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The Normal Heart: Matt Bomer parla di Felix Turner, Mark Ruffalo e della perdita di peso

Matt Bomer è protagonista, insieme a Mark Ruffalo, di The Normal Heart, film andato in onda recentemente sulla rete americana HBO.

normal heart 2The Normal Heart  è il riadattamento televisiva dell’omonima opera teatrale scritta nel 1985 da Larry Kramer, drammaturgo e attivista gay statunitense. Il film racconta la grande epidemia di AIDS che colpì agli inizi degli anni ‘80 lo stato di New York. Nel film Bomer interpreta Felix Turner, un riservato reporter del New York Times che si innamora di un fiero e aperto attivista, Ned Weeks, interpretato da Mark Ruffalo. Accanto a loro Julia Roberts, Taylor Kitsch, Jim Parsons, Alfred Molina e Jonathan Groff.

Bomer e’ stato recentemente intervistato da Vulture e con loro ha parlato di cosa ha significato questo ruolo per lui, le grande sfide che ha comportato e come la sua famiglia ha reagito alle pesanti trasformazioni fisiche.

“Gli uomini imparano a non amare” dice Felix ad un certo punto nel film. É vero che a molti uomini gay si insegna che non si dovrebbero amare un altro uomo. E’ qualcosa che hai imparato anche tu crescendo? Come hai fatto a non seguire questo insegnamento?

Si, durante la infanzia mi è stato spiegato che era sbagliato. In più sono cresciuto in un ambiente amorevole, perciò so quanto sia importante l’amore alla fine della giornata. Credo di essere molto simile a Felix quando dice a Ned che non sta vivendo la sua vita al 100%. Ned è una testa calda ed è completamente aperto riguardo alla sua sessualità e alle sue nevrosi e tutto il resto, ma è terrorizzato dall’ intimità. Felix invece vive la sua vita per comparti, ma è comunque molto aperto nell’ intimità.

Quando fai l’attore, soprattutto per la TV, sai che non riceverai il copione fino all’ultimo minuto e diventa difficile prepararsi. Qual è stata la differenza con The Normal Heart, dato che conoscevi l’opera già da ragazzo?

Conoscevo l’opera da più di 20 anni, perciò mi sono sentito molto a mio ago ma comunque sotto pressione. Ma è stato un vero privilegio. La prima volta che ho incontrato Ryan (Murphy), nel 2011, stavano per fare il film e ho pensato non importava quale ruolo, dovevo esserci. E sono stato incredibilmente fortunato che Ryan abbia visto in me qualcosa e mi abbia dato fiducia perché non c’era niente nel mio lavoro da attore che indicasse che andavo bene per quel ruolo. Questo film ne è stata la dimostrazione, per lui.

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Era la prima volta che incontravi Ryan?

É stata la prima volta che ci siamo seduti e abbiamo conversato. L’avevo incontrato già una volta ai Golden Globes. Sentivo un profondo senso di responsabilità nell’essere parte di questa produzione che ho letteralmente affittato un teatro, a Los Angeles, per 20 dollari all’ora e sono andato tutti i giorni lì per esercitarmi, per analizzare le parole, il personaggio e il materiale. Ho pensato che a certi livelli mi sento perfettamente adatto per questa produzione, ma al tempo stesso ho sentito un incredibile senso di responsabilità, che dovevo impegnarmi in questo lavoro molto di più di quanto mi ero impegnato in tutta la mia vita.

Possiamo dire che tutto questo impegno ti ha regalato grandi soddisfazioni.

