
The Night Manager: Recensione dell’episodio 1.03 – Episode 3
Dopo un viaggio, temporale e fisico, che ci ha condotto nel caldissimo deserto egizio, nel freddo gelido cuore dell’Europa e nei bar malfamati inglesi, questo episodio, per la prima volta dall’inizio della mini-serie, si focalizza su un solo luogo, l’isola di Maiorca. Qui il potente Roper ha stabilito il suo quartier generale, è qui che ha radunato la sua corte di consiglieri, guardie del corpo e partner in affari, amore e crimine.
Ripresosi dai colpi ricevuti durante il salvataggio di Danny, l’ormai ex direttore d’albergo Pine si ritrova ora a dover dare a Corcoran e al suo capo alcune spiegazioni su chi sia veramente e cosa ci facesse in quel ristorante. Non che Pine sia preoccupato o intimidito dalla situazione, anzi, questo è il momento per cui si è tanto preparato, ha rivoluzionato tutto e abbandonato per sempre la possibilità di avere una vita normale. Questo è il momento in cui si gioca la sua entrata alla corte di Roper e deve, quindi, svelare bene le sue carte. C’è in gioco l’intera operazione Limpet, a cui lui e Angela Burr hanno dedicato giorni, settimane, anni, ma c’è in gioco anche la sua vita. Perchè sta giocando con il fuoco, e questo lui lo sa.
L’incontro, non il primo ma forse il più importante fino ad ora, tra Pine e il trafficante è come un combattimento di boxe in cui il primo deve difendersi dai colpi di Roper per poi tirargliene uno in grado di convincerlo che ha di fronte un avversario alla pari, ma fargli comunque credere di aver vinto. Eppure il trafficante non sa che il suo nemico ha già pianificato come e con chi sferrare il prossimo attacco. La vittima designata è colui che il direttore ha salvato, colui che è stato in certo senso la chiave di ingresso al castello. Giocare la carta dell’amico di Danny, infondere in Roper la sensazione che sia il bimbo che la sua amata siano in buone mani con lui è una mossa altamente pericolosa ma vincente.
Pine riesce a muoversi così tanto bene da riuscire non solo ad instaurare subito un rapporto intimo con il bambino di casa, ma anche a convincere gli altri ospiti che di lui, di questo aitante sconosciuto dalle spalle larghe e gli occhi profondi, ci si possa fidare talmente tanto da confidargli un segreto. L’unica persona che giustamente non vede di buon occhio il nuovo arrivato è, a ragion veduta, il numero due dell’organizzazione, il comandante dal bicchiere facile, preoccupato che il capo possa decidere di destituirlo per far spazio al giovane.
Il potere logora chi non ce l’ha, diceva Giulio Andreotti. Ed è proprio il potere, come l’amore, ad essere tra i grandi motori dell’azione umana. Chi non ce l’ha fa di tutto per conquistarlo. Chi ne assapora i frutti non si accontenta, ma ne vuole ancora e ancora di più. Chi comprende che sta per perderlo se ne dispera.
The Night Manager è una serie sui potenti e sul potere, così ramificato da ritrovarlo in ogni piega della società, così potente da non essere in grado di riconoscerlo a primo occhio. Sarà forse la distanza di chi scrive da quegli ambienti e quel modo di condurre gli affari e la vita, fatto sta che ancora non ho trovato in questa serie il piacere di vederla, quell’impulso a voler scoprire cosa accadrà nella prossima scena. Per ora mi pare tutto un po’ ovvio e se non fosse per Hugh Laurie avrei forse già abbandonato la visione. É come guardare un bel tramonto, sapendo che domani potrebbe arrivarne uno altrettanto bello.
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