
The Killing: Recensione dell’episodio 3.05 – Scared and running
Mi trovo un attimo incerta. Ero solita recensire con un po’ di ironia questa serie in passato, ben conscia dei suoi pregi ma anche dei suoi grandi difetti. Quest’anno, ripartendo quasi da zero, The Killing ha saputo liberarsi della maggior parte dei suoi punti deboli come indagini scalcagnate che portavano ovunque e da nessuna parte e storyline zombie che non facevano altro che appesantire il tutto, e ha dato risalto a quelli forti conservando le sue atmosfere cupe e giocando con i suoi solidi protagonisti. Insomma, non è facile imparare dai propri errori e darsi una regolata, ma questa serie sembra avercela fatta piuttosto bene. Ha conservato i suoi ritmi lenti che possono piacere o no e dando un carattere “sociale” all’indagine è uscita dalle mura del claustrofobico e torbido dramma famigliare, imparando anche a dosare meglio il fattore melodramma che era risultato un filo stucchevole nelle stagioni passate. E tutto questo grazie a Bullet e alla bravura di Bex Taylor-Klaus che grazie al suo personaggio un po’ ruvido ma sensibile riesce a dare il giusto peso alla drammaticità degli eventi, coinvolgendo lo spettatore mentre lo accompagna nel suo mondo disperato. Quindi tutto oro? Bè, non proprio. Gestire un’indagine in 13 episodi sarà più facile che gestirla per 2 stagioni ma resta comunque un affare complicato e come era accaduto in passato lo show a volte si prende delle libertà investigative che fanno un po’ sorridere. Ma ecco quello che è successo in questo 5° grigio episodio:
Siccome in The Killing piove sempre sul bagnato, vediamo una ragazzina già non in perfetta salute venire travolta da una macchina per poi rialzarsi e proseguire la sua fuga nella notte. Che sia Kallie? Difficile dirlo, come al solito i fatti certi in The Killing ce li dobbiamo sudare.
Alla stazione di polizia Holder sta strapazzando la nonnaccia la quale, come il più incallito dei criminali, non sembra assolutamente incline alla confessione. Linden si aggira nell’ombra ma il suo istinto di madre (scarsa) freme suggerendole che la signora non è altro che la madre di quel tenero maniaco pedofilo di Joe. “Ogni scarrafone è bello a mamma sua!” Le dice la vecchia e la faccia increspata di Linden suggerisce che un bel nervo scoperto è stato toccato.
“Mamme catastrofiche” dovrebbe probabilmente essere il sottotitolo dell’episodio; Veena Sud deve avere una fissa per le madri disastrate perché se finalmente Linden ha salvato suo figlio dalle sue incapacità lasciandolo al padre (non ne sarò mai abbastanza grata), la madre di Kallie ce la sta mettendo tutta per cercare di rubarle il premio di genitore dell’anno. Pur avendo riconosciuto la voce del suo amante nel nas
I nostri arrivano a casa sua alla ricerca di Joe e la faccia di Linden è pericolosamente sempre più increspata. E’ un match tra mamme carenti che arrivano ad un passo dal graffiarsi la faccia; purtroppo Joe non è nascosto né in bagno né sotto il letto e alla polizia non resta che andarsene. Holder se la ride, riconoscendo vecchi sintomi, mentre Linden gli ordina di consegnarle le chiavi della macchina. “Ci vuole una schifezza di mamma per riconoscerne un’altra.” Chiosa lui divertito.
La tappa seguente è il luogo in cui è stata investita la ragazza, dove la polizia sta aspettando l’arrivo dei cani per lanciare una ricerca. Ma sinceramente… a che servono i cani quando si ha Linden a disposizione? Già in passato ci aveva mostrato il suo fiuto da segugio nel seguire le tracce e infatti subito si inoltra nel bosco seguita da un Holder ormai rassegnato. Le ci vogliono circa 5 secondi per imbattersi in uno dei famosi sacchi rossi incastrato tra i rami. Mi devo inventare da sola la teoria che la morta non fosse stata davvero morta quando è stata scaricata nel suo sacco. O forse prima le mettiamo nei sacchi, le scarichiamo e le uccidiamo poi? Sembra complicato.
