
The Following: recensione dell’episodio 2.04 – Family Affair
Cosa rende The Following un prodotto da seguire? Non è facile rispondere a questa domanda. Sono quasi propenso a dire che non so proprio rispondere. Perché prendendola in esame da un punto di vista oggettivo, semplicemente è una brutta serie, scritta male, con una premessa banale ma potenzialmente interessante, che si rivela incapace di parlare praticamente di qualsiasi cosa. Se l’obiettivo dovrebbe essere quello di parlare delle perversioni violente delle menti malate, la serie fallisce completamente.
Forse non è questo allora l’obiettivo. Eppure quello del serial killer è un filone molto florido per gli americani (e non solo) e nella maggior parte dei casi scrivere di un assassino seriale serve come pretesto per entrare nel fondo della psiche di questi personaggi così strani, con un senso di macabra curiosità ma animata dal bisogno di capire, di razionalizzare, di arrivare a vedere come queste deviazioni si sviluppano, entrano in contatto con il resto del mondo e lo sconvolgono. Le migliori storie di serial killer sono quelle dove il cattivo viene a fondo analizzato e soprattutto messo in forte contrasto con il resto dell’umanità.
Questo non succede affatto in The Following. Anzi, i follower vengono presentati con un’estrema normalità. Sono personaggi assolutamente tranquilli, che vivono una regolare ed equilibrata vita sociale sia pubblica che privata. Fino a che ogni tanto fanno fuori qualcuno. Ok, Luke e Mark escono da questo schema, ma infatti sono già presentati e percepiti come “malati” anche dagli altri follower. Viene da chiedersi cosa diavolo si aspettano dal pubblico gli autori. Pensiamo a Emma. Cosa volevano trasmetterci con il suo incontro con Joe? Quando si butta pugni al petto, dovevamo forse commuoverci? Dovremmo parteggiare per loro? Dovremmo essere felici che una ragazza si sia unita nuovamente alla persona che ama? Come è possibile farlo quando si tratta di serial killer assolutamente detestabili, che hanno compiuto atti con i quali non si simpatizza affatto? Non citatemi Breaking Bad o Dexter. Nel primo caso si tratta di un malato che si immischia nel mondo della droga e principalmente fa fuori super assassini e Signori della Droga, nel secondo è il serial killer dei serial killer. Entrambi casi che creano degli scrupoli, ma con un senso di giustizia di fondo con il quale empatizzare. Senza considerare il modo in cui sono scritti. E che in entrambi i casi si scava davvero a fondo della loro psicologia.
In The Following tutto questo, semplicemente, non succede. E quindi cosa dovrebbe mai portare lo spettatore a tifare per Joe ed Emma? La freddezza della follia di Luke e Mark potrebbe forse rappresentare l’unico spiraglio rimasto per una decente approssimazione del carattere di un serial killer. Il resto è trasparente, sono fondamenta di cartapesta, senza sapore. Se questo è l’obiettivo della serie, dire che i serial killer sono in realtà davvero uguali a tutti gli altri solo che ogni tanto uccidono, allora si tratta di una premessa sciocca, noiosa, offensiva per lo spettatore e direi quasi anche per la società. In poche parole… mai e poi mai potrei tifare per Emma e quindi una scena costruita con lo scopo di farmi empatizzare con lei è semplicemente una perdita di tempo.
Tutto ciò che ho scritto fino ad ora è quello che penso, fortemente e intimamente. Eppure.
Forse è il fatto che in fin dei conti, come mi è capitato di scrivere l’anno scorso riguardo la prima stagione, The Follwing si lascia guardare semplicemente perché si lascia guardare. Perché non punta più in alto, perché vuole essere una serie di azione, un thriller all’americana classico, che intrattiene e fa passare senza troppi coinvolgimenti emotivi un’ora di air time inclusi i tre cluster pubblicitari. Con gente che a in giro a pugnalare altra gente a caso. Perché.. dai… tanto è The Following.
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Tutti abbiamo degli scheletri nell’ armadio, serie che sai che non valgono, ma oh, che ci vuoi fare, non riesci a staccartene. Vuoi perchè hai la speranza che prima o poi si riprendano, vuoi perchè al contrario hai la curiosità di sapere se davvero possono peggiorare. The Following è questo, il guilty pleasure che ti concedi di guardare sperando di riuscire a spegnere la modalità “recensore pronto a sottolineare il bene e il male” per accendere solo quella “spettatore che vuole distrarsi senza impegnarsi”.
Tecnicamente la serie raggiunge la sufficienza senza problemi particolari con attori che cercano di spingersi più in là del minimo sindacale (e Sam Underwood va molto più in là) e regia che cerca di essere frenetica quel tanto che basta a non farti soffermare sui punti deboli della scrittura.
Scrittura che è però proprio cocciuta nel ripetere sempre gli stessi errori ! Tralasciando la mutazione di Hardy da malato di cuore a uomo bionico e la perdurante incapacità dell’ FBI, in questo episodio ricaschiamo anche nella pecca della passata stagione : troppi follower che spuntano al momento giusto e nel posto giusto e, guarda un po’, sono sempre intimi di qualcuno che conosce le indagini !
Vabbé, vai col guilty pleasure ! 😉
P.S.: la gente che riprende la scena con i telefonini invece che aiutare e poi aiuta Giselle vogliamo commentarla ?
P.P.S.: ma il “oh my God” di Joe alla vista di Connie significa “e questa che ci fa qua ?” o “anvedi che f…?” 😀