
The Fate of the Furious: Recensione dell’ottavo film della saga Fast and Furious
Titolo: The Fate of the Furious
Genere: azione, thriller
Anno: 2017
Durata: 118′
Regia: F. Gary Gray
Sceneggiatura: Chris Morgan, Gary Scott Thompson
Cast: Vin Diesel, Jason Statham, Dwayne Johnson, Scott Eastwood, Helen Mirren, Charlize Theron, Kurt Russell, Eva Mendes, Lucas Black, Michelle Rodriguez, Kristofer Hivju, Tyrese Gibson, Ludacris
Una pellicola come Fast and Furious funziona con un delicatissimo equilibrio. Finchè, infatti, si accinge a proporre una dose equilibrata di humor, lavoro di squadra e velocità funziona. Quando uno o più di questi fattori sono parziali o del tutto non pervenuti, ecco che la domanda sorge spontanea e pressante: al di là dell’onorare la memoria di Paul Walker, c’era davvero bisogno di un ottavo film? E ci sarà ancora bisogno del nono e del decimo? A malincuore dico di no.
Perché Fast and Furious era la vita vissuta un quarto di miglio per volta. Era quel luogo in cui l’amicizia era famiglia e la famiglia amicizia, in cui aveva senso rischiare la vita contro mafiosi, malviventi e agenzia governative solo perché la posta in gioco era il benessere delle persone a cui si voleva bene. Probabilmente il senso logico era perso già da quel salto nel vuoto dal ponte alto millemila metri, certo, ma restava ancora Dominic Toretto. Restavano ancora l’umorismo di Tej e le macchine veloci, le sfide al limite del disumano e quel desiderio quasi sadico di sapere fin dove sarebbero riusciti gli sceneggiatori a portare la saga più veloce degli ultimi vent’anni. Non troppo lontano, temo.
Fast and Furious perde la velocità di un tempo e anche la furia sembra essersi spenta


La nuova pellicola con protagonista Dominic Toretto (Vin Diesel) comincia in un paradiso terrestre: Cuba. Lui e Letty (Michelle Rodriguez) sono finalmente felici e nulla sembra in grado di turbare la loro felicità. Almeno nulla che non abbia la faccia e il corpo stratosferico di Charlize Theron, nei panni di una spietata hacker che ricatta Dom e lo costringe a lavorare per lei. Nel giro di un battito di ciglia la lealtà di Dom – quella alla sua famiglia, alla donna che ama – slitta verso quella di una terrorista mondiale, pericolosa tanto nei fatti che nelle parole.
Quando Dom volta le spalle al suo team, il Signor Nessuno (Kurt Russell) decide di riunire la banda di Dom e con il loro aiuto di riportarlo sulla retta via. Mentre scontata è la presenza di Tej (Ludacris), Roman (Tyrese Gibson), Letty e Ramsey (Nathalie Emmanuel), nonché di Hobbs (Dwayne Johnson), inatteso è invece l’intervento di Deckard (Jason Statham), che si unisce alla squadra per vendicarsi di Cypher. Interessanti anche i cameo di Luke Evans, Elsa Pataky – che torna nei panni di Helena – ma soprattutto di Helen Mirren, ormai a suo agio tra armi e motori dopo i due film di Red.
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Con un cast così, sorge spontaneo domandarsi, cosa potrebbe andare storto? Tutto, evidentemente. Perché il cast, che interagiva così bene insieme, si ritrova irrimediabilmente diviso dalla scelta narrativa del tradimento di Dom. Se da un lato sembra la scelta più ovvia quella di separarlo dal gruppo, in assenza della sua controparte Brian (Paul Walker), dall’altra ci si domanda se la forzatura non fosse troppo da gestire. Una squadra accanita contro il suo leader spezza qualcosa nell’armonia della narrazione, frantuma quell’immagine di famiglia che i film precedenti avevano tanto faticano a lucidare. Pessima mossa.
L’umorismo (che fa poco ridere) tra una corsa clandestina e una mandria di Mustang (a New York)


