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The Girl with All the Gifts: gli zombie di Netflix per spiegare la lezione di Matheson

Titolo: The Girl with All the Gifts

Genere: horror

Anno: 2016

Durata: 1h 51m

Regia: Colm McCarthy

Sceneggiatura: Mike Carey

Cast principale: Sennia Nannua, Glenn Close, Gemma Arterton, Paddy Considine, Fisayo Akinade

Un incubo diventato realtà. Quante volte si sente dire con terrore questa frase per indicare qualcosa di tremendamente spaventoso? Cambiando l’ordine dei fattori, il risultato cambia diventando ancora più inquietante. Una realtà diventata incubo. È questo il primo pensiero che ha attraversato probabilmente la mente di quanti, nel Maggio 2011, hanno letto il resoconto del National Geographic (rilanciato poi dalle testate nazionali) su un fungo della specie Ophyocordiceps capace di infettare una razza di formiche thailandesi, trasformandole in qualcosa di orridamente prossimo a una versione in miniatura di uno zombie. Avviluppando il cervello dell’insetto, il fungo lo priva lentamente di tutte le sue funzioni cognitive riducendolo ad un vettore che porta il parassita nelle zone a lui più congeniali. A quel punto il fungo uccide l’insetto e comincia a far spuntare rami dalla sua testa su cui alloggiano le spore che infetteranno altri sfortunati insetti.

The Girl with All the Gifts

Dalla realtà all’incubo

Una lunga premessa necessaria a spiegare da dove nasca The Girl with All the Gifts (pessimamente ribattezzato in italiano con l’inappropriato e fuorviante titolo La ragazza che sapeva troppo). Scritto da Mike Carey (autore del romanzo omonimo) e diretto da Colm McCarthy, la pellicola horror si aggiunge al catalogo dei film originali Netflix confermando il dichiarato intento della rete streaming di dedicare sempre più risorse al cinema per rimpolpare un catalogo che, da questo punto di vista, era ben lungi dall’essere pienamente soddisfacente.

In un futuro apocalittico, dove una mutazione del fungo sopra citato ha compiuto il salto di specie trasformando la quasi totalità della popolazione in zombie affamati, i sopravvissuti vivono in insicuri fortini militari, dove bambini apparentemente innocui sono rinchiusi in celle di isolamento e seguono le lezioni incatenati a sedie a rotelle che impediscono ogni movimento. Perché quelle innocenti anime sono tutt’altro che candide, ma piuttosto rappresentano la sconvolgente seconda generazione di zombie con il cervello avvolto nelle spire del fungo omicida, ma ancora capaci di muoversi e ragionare autonomamente, pur mantenendo intatto il nefasto appetito di carne umana. Il forte cadrà e gli unici a salvarsi sono una improbabile combriccola formata dal severo ma giusto sergente Parks (Paddy Considine), dalla cinica dottoressa Caldwell (Glenn Close), dal mite soldato Kieran (Fisayo Akinade), dalla materna insegnante Justineau (Gemma Arterton). E da lei, Melanie (la giovanissima Sennia Nanua), la più docile delle allieve ibride.

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The Girl with All the Gifts diventa presto un classico survival movie, con i protagonisti che devono sfuggire a minacce crescenti e incidenti di percorso che cancellano ogni flebile speranza, prima ancora che faccia in tempo a germogliare. Da questo punto di vista, il film diventa un richiamo continuo ai topoi classici del genere horror, con il rischio di apparire ad uno sguardo superficiale solo una riproposizione di situazioni e personaggi già fin troppo visti. Non sono, infatti, originali né l’invasività dei militari già vista in L’alba dei morti viventi di Romero, gli zombie veloci e aggressivi inventati da Danny Boyle in 28 giorni dopo, lo stato catatonico in cui cadono quando restano inattivi per molto tempo che compare nel recente World War Z. Non manca persino un velato omaggio al Negan mattatore indiscusso dell’ultima stagione di The Walking Dead e alla sua fida Lucille. Eppure tutto è gestito sapientemente, riuscendo a creare uno stato di tensione perenne, nonostante lo svolgersi prevedibile (perché appunto già visto) di molte situazioni. Merito di una regia che, pur priva di orpelli, sa costruire le scene mettendo in risalto le cose giuste al momento giusto.