E siccome in questo episodio Linden si vuole proprio superare, le bastano altri 2 minuti di pattugliamento per le strade per trovare un gruppetto di ragazzini sospetti che o stanno giocando a biglie vicino a dei cassonetti, o stanno guardando un dito mozzato. E’ la seconda e questa volta, non so voi, ma io non ho nessuna teoria sul come uno possa perdersi un dito per strada.
Segue una strana indagine su dove una povera ragazzina maciullata possa essersi rifugiata evitando di chiedere aiuto a chiunque mentre sta spargendo litri di sangue. C’è un po’ di critica sociale sulle cliniche ormai chiuse e i giovani che non si fidano delle autorità e del sistema, fatto sta che è Bullet a doversi inventare qualcosa per far proseguire le indagini. Li porta sotto un bel viadotto tranquillo che al momento è abitato da dei punk tanto cattivi e questo ci regala una delle scene più belle dell’episodio. Holder, sceso dalla macchina si china un attimo dentro al baule e ne rispunta con il suo costume da supereroe. Addio vestito elegante, ben tornati felpa gigante e bomber! Che nostalgia! Holder si mischia tra gli indigeni, ammansisce i cani e scopre che qualcuno la sera prima si lamentava giù al fiume e toh, dall’altra parte ci sono dei tubi giganti. Quale posto migliore per rifugiarsi quando stai morendo dissanguato grazie a qualche emorragia interna ed esterna?!
Uno dei tubi è infatti inondato di sangue ma della ragazza nessuna traccia. A questo punto Bullet fa l’unica cosa sensata e scocciata dall’inefficienza della polizia picchia Holder e scappa via. Adoro il rapporto che si sta formando tra i due. Assieme a Linden formano una splendida famigliola scalcagnata di fumatori impenitenti. Anche Holder percepisce questo legame perché, mosso a pietà, invita Linden a casa sua per nutrirla un po’ e sottrarla ad un lercio divano della centrale. Lei inizialmente rifiuta ma sentendosi totalmente abbruttita dalla vita alla fine cede e si presenta al dojo del collega.
E’ l’occasione giusta per ricordarci che Holder ha una fidanzata per caso (Firefly feelings!) e che ha una vita quasi
Joe, che è ancora a piede libero, si incontra con la mamma di Kallie in un motel tanto triste. Dice di doversi fare una doccia e sparisce in bagno. La mamma di Kallie (ce l’avrà pure un nome sta povera donna… lo so… ah sì, è Danette) decide di provare a chiamare ancora una volta la figlia e un telefono si mette a squillare ed è proprio nel borsone di Joe. Una persona sana di mente a questo punto se la darebbe a gambe o per lo meno sospenderebbe all’istante la chiamata ma è così bello lasciare il cellulare suonare e suonare mentre lo si fissa con aria ebete. La porta del bagno si apre lentamente e noi rimarremo a chiederci cosa succederà fino settimana prossima, senza che in verità ce ne importi poi più di tanto. In alternativa potremmo anche domandarci perché il più losco dei loschi decida di lasciare il cellulare di una ricercata acceso e con i toni al massimo nella sua borsa. Ma che The Killing sarebbe senza un po’ di idiozia da parte dei sospettati e dei suoi detective?
Tralascio volontariamente la parte del carcere perché se pur diventata più coinvolgente resta abbastanza sconclusionata e tuttora slegata dalle indagini. L’episodio fila liscio ma la trama questa volta fa un po’ troppo affidamento sui colpi di fortuna piuttosto che su un vero lavoro d’indagine. Il tutto è sorretto dal ritrovato affiatamento tra Holder e Linden che riprendono quei ruoli che tanto avevo amato nelle stagioni precedenti, aiutati dall’energia del personaggio di Bullet.
Un’ultima inquietante domanda: dove cavolo è finito quel mito di Karl?!
3.05 – Scared and running
Buono
Valutazione Globale