Altri elementi che proprio non sembrano andare giù – più degli altri, nel complesso – sono sicuramente due. Da una parte è il sacrificio delle corse di macchine per la tecnologia e dall’altra è l’azione per la conversazione. Non si può negare che la saga di Fast and Furious è iniziata del 2001, quando non esisteva neppure metà della tecnologia che sfruttiamo quotidianamente al giorno d’oggi. Questo tuttavia non giustifica la quasi totale assenza di quel caratteristico dinamismo e dell’adrenalina che erano il marchio di fabbrica delle avventure di Dom & co. Dove sono le corse da mezzo miglio, dove sono le macchine con le ruote ben piantate sull’asfalto, dove sono gli avversari da battere? Puff, evaporati.
Al loro posto, in compenso, abbiamo una sfilza di giochetti tecnologici che Cypher mette in gioco. Interessanti? Sicuro. Adatti ad un film come questo? Ma anche no. Al di là della mascella per terra e l’incredulità di questa scelta, non si riesce a provare null’altro davanti alla mandria di macchine a New York e neppure alla “pioggia” di quelle stesse macchine dalle finestre di palazzi (probabilmente protetti dal FAI americano). E’ giusto che il film si adatti al momento tecnologico in cui siamo vivendo, il rischio che si corre è tuttavia quello di perdere non solo in parte ma completamente quello che Fast and Furious mirava sempre a rappresentare.
Anche l’umorismo che tanto ci era piaciuto fin dall’ingresso in scena di Tej sembra scemare. Non convincono le sue battute, sempre monotone davanti ad un tavolo di riunioni. Cosa siamo, in Suits? Parliamo di piloti di auto non di businessman in giacca e cravatta? Perché rilegarli ad un tavolo per metà film se il loro posto, il loro unico vero posto è dietro un volante? Date loro una macchina, un cambio e daranno il massimo di se come personaggi. Chiudeteli in una stanza con il sostituto (scelta davvero poco sottile) di Paul Walker (Scott Eastwood) ed ecco che partono gli sbadigli.
Ma almeno qualcosa ha funzionato in questo Fast and Furious?


Incredibile ma vero, non tutta la pellicola è stata un susseguirsi di tecnologie sbandierate ai quattro venti e discorsi inutili davanti ad un thè con biscotti. Le scene che hanno reso diverso – ma stavolta in positivo – questo ottavo adattamento della saga sono state quelle con Jason Statham e con Charlize Theron. Se The Rock sa imporre la sua presenza con una mossa disinvolta dei bicipiti, Statham ha una presenza più flessuosa, più autentica. Non stupisce neppure la scelta della Universal di creare uno spin-off unicamente dedicato ai personaggi di Decker e di Hobbs. Insomma, sono perfetti come coppia cinematografica!
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Proprio come perfetta è l’interpretazione di Charlize Theron. Sarà il suo sguardo glaciale, sarà la recente esperienza che le ha fatto ri-indossare gli abiti della regina cattiva, ma l’attrice australiana sembra fatta per interpretare dei cattivi. E’ fredda, è stoica, è magnifica in qualsiasi inquadratura. Si muove come se fosse costantemente in possesso di una bomba in grado di distruggere l’intera umanità. E’ irremovibile, quasi un robot, quasi disumana. La sua è l’altra faccia della medaglia di un Dom costantemente guidato dai sentimenti, dalle passioni, dagli affetti. Il personaggio di Cypher non ne ha affatto.
Funziona molto bene la scena della corsa iniziale e anche quella finale sui ghiacci. Al di là della natura totalmente diversa delle due, sembrano ricordare allo spettatore che sta ancora guardando un film di auto e non un thriller tecnologico con Will Smith. Chissà che non lo ingaggino come il cattivo del prossimo film, tutto può essere!
Un esperimento che fa storcere la bocca in cui si sente pesantemente la mancanza di Paul Walker


Eccoci dunque a tirare le somme di questa pellicola, lungamente attesa e giudicata (da parte mia) con parole tutt’altro che lusinghiere. Era una scommessa, questo The Fate of the Furious. Una sommessa della Universal, una scommessa del cast, una scommessa sulla figura di Vin Diesel e se sarebbe stato capace di andare avanti senza Brian, senza Paul Walker. Malgrado la sua mancanza si senta tantissimo, non è stata l’assenza di Brian a rendere questo film – che resta un indiscusso successo al botteghino – un esperimento fallito. Non ti puoi permettere di sbadigliare guardando Fast and Furious: se lo fai c’è qualcosa che non va. Se lo fai vuol dire che la storia intrigante a cui questo franchise ti ha abituato manca e nemmeno quelle poche risate riescono a farti ricredere.
L’investimento monetario resta davvero evidente, non potrebbe essere altrimenti. Eppure la lentezza e la trama pregiudicano notevolmente la forza di questa pellicola, rendendola un capitolo particolarmente infelice della saga. Le dita restano sempre incrociate per i due capitoli finali e, se questo Fast and Furious ci ha insegnato qualcosa, speriamo che l’abbia fatto anche a chi si occuperà di scrivere la storia dei prossimi due. Mi raccomando, non smettete mai di vivere un quarto di miglio alla volta: almeno quello è qualcosa di cui non ci si stanca mai!