Si, lavorare su quest’opera – e vorrei aver avuto la possibilità di farlo otto volte a settimana, penso che sarebbe stata un’incredibile esperienza – è stato difficile e doloroso ma non c’è mai stato un giorno in cui non vedevo l’ora di mettermi al lavoro. Ero davvero impaziente di arrivare sul set per analizzare le scene e recitarle e lavorare con Mark, Julia e tutti gli altri . Come attore, è un po’ difficile parlare di soddisfazione perché è una sensazione fugace; si vive momento per momento e anche quando ero magro come un chiodo e pensavo “mmm, potrei fare pipì nei pantaloni adesso, invece di alzarmi e di dover sprecare energia per andare al bagno” morivo dalla voglia di mettermi al lavoro.

C’è una sorta di senso di messa a fuoco, di serenità che sopraggiunge quando ti riduci come hai fatto tu?

Si! Voglio dire, lo scopo della perdita di peso era ovviamente quello di creare una certa estetica che Ryan desiderava, ma anche quello di ricreare quella realtà fisica per me. Quando le telecamere erano accese, non dovevo fingere nulla. Mi sono allontanato dalla mia famiglia, ho vissuto da solo per un mese e credo che ciò mi abbia aiutato ad entrare nella testa di Felix in un modo che non ho avuto l’opportunità di fare con i ruoli precedenti che avevo interpretato.

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Come hai affrontato la perdita di peso e la separazione considerando il debito che la tua famiglia avrebbe pagato?

Beh, abbiamo preparato i nostri bambini molto prima, prima ancora che io iniziassi a perdere peso. Ho parlato con un professionista che mi ha detto come parlare con loro in un linguaggio comprensibile e loro sono stati bravissimi. Forse è un privilegio avere tutti figli maschi, è come se fossero la mia squadra che fa il tifo per me. Ricordo che ad un certo punto avevo perso 25 o 30 chili e tornato a casa loro mi dissero “Pensavamo che saresti stato ancora più magro” e io ho risposto loro che ci stava lavorando su. Sono stati davvero meravigliosi e comprensivi. Il maggiore ad un certo punto ha detto “Quando tornerai a mangiare le frittelle con me?”

Con Mark Ruffalo si è creata una certa sintonia.

Voglio dire, lavorare con Mark è un sogno e sono sicuro che se cerchi attraverso gli annali di tutti gli attori che sono stati intervistati su cosa vuol dire lavorare con Mark Ruffalo, dicono tutti la stessa cosa. Quando si fa parte di un progetto del genere che è molto più grande di quello che sei, metti da parte il tuo ego e ti metti a servizio della storia – e con Mark è stato così sin dal primo giorno. É stato così collaborativo e aperto. Abbiamo legato fin dal primo giorno per tutto il tempo … voglio dire, non ci tenevamo per mano tra una ripresa e l’altra, ma ci mettevamo comodi sul divano, uscivamo insieme o ci raccontavamo delle storie. Lui è l’uomo più dolce del pianeta. Un’ anima d’oro.

Che cosa significa per te questo momento della tua carriera, con The Normal Heart in uscita, White Collar in dirittura d’arrivo e Magic Mike XXL pronto a partire?

É così difficile per me lasciare andare The Normal Heart. E ‘davvero difficile per me pensare ad altro, per quanto possano essere emozionanti tutte le possibilità che ho in ballo- forse dopo la premiere, sarò in grado di guardare al futuro un po’. Far parte di questa produzione è davvero un sogno che dopo 20 anni si avvera, quindi è difficile pensare a ciò che verrà.

I personaggi che interpreti ti catturano sempre così?

Dipende. Alcuni ruoli ti si cuciono addosso, soprattutto se ti aiutano a crescere come persona. Un progetto come questo ti aiuta a diventare una persona migliore (cosa che non capita tutti i giorni), così ho voluto spremerlo fino in fondo e poi preoccuparmi di quello che avrei dovuto strapparmi di dosso in Magic Mike .

Valentina Marino

Scrivo da quando ne ho memoria. Nel mio mondo sono appena tornata dall’Isola, lavoro come copy alla Sterling Cooper Draper Price e stasera ceno a casa dei White. Ho una sorellastra che si chiama Diane Evans.

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