
The Mist: l’ennesimo adattamento da King di cui non avevamo bisogno. Recensione del pilot
L’estate, lo sappiamo, è la stagione di Stephen King. Quella stagione in cui, ogni tot anni, veniamo sottoposti ad un nuovo adattamento dei suoi libri, come se si trattasse del puntuale richiamo di un vaccino che ci somministrò un pagliaccio in un tombino tanti anni fa. Ma, come se fosse uscita direttamente da uno dei suoi libri, una maledizione regna su questi adattamenti e li rende tutti, irrimediabilmente, indecenti.
Tocca a The Mist quest’anno, libro del 1985 che già era stato adattato in un film da Frank Darabont nel 2007 e che aveva raccolto un notevole successo. Sarà poi il turno il prossimo mese della Dark Tower al cinema e per finire di un tanto atteso rifacimento di IT, segno che Stephen King, nonostante i numerosi buchi nell’acqua, continui a mantenere il suo fascino.
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Tanto per cambiare, al centro di questa storia, si trova una piccola cittadina del Maine, apparentemente tranquilla, decisamente pronta al massacro. Fan della Cupola, ci state leggendo? Secondo voi ci troviamo di fronte ad un nuovo possibile capolavoro del trash o a questo giro ci tocca il colpo di sonno? Purtroppo questa volta mi sento di propendere più per la seconda possibilità.
Come avrete capito il mio giudizio su questo primo episodio non è positivo. Un buon tre quarti di questo pilot è dedicato all’introduzione dei personaggi, come se si volesse arrivare all’azione con una sonnolenta cautela e, proprio quando finalmente la nebbia fa il suo ingresso sul finale, le situazioni degenerano velocemente senza riuscire a impressionare o a coinvolgere.
I protagonisti come al solito sono una grande e variegata quantità. Ci sono i genitori più o meno sani di mente, i figli adolescenti con la loro buona dose di turbe, gli uomini della legge più o meno inaffidabili e i jolly, che tanto per cambiare nascondono un passato criminale (Barbie dove sei?). Ci sono i buoni, i bigotti, i criminali dal passato intricato e il resto della popolazione più o meno ebete, più o meno sacrificabile. Tutti mandano avanti le loro vite complicate tranquillamente fino a quando, annunciata da insetti molesti e animali vari, una fitta nebbia cala dalla montagna e avvolge la cittadina di Bridgton, portando scompiglio e terrore. Non c’è nulla di naturale in quella nebbia (e neanche l’effetto speciale scelto è particolarmente convincente) e infatti al suo interno diventa subito evidente che si nascondano misteriosi orrori. Chi vi si avventura ne esce infatti maciullato (rosicchiato?) o per lo meno pazzo.
A differenza di Under the Dome per ora non sembra che sarà il mistero del fenomeno in sè a farla da padrone, quanto più la classica lotta per la sopravvivenza tipica degli horror. Alla fine dell’episodio già si sono delineati due gruppetti, ognuno intrappolato in un edificio diverso e la vera sfida sarà riunire famiglie e amici, senza lasciare che quello che sta fuori entri dentro.
Per una volta, come prima impressione, il cast sembra più preparato di quanto lo era stato quello davvero penoso di Under The Dome, ma la distribuzione dei personaggi sulla scacchiera è di una tale ovvietà che rischia la sonnolenza. Marito e moglie in difficoltà con una figlia in crisi (uno stupro che inevitabilmente riporta alla mente il recente 13 Reasons Why ma che è un mero plot device per causare scompiglio). Il quarterback bello e famoso, ma brutto dentro. L’amico anticonformista. Lo sceriffo prepotente padre del quoterback. La giovane criminale misteriosa e tosta. Personaggi classici che già stufano al primo episodio e che non riescono a coinvolgere lo spettatore.
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Ma la vera pecca di questo primo episodio è la reazione (che negli horror è condizione necessaria) totalmente insensata dei personaggi ad una nebbia improvvisa che molto difficilmente può essere definita naturale. Vecchi escono dal loro riparo per inforcare le loro biciclette e tornare a casa pedalando senza neanche vedere ad un palmo dal naso, gente esce dal centro commerciale per raggiungere la macchina che non troverà mai e che sicuramente non potrà guidare con visibilità zero, altri si fanno le selfie fino alla morte.
Reazioni forzate che servono solo a fornire su un piatto d’argento le prime vittime con effetti di maciullamento generale che non schifano nè spaventano più di tanto. Per non parlare di quanto velocemente alla stazione di polizia si passi dal liberare criminali, all’afferrare armi e sparare a gente che è un po’ instabile perché magari si è ritrovata con la faccia mangiata dagli scarafaggi. Insomma, la regia e la sceneggiatura falliscono totalmente nel costruire lentamente e inesorabilmente la tensione che un simile evento, così surreale, dovrebbe suscitare nei personaggi e negli spettatori e tutto si riduce a gente sanguinolenta che scorrazza in giro.
Risulta quindi difficile trovare motivi di entusiasmo per questo primo episodio che non regala niente di nuovo e non convince neppure nella parte horror in cui dovrebbe spaventare e schifare. Io guarderò un secondo episodio di questo The Mist nella speranza che il livello di trash aumenti e cerchi di eguagliare la meraviglia comica che è stata Under The Dome.
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