
The Musketeers: Recensione dell’Episodio 2.03 – The Good Traitor
Non esiste una serie di cui ‘non si ha mai abbastanza’ perché penso che, dopo un numero indefinito di storie e trame, arrivi sempre quel punto delicato in cui si comincia a scadere nel banale, nel ‘già visto’ o, peggio ancora, nel noioso. Non so quando accadrà per i moschettieri ma, almeno per ora, io non posso averne abbastanza e, se ci fossero puntate quotidiane, penso che le guarderei tutte con lo stesso identico entusiasmo con cui guardo quelle del sabato mattina. Devo ancora decifrare completamente il motivo di questo elevato interesse (storicità e costumi a parte) ma deduco che il tutto si risolva nel dosaggio giusto degli elementi. C’è abbastanza azione, abbastanza intrigo, un pizzico di clichè, un cucchiaino di lovestory e background, il tutto condito con battute sagaci, personaggi guest-star interessanti e una soundtrack accattivante. Credo che ormai non ci siano dubbi nell’affermare che i Moschettieri siano tra le serie british più interessanti su piazza, al momento.
Lo riconferma l’episodio di questa settimana che, una volta tanto, si concentra su Porthos. La stagione scorsa avevamo già visto qualcosina del suo passato, grazie ad un episodio che l’aveva riportato nei luoghi della sua infanzia ma, almeno personalmente, non avevo trovato l’episodio soddisfacente o altamente interessante. Probabilmente sarà stata colpa del fatto che la prima stagione aveva dato molto più spazio ad Athos, D’Artagnan e, nell’ultima parte, Aramis senza quindi permetterci di calarci a pieno in quello che era il background del quarto membro dei moschettieri. Ma stavolta non è più di un personaggio sottovalutato ed emarginato che si parla bensì di qualcuno che, proprio perché Treville ha confessato di nascondere un segreto sul suo passato, diventa interessante ogni secondo che passa. Invece di lasciare che venga rapito uno dei suoi compagni d’armi, è Porthos a ritrovarsi in una polverosa soffitta con la figlia prigioniera di Tariq, la bella ed enigmatica Samara. Il confronto tra i due non potrebbe essere più azzeccato: una poetessa e sognatrice lei, un bruto e un combattente lui. Gli opposti si attraggono, è una legge fisica oltre che una definizione comunemente utilizzata in qualsivoglia circostanza, ed in questo caso è perfetta per riassumere la storyline di questi due personaggi. Breve ma intenso, il racconto di questa cattività condivisa ci fa desiderare un prosieguo che, tuttavia, la decisione di Samara di partire per il Marocco spezza tragicamente. Da un lato è logico e razionale sapere che le guest-star sono tali proprio perché il ciclo della loro storia è di svolgimento di un unico episodio, ma la chimica che si è avvertita tra Porthos e Samara ci fa letteralmente incrociare le dita, nella speranza che la signora possa tornare prima o poi a Parigi e rivedere così Porthos. Sempre che lui non decida di andare in crociera in Marocco, non si sa mai!
Ma forse il bello di quest’episodio non è soltanto la trama del cifrario e della polvere miracolosa, che scompare nell’attimo in cui Tariq decide di uccidersi e distruggerla, in modo da impedire che cada nelle mani sbagliate, quanto l’intero sfondo delle storie minori che, malgrado venga loro concesso meno spazio, risultano comunque intriganti ed esaustive. In primis la malattia del piccolo Delfino, che mette letteralmente tutti in ginocchio. Aramis, padre preoccupato, viene meno al suo dovere di moschettiere e manca di sparare a Baltazar in quanto vede un neonato lì accanto: sapevamo che la percezione di Aramis del mondo sarebbe cambiata, diventando padre, e lo si è percepito fin dall’inizio della seconda stagione, ma viene da domandarsi fino a che punto si spingerà questo suo atteggiamento e se (o quando) questo gli impedirà (nuovamente) di compiere il suo dovere. In ginocchio anche Anna, che forse un po’ troppo ingenuamente si ritrova tra le braccia di Rochefort.
Dopo la scena con la prostituta vestita come la sua sovrana, è chiaro che Rochefort abbia un chiaro intento e sia perdutamente innamorato della spagnola che protegge e serve. La confessione che si lascia scappare, prima di ritrattarla con una scusa
Un episodio gradevolissimo, che si lascia guardare con piacere e fa passare inosservati piccoli momenti di incertezza narrativa. Bellissime le ambientazioni, ancora una volta realistiche e ben costruite, e bello il modo in cui viene esternato, di volta in volta, il sentimento sul volto dei singoli personaggi. Inutile aggiungere quanto siano belli i costumi (i vestito di Samara era perfetto!) e quanto appaiano vissuti e reali. Ancora una volta, i Moschettieri sono promossi a (quasi) pieni voti.
Note sparse:
- Rochefort, quanti serpenti uccidi alla settimana per i tuoi completini di pelle?
- Louis ha alzato la cresta: ci piace!
- D’Artagnan che lancia battutine a Constance su quanto sia bella e brava con gli altri moschettieri in sottofondo: mai sentito parlare di privacy, amico? E’ una donna sposata!
- Anne che se la fa con Rochefort. Da sola, nelle sue stanze private. Ehm ehm.
- Rivogliamo Antonia Thomas (Samara) per qualche altro episodio. Magari senza l’accento orribile che tentava (malamente) di fingere.
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2.03 - The Good Traitor
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