Non so voi ma io trovo che ci voglia una certa prestanza fisico/emotiva per sopravvivere a questa serie. Arrivo in fondo ad ogni episodio ad occhi sbarrati e mi ci vogliono una decina di minuti per ritornare funzionante. Se dovessi maratonarla non credo ne uscirei viva. Detto questo, devo ammettere che questo quinto episodio non mi ha del tutto convinto. Un po’
perché Matt non è tra i miei personaggi preferiti, un po’
perché ho trovato alcuni espedienti un po’ forzati e già sfruttati.
Il punto di vista di Matt è sempre interessante e credo che non possa mancare all’interno di uno studio sulla natura umana come lo sta affrontando questo telefilm.
Matt rappresenta la religione, è il credente che si rapporta al mondo attraverso la sua fe

de. Questo
No Room At The Inn in
sè è molto simile (e forse fin troppo) all’episodio a lui dedicato nella prima stagione, dove un apparente segno del Signore lo spingeva a seguire ossessivamente una strada fino a portarlo a snaturare se stesso in quanto uomo di fede votato al bene.
Anche questa volta è un atto di gentilezza che lo punisce. La gentilezza e la solidarietà umana sono quello che ci si aspetta da lui, ma regolarmente, nel suo caso, si trasformano in una sorta di ritorsione divina. Si ferma a soccorrere due persone in difficoltà e ancora una volta si becca una botta in testa e viene derubato. Un segno del
signore? Un’ennesima prova per la sua
fede?Ma anche la nostra fede è messa alla prova.
Crediamo a Matt? O siamo scettici come
John e il
dottore? In fondo non abbiamo visto
Mary svegliarsi, e quando l’abbiamo vista parlare,
Matt era chiaramente sotto l’effetto di una bella botta in testa. Sono accadute davvero quelle tre ore che
Matt ha considerato un
miracolo? Ed è davvero possibile che
Jarden sia la ragione della gravidanza e l’unica possibilità che questa arrivi a
termine? O non si tratta semplicemente dell’ossessione di un uomo che cerca (come noi telespettatori) un segno, un senso, una ragione dove ragione non
c’è? Impossibile stabilirlo e questo è ancora una volta proprio il punto.
Matt fa di tutto per ritornare in città. Ma quando riceve l’aiuto di
Kevin e
John, e la cosa più logica sa

rebbe quella di lasciarsi soccorrere da loro (per quanto
John sia davvero una palla al piede), se ne scappa via come se fosse sicuro di poter riuscire da solo, certo che qualcuno sia lì a vegliare su di lui. E si affida al primo che gli offre una scorciatoia per 1000 dollari. Quello che segue è
una specie di discesa agli inferi tra tentazioni e persone che sembrano aver perso ogni umanità. Ma quando la speranza è giunta quasi al termine ecco che gli si presenta un’
ennesima prova. Deve mettere tutto il suo impegno e la sua convinzione nel fare del male ad una persona che non conosce e senza saperne il
perché e, mentre lo fa, deve strillare il nome
Brian. Il gesto è grottesco è totalmente insensato.
Fede o follia totale? Ma
Matt lo compie, convinto di star seguendo dei segni e un cammino tracciato per lui. Alla locanda Giuseppe non trova posto per lui e Maria (ci andiamo leggeri con i riferimenti religiosi, eh?) ma il signore lo guida ad una capanna dove Gesù può nascere al sicuro. Ma con Matt nulla va per il verso giusto e cosa c’è di più divino di
un’inondazione che, ad un passo dalla
salvezza, lo ricaccia indietro annullando tutti i suoi
sforzi?Sono
Nora e Kevin alla fine ad aiutarlo davvero. Quelli a cui si sarebbe dovuto affidare fin dall’inizio, che provano sincero affetto per lui, che sanno chi sia in realtà e che credono in lui e che sono disposti a fare di tutto per aiutarlo. Sono la cosa più concreta che ci sia, opposti a tutto quello che invece è solo intuito o creduto. La beffa finale è ritrovare proprio sulla strada di casa il ladro di fascette, ucciso da un gregge di caprette (la vendetta delle capre
sgozzate?). Un regalo
divino? Una ritorsione
divina? Un desiderio
avverato? Quello che sembra ricavarne
Matt è che non c’è disegno, non c’è schema, non c’è una volontà che guidi gli eventi e
il caos che in apparenza è rimasto fuori dei confini di Jarden è in realtà ovunque. Io l’ho interpretata così. E quindi
Matt decide di fare l’unica cosa che è davvero in suo potere fare e cioè salvare il poveraccio ai ceppi e prendere il suo posto. Ma il suo è un segno di resa, una presa di coscienza o una
ribellione? Voi che ne
dite?Ancora una volta T
he Leftovers regala numerosi spunti di riflessione e ancora e ancora interrogativi, proprio come ci ha abituato. Però come ho detto prima, questa volta sembra un po’ esagerare e ripetersi. Possibile che Matt non abbia trovato una soluzione più semplice per riottenere le fascette? Non avrebbe potuto contattare il reverendo che lo aveva fatto venire a Jarden? Possibile che a Jarden non ci sia un registro preciso degli abitanti e di coloro che hanno il permesso di soggiorno? Non è stato un po’ troppo ingenuo nel fidarsi del primo che passava per strada e gli offriva una soluzione per un po’ di denaro? E Nora che alla fine si prende in casa Mary senza fare neanche una piega, manco stesse accettando una pianta da tenere in casa?
La parte secondo me meglio riuscita è proprio l’introduzione estenuante, con gesti che si ripetono all’infinito e la stessa musica e la stesse parole ossessive, fino quasi a diventare insopportabili, ma perfettamente rappresentativi dello stato d’animo del protagonista. A dimostrare che, pur con qualche perplessità, The Leftovers resta una serie devastante da vedere e da soffrire.