
The Last Ship: Recensione della Seconda Stagione
Che cosa rende così interessante The Last Ship? Il continuo elemento sorpresa, il protagonista, l’appoggio del produttore esecutivo Michael Bay? Tutto e niente. Perché arrivati alla conclusione della seconda stagione di questo telefilm, che a mio parere ha funzionato molto meglio della precedente, è chiaro come l’idea di una nave superstite, del capitano Chandler e del suo equipaggio versus un mondo alla deriva, decimato da un’epidemia in continua evoluzione, sia stata l’idea giusta. Se particolarmente limitante e persino dubbia era risultata la centralità della nave nella scorsa stagione, tanto che avevamo iniziato a chiederci quando avremmo rivisto le persone (infette) e la terra ferma, questa volta la nave è un faro, una speranza, persino una specie di mascotte, per il cui fato temiamo e tratteniamo il fiato, sperando che nessuno ce la porti via… e in alcuni momenti ci è voluto davvero poco!
La trama, la Nathan James e la sua nemesi
La seconda stagione riprende esattamente dove la prima ci aveva lasciato: una Nathan James in preda al nemico, una città in mano ad un leader pronto a tutto per ‘ristabilire l’ordine’ e pochissime speranze di capovolgere la situazione. Ma è di Tom Chandler che si parla e per lui nulla è impossibile – in parte perché è interpretato da Eric Dane e in parte perché incarna tutti gli ideali patriottici americani, ergo incapacitato dal suo DNA a fallire anche solo in parte. Dopo aver recuperato il controllo della nave e sconfitto la guerriglia di Amy Grandenson, la Nathan James porta avanti la propria lotta verso la realizzazione di una cura che possa curare il più persone possibili. Peccato che una nuova minaccia si frapponga fra loro e la missione: un sottomarino e un uomo di nome Sean Ramsey. Il vessillo che Ramsey sventola e con cui ammalia la nazione che il capitano Chandler cerca di salvare è la promessa di un mondo migliore e privo del virus, dato che sia lui sia il suo equipaggio è immune alla malattia. Piacevole e persino intrigante è stata la figura di Ramsey, di suo fratello e del suo sottomarino. E’ difficile restare tanto ammaliati da un cattivo eppure in
cui c’era la perfetta nemesi di Tom Chandler e proprio per questo era estremamente interessante poter guardare le loro continue sfide, lasciate sempre a metà, nessuno in grado di superare l’altro e finalmente eliminarlo.
Proprio come due avversari, capi di due fazioni opposte, anche gli equipaggi e le imbarcazioni di Ramsey e Chandler sono da considerarsi due nemesi perfette: la nave e il sottomarino. Ben spesi i soldi per le scene di battaglia, che sono risultate autentiche e coinvolgenti, con una musica forte che ben sapeva scandire i momenti di maggiore pathos.
I personaggi e le ship mancate
Come accennavo prima, nulla smuove la perfezione del Capitano Chandler. Era e rimane, nella sua tuta mimetica blu, il caposaldo della Nathan James, la voce della ragione e della gelida calma anche in situazioni disperate. Nonostante questa facciata di forza e coraggio, vediamo tuttavia anche un lato del Capitano molto umano,
Impareggiabile la tenerezza dell’unica, vera ship della serie (Danny e Kara restano troppo dei biscottini al miele, non posso farci nulla) mentre è quasi un accenno quella tensione che si sente e infine scoppia in pochi secondi tra
Il presidente, da grande leader di una nazione inesistente, non mi ha fatto né caldo né freddo. In parte la colpa è da attribuirsi a Chandler, che incarna tanto bene il ruolo di leader da rendere difficile figurarsi chiunque altro nei suoi panni. Anche se si tratta del presidente degli Stati Uniti, mi spiace. A differenza di Ramsey che, come già affermato prima, ha saputo essere una nemesi non perfetta me eccelsa e ha saputo rendere la stagione quanto mai interessante, con i suoi continui tentativi di sabotare la marina e per prima la Nathan James.
Il futuro aspetta… giusto?
Arriviamo quindi alla conclusione di una spettacolare seconda stagione, con una struttura ‘a episodio’ che ha trainato la prima parte della stagione e una più fluida conclusione, in cui gli ultimi episodi sono stati legati tutti dalla
Una stagione ricchissima di colpi di scena, che fa benissimo il suo mestiere, quello di intrattenere il pubblico, alternando momenti di quiete a quelli di tempesta e sapendo ben dosare il pathos negli uni e negli altri. Non ci sarà la poesia di True Detective o la sottile ironia di The Leftovers, ma come appuntamento estivo è stato tra i più attesi e non ha deluso. Non ha deluso nemmeno un po’.
Analisi perfetta: non si potrebbe fare di meglio e credo non ci sia assolutamente nulla da aggiungere 🙂 Verissimo, questa seconda stagione è stata ampiamente superiore alla prima e non ha deluso mai in ogni singolo episodio
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