
The Following: recensione dell’episodio 1.08 Welcome Home
Benvenuti a casa Carroll. Una bellissima villa immersa nel verde, con una quantità indefinita di camere da letto, soggiorni, sala relax e svago, ampio giardino e chi più ne ha più ne metta. Un luogo ideale dove i seguaci di Joe possono socializzare tra loro e seguire i diktat del loro capo. A vederlo così sembra a tutti gli effetti un campus universitario per futuri serial killer e Joe si compiace quando si trova davanti a sé tutti i suoi follower. Dalla sua espressione si evince che non si aspettava di averne così tanti.
Ormai i follower di Carroll sono come i Visitors: non assumono le sembianze umane perché già lo sono, ma sono infiltrati dappertutto. Anche il vicino di casa o un innocuo poliziotto può rivelarsi un seguace del serial killer professore. Persino lo sceriffo che si presenta a sirene spiegate davanti a Carroll può avere istinti omicidi e svelare a noi telespettatori la sua identità. Si tratta di Roderick, l’entità astratta che per i primi sette episodi, come un qualsiasi deux ex-machina che si rispetti, ha tolto da qualsiasi casino in cui si erano cacciati Emma e la non più pervenuta finta coppia gay Paul e Jacob. A proposito di Jacob, Roderick, se continuava a farsi desiderare (alla nostra vista) in questo modo, aveva buone chance di diventare il Jacob “lostiano” di The Following.
Nel frattempo, in casa FBI le cose cambiano di nuovo. A guidare la task force di Carroll arriva Nick Donovan, che non vede di buon occhio il ruolo sempre più predominante che Ryan assume nella caccia al serial killer e allora gli viene ricordato di scendere dal gradino per tornare ad essere un semplice consulente. Ed è questo il ruolo che Ryan assume in tutto il corso dell’episodio, un ruolo da secondo piano ma che si rivela, anche questa volta, decisivo per le sorti del collega Weston, rapito – dopo un ottima scena carica di tensione – da Roderick e altri seguaci di Carroll affinché si lasci scappare detto dove l’FBI tiene in custodia Claire, la moglie di Joe. Weston si ritrova coinvolto così in un gioco al massacro, una sorta di Fight Club in tre livelli che dovrebbe avere un epilogo drammatico per uno dei due partecipanti, ma l’arrivo tempestivo di Ryan salva Weston da morte certa.
E’ così che Roderick – che scopriamo, tramite i flashback, essere stato il primo seguace in assoluto di Joe – tornato alla villa, si cosparge il capo di cenere ammettendo di non essere riuscito a sapere dove si trova nascosta Claire. In una scena dal forte impatto emotivo, Charlie, colui che ha combattuto insieme a Weston e che già la prima volta si era lasciato sfuggire sotto il naso Claire, sente di non essere più all’altezza della causa di Carroll e per questo decide di farsi uccidere proprio dal suo capo, davanti agli occhi di Roderick e Emma. Il bene della causa prima di tutto, prima addirittura della vita stessa. Ci sarebbe da fare un’approfondita analisi sociologica su questi follower che per certi versi fanno venire a mente alcune tipologie di estremisti religiosi islamici.
Sebbene l’FBI continui a fare la figura dell’inetto e alcune cose vengono trattate in maniera molto sbrigativa (vedi Ryan che si insospettisce sulla sorte di Weston dopo appena una telefonata senza risposta), Welcome Home è l’episodio che per adesso è risultato essere il più compatto a livello di sceneggiatura, senza quelle ripetute sospensioni dell’incredulità che da qualche episodio a questa parte erano una costante per The Following.