
The Terror: Aglooka sarà la nuova parola che scorderete difficilmente – Recensione
Ho visto la luce, gente. È stata abbagliante. Come dieci albe. Se vi rilasserete sul divano, The Terror vi catturerà. Con me c’è riuscita nonostante fossi davanti al computer. In primo luogo per il modo in cui è concepita. Sembra di assistere ad un film, dove la storia ha il suo tempo per evolvere e i fatti per accadere, ma al contempo il ritmo è serrato e gli eventi si inanellano uno dietro l’alto come una serie tv. Accelerare, rallentare, accelerare, rallentare. Sullo sfondo la storia della spedizione per trovare il passaggio che permetta di raggiungere gli Stati Uniti dal Polo Nord. In primo piano in realtà i personaggi, i loro conflitti, all’inizio trattenuti dal corporativismo militare, dall’unione fra ufficiali. E infine il terrore, non quello del titolo, quella è una barca, ma colui di cui ben presto ti dimentichi, rapito dalle atmosfere, salvo poi ricordartene quando l’equipaggio inizia a morire.
La Trama di The Terror
Basata su una storia vera e sull’omonimo romanzo di Dan Simmons, sviluppata da David Kajganich (uno che alle spalle ha film abbastanza ambiziosi, anche se magari di impatto non fulminante sul pubblico pop. Chiedete a Luca Guadagnino), The Terror racconta di due navi, Terror e Erebus, gioielli della Marina inglese, che nel 1845 si avventurarono per scoprire una via più breve per il Nord America, esplorando l’unica parte del mondo non ancora conosciuta, l’Artico.
Nessuna delle due navi arrivò in porto. Degli equipaggi non si seppe più nulla, i relitti furono ritrovati solo nel 2014 e nel 2016 (dopo che il libro fu scritto). Le poche notizie uscite dopo la presentazione della serie di AMC e Amazon Prime Video hanno raccontato di un survival thriller, una storia dove i personaggi in scena iniziano a morire uno ad uno e come anticipano i titoli di testa dove vediamo la morte farsi strada sul volto dei protagonisti. Sfortuna? Malocchio? Un Giona? Semplicemente qualcos’altro. Eppure la storia all’ultimo mortale ben preso viene messa da parte, per lasciare spazio, soprattutto, alla triade al comando della spedizione, fonte di scontri gerarchici e generazionali. Da una parte, sulla nave ammiraglia Erebus, la prima a rompersi, Ciaràn Hinds, il Mance Rayder del Trono di Spade, nei panni John Franklin, leggenda dei mari, assetato di fama e gloria perpetua.
Al suo fianco il fidato giovane, terzo ufficiale in comando, Tobias Menzies, per noi tutti in redazione Frank Randall di Outlander, qui James Fitzjames: uno che sogna di non essere più quello col cognome uguale al nome, probabilmente orfano, ma punta ad essere ricordato come il suo superiore. Ad opporsi alla sete di reputazione dei primi due, sull’altra nave, la Terror, Jared Harris. per tutti Lane Pryce di Mad Men, qui Francis Crozier, secondo ufficiale in comando, uno dei pochi ad aver esplorato il Polo Nord e a conoscerne i ghiacci.
The Terror è questi tre attori, ottimi caratteristi, che si ritrovano al centro di un copione importante, un progetto alto budget, e si comportano come mostri di recitazione navigati. A dominare su tutta la scena lo scontro, ad un livello sempre meno impercettibile, fra il rampante Fitzjames, desideroso anch’egli di veder un giorno una piece teatrale dedicata alle proprie gesta, e Crozier, scambiato da tutti per alcolizzato, in realtà l’unico a ragionare senza essere accecato dall’ambizione (e per questo denigrato), ritenuto un peso che demoralizza l’equipaggio.
La desolazione dei ghiacci e l’oscurità dell’animo umano
L’ambizione di Franklin e Fitzjames ben presto si deve scontrare con quella che, al di fuori di questa serie, chiameremmo sfortuna, se fossimo razionali. In realtà, la lotta di questo “qualcosa” per arrestare l’avanzata dei galeoni. Di conseguenza, il contrasto fra i tre ufficiali, sempre più crescente, si trasferisce fuori dalla barca, fra l’orgoglio della Marina, che non può concepire una marcia indietro, e la desolazione del continente artico. Sulla barca l’Inghilterra, i compagni, lo spazio ristretto, rassicurante e conosciuto. Fuori l’immensità dei ghiacci, sconosciuti, pieni di sorprese e minacciosi.
A bordo, uno sparuto gruppo di ufficiali, passa dal considerare la vita dei propri sottoposti meno di quella di un cane, pronti a mandarli a morire, ad essere minacciati da un possibile ammutinamento da un momento all’altro, che ti porta a non poterti fidare di nessuno. La disperazione della missione che sta andando a ramengo, contro la finzione dell’ottimismo per mantenere alto il morale dei marinai.
Infine, le ricerche dei due ufficiali medici per impedire lo sviluppo di un’epidemia di una malattia non ben identificata (prima sembra tubercolosi, poi scorbuto, quindi altro ancora), portate avanti attraverso le minuziose analisi delle autopsie, in contrasto con la terra del ghiaccio impossibile da conoscere, senza certezze, a cominciare dalla popolazione locale, dalle loro tradizioni e dalle loro leggende, che si abbatteranno sugli esploratori, come una bussola impazzita, costringendo poi qualcun altro a trovare la verità su quanto avvenuto in quel 1845.
Proprio la bussola impazzita è un’ottima metafora del cammino che intraprenderanno i personaggi, destinati a perdersi in una terra dove le regole del mondo non valgono. Non importa quanto si scruti la realtà lontano, con un binocolo, o dall’alto di un albero maestro, quando si è accecati dalla voglia di avere una monografia dedicata alle proprie scoperte, come i grandi esploratori inglesi.
Presentato al Festival del Cinema di Berlino, The Terror è stato paragonato da molti a Lost. Sebbene sia un po’ presto per dirlo, condivide con la serie di Abrams, Lieber e Lindelof, la costruzione a flashback, che aiuta a scavare nei personaggi, a capire le loro motivazioni e la loro evoluzione nella storia. Al contrario della serie di riferimento dei primi anni duemila, qui però le persone muoiono, spesso male, perdendo nel loro decesso la propria umanità, qualora non l’avessero già fatto in vita.
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