Avviso per i lettori: questa recensione del settimo episodio della prima stagione di The Gifted ripeterà gran parte dei concetti già espressi la settimana scorsa da Giacomo nel suo commento. Come attenuante per la pena che spetta chi plagia un lavoro altrui chi scrive invoca la sua spontanea confessione e il fatto che i primi da portare sul banco degli imputati sono, in realtà, gli autori della serie.
La minaccia non scongiurata
Giacomo parlava della possibilità che The Gifted andasse incontro alla minaccia dei cliché. Che finisse, cioè, per essere vittima della sindrome del deja – vu. Pericolo che nasceva dalla natura stessa della serie che aveva provato a distinguersi dalla ricca offerta di supereroi televisivi coniugando un tema ormai fin troppo noto con gli argomenti tipici del family drama. Idea che era risultata sicuramente vincente nei primi episodi offrendo spunti interessanti che facevano a tratti dimenticare che si stessero guardando gli ennesimi metaumani perché i poteri sovrannaturali erano quasi un di più in un discorso che sarebbe potuto andare avanti anche senza.
Giunti al settimo episodio, tuttavia, è chiaro che il buongiorno che si era visto dal mattino si è andato annuvolando sempre più. La tv, infatti, non è piena solo di serie tv con supereroi, ma anche di family drama. Insistere su questo tasto trasforma una nota melodiosa in una fastidiosa monotonia. The Gifted rischia, quindi, di non essere più un gustoso mix di due ingredienti solitamente serviti separatamente, ma un improvvisato miscuglio dove le due componenti si danno fastidio a vicenda, invece che integrarsi amorevolmente. Nel momento in cui la serie sceglie di far predominare solo una delle sue anime, lo spettatore inevitabilmente inizia a notare come nessuna delle due presa singolarmente offra novità entusiasmanti, ma piuttosto ricalchi situazioni e personaggi già visti. I pericolosi cliché di cui sopra, appunto.
Cosa non può mai mancare in un family drama con protagonisti degli adolescenti che stanno crescendo tra mille tempeste ormonali e non? Ovviamente, il conflitto genitori – figli. Così, se la volta scorsa era toccato ad Andy confrontarsi con Reed, stavolta è il turno di Lauren di scontrarsi con il padre apprensivo. E banalmente il casus belli è il più classico tra i classici: a papà non piace il mio ragazzo. Che poi si scoprirà avere effettivamente un passato turbolento da cui si è redento, ma che ha taciuto alla sua bella che lo scopre e poi si lasciano e poi lui si pente e poi il papà dice le giuste parole e tutti fanno pace. Frase scritta da leggere tutta di un fiato per rendere al meglio la velocità con cui mentalmente dalla prima scena si arriva all’ultima senza che ci sia bisogno di aspettare di vedere quello che succede durante l’episodio. Basta che Lauren e Wes abbiano poteri mutanti e Reed trovi le informazioni in file segreti del governo per dire che questo schema non sia un banalissimo cliché? A voi aggiungere il no come risposta.
A rendere ancora più evidente il problema paventato da Giacomo ci si mettono questa settimana anche Lorna e Marcus. E non a caso non è con i loro nomi mutanti che sono indicati in questa recensione. L’incontro segreto di Marcus con la sua pericolosa ex Carmen (signora della droga che non si capisce perché preferisca bruciare un ricco carico dei rivali invece che impossessarsene grazie all’aiuto di ben due mutanti) sarebbe potuto diventare l’occasione per indagare sulle dinamiche insolite che si possono instaurare quando sia i buoni che i cattivi sono dalla stessa parte (perché entrambi avversati dalle forze dell’ordine). Invece, la missione di Lorna e Sonya si ferma quando la prima vede il suo amato avvicinarsi alla sua ex quanto basta per farla andare in paranoia da innamorata gelosa. Ed anche la sfuriata successiva è tutta dettata dalla più ritrita gelosia come se il problema non fosse l’interazione di Marcus con dei narcos, ma il fatto che il loro capo ha troppe curve in abiti troppo attillati. Se fosse stato un baffuto panzone alla Escobar, sarebbe andato tutto bene, Lorna?
Qualcuno se lo ricorda ancora
E poi c’è l’altra anima di The Gifted che emerge quando nel team di autori qualcuno si ricorda che ci sarebbero dei supereroi a cui far fare cose da supereroi. E magari mandare anche un poco avanti una trama che sembra essere stata messa in pausa da troppo tempo. Perché questo scontro tra i Sentinel Services dell’agente Turner e i mutanti clandestini diretti da John sembra sempre arrivare da un momento all’altro, ma a questo momento in realtà non ci si avvicina mai se non a passi di lumaca. Avanti e indietro e da nessuna parte, scriveva giustamente Giacomo.
A provare a comportarsi da supereroe classico, anteponendo l’interesse collettivo al suo personale e sfidando anche la palese gelosia (rieccola) di Sonya, è sicuramente John. Il potente segugio si lancia alla ricerca della (non tanto) indifesa Clarice non per egoistici motivi affettivi (sebbene gli autori vogliano chiaramente istigare il sospetto che tra i due ce ne sia o ce ne sarà), ma per riguadagnare alla causa comune un prezioso alleato. Che ciò avvenga per il più scontato dei desideri di vendetta è ancora una volta un cliché, ma almeno consente di troncare sul nascere una diaspora di personaggi che sarebbe stato inutilmente faticoso seguire singolarmente.
All’appello del deja – vu non poteva mancare lo scienziato cattivo con il suo centro di ricerche privato che lavora al servizio dei militari cercando di sfruttarli a suo piacimento. Il dottor Campbell è la bandierina che The Gifted alza per far presente che non si è fatto mancare neanche questa figura. Leggermente meglio continua a essere l’agente Turner la cui forte motivazione nasce almeno da un movente sensato quale è la perdita delle figlia. Sfiora, invece, il ridicolo la scena con l’inviato del Dipartimento della Giustizia che pretende che i Sentinel abbiano un mandato per fare quello che fanno e se ne rende conto solo dopo chissà quanto tempo la cosa sta andando avanti.
Al suo esordio, The Gifted era stato accolto con molto entusiasmo perché aveva, in effetti, portato qualcosa di nuovo in un genere ormai abusato. Peccato che questo qualcosa di nuovo si stia rivelando, invece, solo un qualcosa di vecchio preso in prestito da un altro genere e portato in un contesto diverso. Ma se un film lo hai visto tante volte sulla tv di casa, non diventa nuovo se lo guardi su un maxischermo al cinema. E, qui, manca anche il maxischermo.
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Vorrei vedere voi a viaggiare ogni giorno per almeno tre ore al giorno o a restare da soli causa impegni di lavoro ! Che altro puoi fare se non diventare un fan delle serie tv ? E chest' è !
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