
The Last Ship: Recensione degli episodi 2.01/2.02 – Unreal city/Fight the ship
Ci sono diversi modi di tornare dopo una lunga pausa. Molto dipende, ovviamente, da come si è conclusa la stagione precedente. E molto ancora da come si intende impostare quella che va a iniziare. Si può quindi ricominciare come se si ripartisse da zero tenendo presente tuttavia l’evoluzione che i personaggi hanno avuto negli episodi precedenti. O, al contrario, riprendere dallo stesso punto dove ci si era lasciati. È proprio questa seconda opzione quella che scelgono gli autori di “The Last Ship” che ritorna con una doppia premiere che conferma pregi e difetti passati, ma anche rassicura i suoi fan che possono essere certi che troveranno ancora le stesse motivazioni che li avevano spinti a seguire le avventure della ciurma della USS Nathan Jones in un mondo morente.
La scelta di riprendere da dove si era conclusa la prima stagione è talmente radicale da far sembrare questi due episodi più la vera chiusura del ciclo precedente che l’inizio di una nuova storyline. A questo contribuisce non poco l’assenza di un qualsiasi recap perché le prime scene, al contrario, ci mostrano già il capitano Tom Chandler e i suoi in fuga dal compound comandato dalla dittatoriale Amy Granderson e intenti ad elaborare una strategia efficace per liberare Baltimora dal disumano giogo della Avocet. È evidente come gli autori Steven Kane e Hank Steinberg puntino sulla fidelizzazione dei propri spettatori assumendo implicitamente che questi ricordino perfettamente come si era arrivati alla situazione mostrata ad inizio episodio. Ma altrettanto chiaro è il voler sottolineare in questo modo che la serie non intende perdersi in fronzoli esplicativi per puntare invece sull’azione incessante e il ritmo incalzante. Il rispetto dogmatico di questi due mantra fondanti è la bussola che guida ogni scelta portando quindi l’azione anche sulla nave dove un gruppo relativamente piccolo di guardie della Avocet riesce a far prigioniero l’intero equipaggio con un rapido colpo di mano (e suppongo che sia proprio l’effetto sorpresa a giustificare come possano qualche decina di uomini sopraffare più di un centinaio di marinai altamente addestrati). L’avere questa missione come scopo il recupero del campione primordiale del virus rende credibile la ferocia mostrata dal loro leader e offre ad alcuni personaggi apparsi finora come figure secondarie (il medico di bordo dott. Rios e il riabilitato assistente Quincy Tophet) della prima stagione di assumere il ruolo di eroi senza macchia e paura. Certo, alcune scelte sembrano piuttosto forzate ed magicamente tirate fuori come un coniglio dal cilindro (per dirne una, come e quando Rios ha tolto il flacone con il virus dalla borsa per nasconderlo nella cabina di comando mentre tutti lo sorvegliavano?), ma non è mai stato un problema per gli autori ricorrere ad espedienti simili per garantirsi la vittoria dei buoni contro i cattivi.
Scrivere “buoni contro cattivi” fa somigliare questa recensione ad un temino scolastico di un ragazzo con poca voglia e molta fretta. Ma è, in realtà, una scelta stilistica voluta per adeguarsi allo spirito semplicistico di “The Last Ship”. Questa serie, infatti, ha un approccio quasi manicheo ai conflitti. Non esistono zone grigie o variazioni di tonalità tra protagonisti e antagonisti. Come nella scorsa stagione, tutti i componenti l’equipaggio della Nathan James (includendo in esso anche i civili come la dott.ssa Scott e il contractor Tex) erano gli immacolati eroi rigidamente obbedienti agli ordini del loro eroico comandante che combattevano per trovare una salvifica cura per il bene del mondo contro russi egoisti e violenti, così in questa premiere i soldati della Avocet sono disegnati come brutali esecutori di ordini che non capiscono e ciechi aguzzini incapaci di giungere a ragionevoli compromessi. Si potrebbe accusare la serie di scadere spesso nello stereotipo (il comandante saggio e disposto al sacrificio per il bene dei suoi uomini, il vice comandante abile in battaglia e burbero ma giusto, il fidato consigliere con dramma personale incluso, la bella dottoressa intelligente e determinata, il marines tutto azione e buoni sentimenti, la marinaia innamorata ma attenta a svolgere bene i propri compiti, i villain spietati e guidati da nessuna logica che non sia quella del fare i propri interessi) e di abusare dei classici trucchi per vivacizzare le scene d’azione (con la pioggia di proiettili che colpisce sempre e solo i cattivi mancando sempre i buoni in modo che bastano pochi soldati della parte giusta per aver ragione di interi eserciti nemici). Ma sono difetti anche seri che pesano però poco quando si ricordi che scopo di questa serie non è far riflettere, ma intrattenere con leggerezza permettendo allo spettatore di passare un’ora in pieno relax nella calura delle sere estive.
“The Last Ship” ritorna con un episodio che insolitamente si presenta come la chiusura della stagione precedente invece che l’inizio della nuova. La storyline che sembrava dover essere la trama orizzontale di questa seconda stagione è infatti chiusa già in questa doppia premiere lasciando aperte quindi mille e più strade per i prossimi episodi. Scoprire per quali mari navigherà ora la Nathan Jones potrebbe essere dopotutto molto rilassante.
2.01 – Unreal city
2.02 – Fight the ship
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