
The Leftovers: Damon Lindelhof rivela nuovi dettagli sul suo drama per la HBO
Damon Lindelof ritorna al mondo televisivo con una sceneggiatura da romanzo, figurativamente e letteralmente. Il co-creatore di Lost si appresta infatti a portare sul piccolo schermo per la HBO un adattamento del best seller di Tom Perrotta del 2011 intitolato The Leftovers. La serie, in cui recitano Justin Theroux, Liv Tyler, Amy Brenneman e molti altri racconta la vita degli abitanti di New York dopo un avvenimento misterioso vede la sparizione di 140 milioni di persone in tutto il mondo. In seguito, la traduzione dell’intervista che Lindelof ha rilasciato a Entertainment Weekly.
Riguardo la decisone di fare una nuova serie e cosa lo ha colpito di The Leftovers
“Quando Lost stava finendo le domande erano due: ‘Come ti senti all’idea che Lost sia finendo?’ e ‘Cosa farai dopo?’ Per quanto riguarda la seconda domanda solitamente rispondevo che non volevo pensarci al momento e che preferivo godermi quel preciso momento ma la verità è che ero terrorizzato all’idea di fare un altro telefilm perché niente poteva essere all’altezza di Lost e non sapevo come esprimere questo concetto. Per questo motivo ho iniziato a lavorare nel mondo del cinema senza pensare troppo a se e quando sarei tornato a quello televisivo. Sono decisamente monogamo quando si tratta di lavoro e così ho passato un anno a lavorare esclusivamente su Prometheus e un anno su Star Trek: Into Darkness. E poi stavo leggendo il The New York Times Book Review – che è il mio segreto per far finta di leggere, leggo le recensioni e poi fingo di averlo letto veramente – e c’era una recensione di The Leftovers scritta da Stephen King in cui lo descriveva come il miglior episodio di The Twilight Zone mai trasmesso in tv. Ero già un fan di Perrotta. Avevo letto Little Children (in italiano Bravi bambini) e The Abstinence Teacher (in italiano L’insegnante di astinenza sessuale) leggendo la trama di The Leftovers ero in estasi. Sono corso subito a comprare il libro e dopo circa 50 pagine ho deciso: doveva diventare una serie televisiva e per farlo dovevo collaborare con Tom [Perrotta]. Ci è voluto un anno per far si che questo pensiero diventasse realtà ma non ho mai avuto dubbi. È stato amore a prima vista.”
Sull’ambientazione della serie
“C’è questa idea pazza, supernaturale, ma anche spirituale in un certo senso, che influenza tutti gli avvenimenti della serie ovvero il fatto che 140 milioni di persone sono scomparse improvvisamente. Potrebbe esserci una spiegazione scientifica a tutto ciò ma si tratta comunque di un avvenimento miracoloso. Per raccontarlo avremmo potuto iniziare la storia subito dopo l’avvenimento, in quel momento in cui tutti parlano della stessa cosa. Entrare invece nelle vite dei protagonisti tre anni dopo quando hanno finalmente accettato l’avvenimento e si sono resi conto di non poter tornare alla vita prima di quel momento è, a nostro avviso, un’idea più originale. Tutte le loro scelte sono influenzate da un avvenimento sovrannaturale ma nella serie non sono presenti avvenimenti sovrannaturali. Non vedrete draghi nel cielo come se foste in Game of Thrones e Mulder s Scully non busseranno a nessuna porta.
Sul primo contatto con la HBO
“Nel primo incontro con la HBO mentre cercavo di sorprenderli per convincerli a coinvolgermi nel progetto [la HBO possedeva già i diritti] mi chiesero che tono avrei adottato per questa serie e io risposi loro che ‘se Lost e Friday Night Lights avessero un bambino poi severamente trascurato, ecco quello sarebbe The Leftovers’.’”
Sull’atmosfera della serie
“Si tratta di una serie sulla perdita improvvisa di cui, da quanto sembra, non vi è possibilità di ripresa. Quando muore qualcuno è un avvenimento terribile e tale perdita dovrebbe essere compianto. Ma in questo caso è difficile compiangere qualcuno che potrebbe bussare alla tua porta il giorno dopo o comunque solo trovarsi in un altro luogo. Il dubbio continuo è proprio una delle caratteristiche principali della serie, non solo subito dopo la scomparsa di queste persone ma anche tre anni dopo.”
Su cosa aspettarsi da Kevin Garvey (Theroux), il capo della polizia
“È sicuramente una serie corale ma il centro di tutto rimane Kevin Garvey. Da sempre si pensa che in una città distrutta e nel caos sarà lo sceriffo a mantenere o ristabilire l’ordine. Ma ovviamente c’è molto di più dietro a questo personaggio e non vogliamo in alcun modo raccontare la storia tradizionale del poliziotto buono. Si tratta più di quelle vecchie storie sugli sceriffi, come Gary Cooper in High Noon, in cui non si tratta tanto di raccontare come lo sceriffo svolge il suo lavoro ma di come tutti facciano affidamento su di lui per risolvere il problema e di come tutto questo sia un’enorme pressione che rappresenta l’aspetto drammatico della serie visto proprio che anche lo sceriffo, come tutti gli altri, sta perdendo le sue certezze ma non può in alcun modo darlo a vedere.”
Sull’aspetto corale della serie
“Quello che vorremmo fare a Mapleton assomiglia molto a quello che i Simpsons hanno fatto per Springfield ovvero avere dei personaggi che recitano una o due battute che in seguito avranno però un ruolo decisamente più importante. ”
Sul modo in cui The Leftovers finirà
“Si, so come dovrebbe finire la mia versione di The Leftover ma credo non si debba esagerare nel pianificare tutto fin dal principio. Non sappiamo molte cose che potrebbero accadere, non sappiamo ancora quanto durerà la serie. Se la prima serie funzionerà e la gente e HBO apprezzeranno allora potremo iniziare a pensare e a pianificare su come la serie dovrebbe procedere e per quanto tempo (meno di quanto pensiate comunque). Infondo questa idea di partenza non può essere portata avanti per molti anni senza perdere di credibilità.”
“L’amerò per sempre ma io e Twitter siamo troppo simili per sostenere una relazione importante e abbiamo quindi deciso di vedere altre persone”