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The Get Down: Recensione dell’episodio 1.01 – Where There is Ruin, There is Hope for a Treasure

The Get DownA pronunciare il nome Baz Luhrmann si possono ottenere due determinati ed opposti effetti, gli stessi che possono essere associati alla parola musical “YEAH tutta la vita!” o “Mamma, si salvi chi può.” Perchè Baz è un artista esuberante, barocco, straripante e questo va a suo vantaggio e a suo svantaggio. Impossibile non riconoscere la bellezza e l’unicità geniale di capolavori come Romeo + Juliet o Moulin Rouge! (e a suo modo anche The Great Gatsby), ma è chiaro che il genere può piacere o non piacere. La sua esuberanza può essere presa come autocompiacimento, il suo stile barocco come una confusione pesante e stucchevole. Eppure si può stare sicuri che con lui si otterrà sempre qualcosa fuori dal comune (Australia a parte) ed infatti lo stesso si può dire di questo The Get Down, che lo vede totalmente immerso nel suo elemento come regista dei primi episodi e curatore artistico di tutta la serie. Serie che è costata a Netflix 120 milioni di dollari, diventando lo show più costoso di sempre prodotto dall’azienda (nemmeno Marco Polo con le sue super locations è costato così tanto), non solo per la ricostruzione storica ma soprattutto per i molteplici numeri musicali e di ballo che la compongono.

The Get DownIl palcoscenico di questa storia è il Bronx della fine degli anni ’70, in una New York in crisi dove il divario sociale è pericolosamentee profondo. Fanno da cornice palazzi in fiamme, quartieri devastati, scontri tra gang. Eppure il tono, per quanto serio, è tutt’altro che cupo e pesante. Sarebbe impossibile con Baz. La sua firma è ovunque, fin da quei primi minuti dove la camera si posa su New York e in sottofondo una nenia nostalgica sussurra malinconica, con sfocature e effetti che tanto ricordano i primi minuti di Moulin Rouge!. Anche i protagonisti rientrano nel suo schema collaudato: lui, Zeke, onesto, puro, un po’ ingenuo, ma pieno di passione e talento e lei, Mylene, bella e irraggiungibile, piena di talento e di sogni. Inevitabile la storia d’amore tormentata e cantata.

Lo sfondo è la scena musicale di quegli anni con la celebrazione della disco dance ad aprire la pista ai nuovi generi come il nascente hip hop, circondato da una ribollente cultura fatta di musica, dj, balli e graffiti. Il ritratto è vitale e caleidoscopico, grazie anche alla collaborazione di Stephen Adly Guirgis, scrittore vincitore del Premio Pulitzer e lo storico dell’hip-hop Nelson George. Se è il genere musicale ad impensierirvi (lo era per me visto che non ne sono fan), non avete da temere perché la colonna sonora è varissima, emozionante e davvero coinvolgente. Così come niente si può dire del cast di attori in cui spiccano i giovanissimi (fanno concorrenza a quelli di Stranger Things) a cui è impossibile non affezionarsi immediatamente. Ed è proprio quando sono loro al centro della scena che il telefilm regala i momenti migliori e più emozionanti (vi sfido a non commuovervi alla lettura della poesia!). La storia è semplice e vecchia come il mondo: il giovane che deve, contro ogni avversità, trovare il coraggio in se stesso per diventare l’eroe che è destinato ad essere, con l’aiuto di un mentore (il grandioso Shao) e dei prodi compagni e amici.

Non lo nascondo, questo primo episodio di 90 minuti (ce ne sono 6 disponibili, gli altri 6 arriveranno nel 2017) è lungo. Ma non gliene faccio un gravissimo torto perché ha il compito di disporre in campo tutti i personaggi e tratteggiare la scena per le loro avventure. Alcune parti scorrono via più limpide e veloci, mentre altre hanno troppo dentro, troppa frenesia ed esagerazione (la parte al Les Inferno è una di queste con i suoi gangster cartoonistici), ma tutto il finale mette le ali e fa venir voglia di ballare e di essere su quel tetto assieme ai Fantastic 4 + 1 a guardare il sorgere del nuovo giorno e di un nuovo sogno.

C’è tanta musica dentro, ma non lo definirei strettamente un musical e il suo principale problema è quello di trovare un’uniformità di ritmo e di tono, ma c’è anche tanto da amare e tanti motivi per emozionarsi e ben sperare. Tutto sta nel vedere come saranno i prossimi giri di questa giostra… o meglio, di questo disco.

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Lalla32

Dopo tanti anni di telefilm americani e inglesi ho scoperto i Drama Coreani e me ne sono innamorata. Hanno tutto quello che cerco in una serie: grande cura per i personaggi, una punta di magia e romanticismo e grande sensibilità. Qui su Telefilm Central cerco di tenervi aggiornati su quello che di meglio arriva dalla Corea del Sud.

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