The Girl with All the Gifts

L’orrore da un altro punto di vista

The Girl with All the Gifts non è solo un riuscito omaggio alla lunga storia degli zombie al cinema, ma è soprattutto una pellicola innovativa che adotta un punto di vista radicalmente diverso su una situazione classica. Sposando un atteggiamento simile a quello già di I Am Not a Serial Killer (pellicola non ancora arrivata in Italia, ma vista alla Festa del Cinema di Roma), il film decide di indirizzare l’empatia dello spettatore verso un obiettivo atipico. Perché la protagonista vera del film è Melanie, ossia quello che superficialmente lo spettatore potrebbe identificare come il mostro. Uno spostamento di prospettiva che offre uno sguardo diverso su quello che dovrebbe far paura e diventa invece qualcosa da comprendere per chi è costretto a conviverci.

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La dolcezza delicata unita all’aspetto minuto, la sincera gentilezza anche verso i suoi carcerieri, la tenerezza affettuosa con cui si lega alla maestra preferita, la curiosità stupefatta con cui guarda un mondo comune che non ha mai potuto conoscere tratteggiano una figura quasi da bambina del Mulino Bianco. Ma Melanie è anche altro: è anche la mangiatrice affamata che non esita ad azzannare e uccidere altri esseri umani, la divoratrice insaziabile di animali indifesi, la selvaggia violenta che impone la sua supremazia sul branco. Un demonio che incarna il male del nuovo mondo, fondendolo con il bene di un passato remoto. Un mostro che è umano e che è zombie e che pertanto è l’alba indecisa di un futuro ancora da scrivere, ma che solo la ragazza con tutti i doni (non, quella che sapeva troppo) può far iniziare.

The Girl with All the Gifts

La lezione di Matheson

 È questo modo di affrontare il conflitto zombie vs umani a fare di The Girl with All the Gifts il più attento discepolo del Matheson di Io sono leggenda. Il film della coppia Carey & McCarthy dimostra, infatti, di aver pienamente compreso il significato del romanzo dello scrittore americano facendo in modo che le sostanziali differenze tra la trama di film e libro perdano di importanza di fronte alla similitudine del messaggio. Il finale arriva allora inatteso, ma coerente e diventa il diamante solitario che impreziosisce una collana già ricca delle perle di una recitazione convincente su cui spiccano le performance attoriali della quasi debuttante Sennia Nannua e della veterana Glenn Close (che segue gli esempi di Robert Redford e Brad Pitt, lasciando il glamour di Hollywood per le produzioni a più basso budget).

Bene anche Gemma Arterton che ha il difficile compito di portare avanti la sottotrama dello scontro tra due modi radicalmente opposti di relazionarsi a Melanie. Un confronto in cui sembra riecheggiare la domanda che più volte è stata ripetuta nell’ultima stagione di The Leftovers: si può uccidere un bambino se questo significa salvare migliaia di vite umane? Dilemma che richiama ancora più difficili questioni su cosa possa definirsi essere vivente e su chi o cosa abbia il diritto di popolare la terra dopo una apocalisse inimmaginabile.

The Girl with All the Gifts conferma quanto bene stia operando la rete via streaming finanziando progetti che hanno il coraggio di osare, ma che difficilmente avrebbero potuto dimostrarlo sotto l’ala opprimente delle major. Un film horror a tratti anche banale, ma che si ritaglia un posto nella lunga lista dei classici del genere per aver lasciato ad una ragazzina zombie il compito di spiegare la lezione di un maestro come Matheson.

Winny Enodrac

Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !

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