniera autonoma è la scelta giusta.
Personaggi della puntata: Eugene, Negan e le lettere di Carl
Non sempre la sperimentazione ha portato a risultati eccezionali: in questa puntata la vicenda di Eugene fa storcere il naso. Non tanto per il personaggio in sè, che affronta un cambiamento necessario su cui si può essere più o meno d’accordo ma che resta comunque poco interessante. Quello che fa riflettere è il significato della gitarella di Eugene con Daryl e Rosita: a meno di grossi colpi di scena abbastanza inverosimili si è trattato di un riempitivo per allungare il minutaggio.
Le lettere di Carl sono un elemento un po’ stucchevole che apre e chiude l’episodio. Va riconosciuta un’importanza significativa a loro: è molto probabile che siano servite a Rick per tornare in sè e a Negan per tornare definitivamente il grande cattivo che conoscevamo. Ma non è così semplice. Rick si può paragonare a Negan senza essere accusati di aver detto eresie, mentre il secondo ormai non lo vediamo più come un villain intoccabile e superiore, ma come un essere umano che, abbiamo visto, non ha problemi ad abbassarsi e a fare il lavoro sporco con le proprie mani.
Lo scontro finale è pronto: la settimana prossima terminerà l’ottava stagione e potremo dare un giudizio finale e definitivo a questa lunga faida tra Rick e Negan.
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