
The Game: Recensione dell’episodio 1.01 – Pilot
C’è solo una cosa in cui gli inglesi eccellono più che nei lavori targati Steven Moffat: le spy story. Che si tratti di Sherlock Holmes (cinematografico e non) o di James Bond, lo stile e il fascino inglese colpiscono nel segno come una freccia ben assestata di Oliver Queen. Qui tuttavia non si parla né della Londra Vittoriana e neppure di smoking e mafia, bensì di quel conflitto giocato su mezze verità e piccole bugie che è passato alla storia con il nome di Guerra Fredda. Ciò che lascia lo spettatore ammaliato e senz’altro un’ambientazione ricca dell’essenziale, concreta, vissuta. Gli appartamenti ed il loro mobilio ricordano moltissimo la Russia della Perestroika, con tende alle finestre e case dal letto in ferro e dagli elettrodomestici antiquati, mentre gli edifici governativi sembrano richiamare a gran voce l’eleganza di ‘The Single Man’ o ‘Mad Man’, con le curve calde del legno e il razionalismo dell’acciaio e del vetro. Ma è tutto solo una premessa. Perché il vero spettacolo sono i personaggi che si destreggiano tra questi ambienti post-guerra: spie, scienziati, informatori. Lì dove The Americans ci aveva dato un indizio su come l’avessero affrontata i nostri amici americani, The Game non attraversa l’Atlantico e si concentra sulla situazione europea, in particolare su quella degli inglesi, alle prese con una misteriosa missione: Operation Glass.
Ad occuparsi della cosa c’è Joe Lambe, agente dell’MI5 la cui lealtà è al momento tinta da sfumature di grigio, dal passato oscuro e ancora in attesa di essere pienamente svelato. Tom Hughes, che interpreta l’agente segreto, è un ragazzo inglese che ricorda con i suoi lineamenti decisi e la pelle perlacea una bambola di porcellana. La sua espressione è imperturbabile e comunica più con gli sguardi che con le parole. La sua postura rigida, lo sguardo glaciale, ne fanno un protagonista perfetto per questa storia di spionaggio. Perché è proprio la figura del bello e dannato ad attrarre, soprattutto quando svela quei piccoli momenti di se completamente diversi: un bacio sulla fronte di Kitty, viva e morta, la mano stesa verso Yulia, prima che venga uccisa dagli uomini per cui era pronto a tradire il suo paese. Una domanda che continua ad aleggiare nell’aria: l’ha tradito il suo paese o no, Joe Lambe? La conversazione con ‘Daddy’, Brian Cox, sembra dire di si, ma nulla è mai come appare nei film di spionaggio, quindi pazientiamo ancora un po’ prima di sparare sentenze. In fondo è ancora tutto da decidersi, tutto da raccontare, il paese ancora in pericolo, in attesa di essere salvato.
Da qui torniamo a mettere sotto il microscopio l’Operazione Glass. L’MI5 lavora senza sosta per scoprire di cosa si tratti e cosa abbiano in serbo i Russi per loro – sta diventando un po’ un clichè, quello di rappresentare la ‘Big Bad Russia’, almeno in America, quindi non c’è da sorprendersi che anche l’Inghilterra segua i passi dell’alleata e metta in piedi un spy drama sulla Guerra Fredda. Nel farlo sacrifica un po’ tutti, da informatori ad ex spie a uomini random: il tutto per… trovare l’uomo che sbuccia le mele, che non dice altro se non che si tratta di una grossa operazione di cui avere paura. Ma và! Avevamo proprio bisogno che il mafioso di turno ce lo dicesse? Per fortuna Sarah lo dice chiaro e tondo, a dimostrazione del fatto che solo le donne possono fare certe cose: si tratta di un attacco nucleare. Bellissimi anche i personaggi suo e del marito, che con i bigliettini dei diversi topic di conversazione vince il premio simpatia e fa sorridere in una serie che promette solo scene drammatiche e buie. Meno impressionante, per ora almeno, Arkady, che vedremo sbucciare mele per ancora cinque episodi e che,
speriamo, faccia qualcosa di più concreto in futuro. Un inchino alla sua controparte, Brian Cox, che con il suo Daddy stravince su tutto e su tutti.
La storia che si sviluppa, malgrado voglia spingere a proseguire la visione ed attrarre lo spettatore verso un tema poco trattato (davvero?), dà troppi spunti e pone troppe domande. Non ci sono certezze, per ora, malgrado la serie si presenti come un prodotto di tutto rispetto, con un’ottima gestione degli spazi, della fotografia e del tono cupo della narrazione, dagli abiti agli attori scelti. Ci sono misteri che spuntano come funghi e piovono domande mentre non si ha un ombrello, neanche uno piccolo, da aprire per ripararsi dalla raffica di punti interrogativi lanciati nel sacco. Chi è Joe Lamb e con chi giace la sua lealtà? Racconteranno i flashback qualcosa di più del suo passato con Arkady? Che sia davvero una spia russa e che la sua copertura fosse, in realtà, una copertura nella copertura? Come ho già detto, domande che attendono risposta. E se la curiosità non bastasse, il visino dolce di Hughes mi è sufficiente per proseguire la visione… anche se è sempre imbronciato e non sorride mai.
1.01 - Pilot
Intrigante
Valutazione Globale