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The Killing – 2.01 Reflections e 2.02 My Lucky Day

La cosa che aveva lasciato più esterrefatti alla fine della prima stagione era stato il twist di Holder passato al dark side dei cattivi di The Killing e molti fan non se l’erano fatta andar giù come scelta minacciando nei forum globali l’abbandono di massa della serie e la vandalizzazione della casa di Veena Sud, anche perché Holder, soprattutto grazie al veramente convincente Joel Kinnaman, era uno dei personaggi migliori e più tridimensionali del primo anno dello show.

L’inizio della seconda stagione risolve questo twist nello stile di The Killing: “vi avevamo fatto credere una cosa, ma non era vero” e in questo caso è stata una scelta che devo dire sinceramente azzeccata. Il racconto, inoltre, sembra voler allargarsi ad un altro paiano narrativo rispetto alla semplice risoluzione dell’omicidio di Rosie Larsen, ossia, la macchinazione politica per far fuori Richmond (politicamente) e la copertura di tutta una serie di intrallazzi, giri di soldi, appalti.

Grazie a questa scelta la serie potrebbe acquistare tutto un altro spessore, andando a utilizzare l’omicidio di Rosie più come fil rouge che lega le cose ma non più come centro nodale del racconto, evitando in questo modo di stiracchiare questo filo fino a farlo rompere. Anche perché un altro grosso problema della narrazione della prima stagione di The Killing era stato quello di presentare piste risolutive quasi ad ogni episodio per poi smontarle nel giro di un giorno. Intendiamoci, ci sta che un indagine non si concluda in 5 minuti, non vogliamo vedere “CSI” o “Murder, she wrote”, prodotti del passato che hanno perso decisamente il loro fascino narrativo e la loro freschezza costruttiva, ed è accettabile che un indagine sia presentata nel modo più realistico, ma è la voglia di stupire e la deriva sul falso indizio costante quello che è stato di troppo.

 Quello che vuole essere e può essere la forza di The Killing è il racconto dell’imperfezione, del non funzionare della società, delle indagini, delle stesse persone. Infatti in questo show non ci sono personaggi netti, ma sostanzialmente sfumati e che sono costantemente fallibili e se il racconto si concentra su questi aspetti, usando la trama non come elemento centrale, ma come mezzo per raccontare le persone e le dinamiche sociali, sicuramente The Killing potrebbe essere un prodotto di qualità.

Un altro tema di questo doppio pilot è la separazione. Che sia tra Mitch e la sua famiglia, tra Holder e Linden o tra Richmond e Gwen, viene vissuta nello stile ormai tipico di questa serie, ossia con silenzi e perdite improvvise di controllo che si sovrappongono le une alle altre. Decisamente intensa la scena di Linden e Holder divisi da una porta di motel.

 The Killing sostanzialmente si costruisce più sui silenzi, sulle mancanze di comunicazione e di connessione che sulla trama in senso stretto. È l’impossibilità di comunicare tra qualsiasi componente della famiglia Larsen che si specchia nell’impossibilità di capirsi tra Linden e Holder il punto di forza. È il senso di fastidio e incompletezza che spesso si percepisce che formano l’habitat in cui si muovono diversi tipi di dolori e di fallimenti umani o professionali.

 Questa catena di fallimenti coinvolge ogni personaggio, da Richmond che si scopre vicino al suicidio perché non riesce a superare la perdita della moglie ai detective Linden e Holder che non riescono a metabolizzare tutti gli errori del passato e sembrano doverci ricadere, fino alla già citata famiglia Larsen che è la summa delle perdite, dei segreti inconfessabili, degli errori passati, presenti e, perché no, futuri.

 L’assenza di Mitch in questa doppia première, per quanto la Forbes abbia ottime capacità recitative, dimostrate maggiormente nella prima parte della prima stagione che nella seconda, non si fa sentire troppo, anzi, è la sua assenza che definisce l’interazione tra il resto della famiglia.

Voto 3 su 5, si riprende da un finale discusso e lascia vedere buone potenzialità, stà a Veena Sud giocarsele bene ora

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